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2/10

Un Ete Brulant regia di Philippe Garrel

Drammatico
recensione di Giulia Bramati

Frèdèrick è un pittore francese che vive in Italia insieme alla bella moglie Angele, che lavora come attrice. Un'estate, riceve la visita del suo migliore amico Paul, accompagnato dalla fidanzata Elisabeth, e decide di ospitarli in casa sua per qualche tempo.

Le noiose scene iniziali di "Un été brûlant" preavvisano lo spettatore della bassa qualità della pellicola: Frèdèrick (Louis Garrel), un pittore disperato, si schianta volontariamente con la sua automobile contro un albero, avendo in testa l'immagine della ex moglie Angèle (Monica Bellucci) nuda, sdraiata su un letto. Il resto del film è il racconto di Paul, un amico di Frèdèrick, del motivo che ha portato il ragazzo al suicidio. Il nodo attorno a cui ruota il film è l'amicizia tra i due ragazzi, che causa un conflitto tra Paul e la sua ragazza Elisabeth, che si sente trascurata: "l'amicizia non è come l'amore. È un'altra cosa" dice il personaggio interpretato da Garrel.

Incomprensibile il motivo per cui il film ha passato l'ardua selezione veneziana, perché oltre alla semplicità della sceneggiatura - degna di una telenovela - è evidente la scarsità recitativa della protagonista Monica Bellucci, che non varia la sua espressione e non risulta credibile nei momenti di dolore. Meglio Garrel, che non riesce però a salvare la pellicola. I due co-protagonisti sono insignificanti, sia per quanto riguarda il loro ruolo sia per la recitazione. L'unica battuta che ha suscitato un sorriso negli spettatori viene pronunciata durante un pranzo a Roma: "gli italiani dal Rinascimento in poi si stanno riposando", mentre i francesi se la cavano piuttosto bene. Curioso, però, il fatto che questa sentenza sia stata pronunciata all'interno di una pellicola insignificante, che, confrontata con i risultati raggiunti da numerosi registi italiani presentati a Venezia, spinge ad affermare il contrario.

Il film vanta numerose scene di silenzio dal significato ambiguo, spesso troppo lunghe. La presenza della voce fuori campo di Paul sembra un malriuscito tentativo di recupero della poetica della Nouvelle Vague. Non solo questo elemento è vicino alla rivoluzionaria corrente francese degli anni '60: la decisione del regista di occuparsi di una vicenda strettamente personale ricalca i canoni di Truffaut ne “I quattrocento colpi”, piuttosto che ne “I baci rubati” e “L'amore fugge”; Garrel, infatti, durante la giovinezza ha perso il suo migliore amico e ha pensato che la realizzazione di un film biografico lo avrebbe aiutato a colmare questo vuoto.

Uno dei problemi del film è l'assenza di spiegazioni fondamentali per la comprensione di alcune vicende: i due amici si conoscono all'inizio del film e nella scena successiva sono già migliori amici, senza nemmeno un salto temporale o qualche immagini che mostrino come si sia creato un legame così forte; quando Paul si reca a casa di Frèdèrick porta con sé la sua fidanzata Elisabeth, la quale, inizialmente, non rivolge la parola alla moglie del pittore, ma poche scene dopo si ritrova a chiacchierare amabilmente con lei.

Un été brûlant”, insomma, non lascia alcun segno nello spettatore.

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