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6/10

Tutti i Nostri Desideri regia di Philippe Lioret

Drammatico
recensione di Pasquale D'Aiello

Claire, Un donna, giovane giudice francese, combatte una battaglia contro le società che offrono credito al consumo mediante contratti ingannevoli. Nella sua battaglia trova l'alleanza con un suo collega, Stephane, che diventa anche suo stretto amico. Ma una grave malattia minaccia la vita di Claire...

Non è la giustizia a regnare sulle vite degli uomini ma piuttosto il caso, che con leggera  indifferenza intreccia eventi, opportunità e necessità, incurante delle speranze, degli sforzi e dei desideri degli individui. Questa lezione Claire, la protagonista del film, deve averla già appresa nel suo passato. Forse già da bambina, abbandonata dal padre e non protetta dalla madre, ma probabilmente non immaginava la crudeltà che la vita le avrebbe ancora riservato. Con determinazione è riuscita a diventare un giudice, forse per restituire agli altri la giustizia che avrebbe desiderato per sé. Ed è quello che prova fare anche quando si trova a giudicare il caso di Celine, una madre che sta cedendo sotto il peso dei debiti contratti con società di credito che intrappolano i propri clienti con contratti ingannevoli. Vorrebbe  salvarla dal fallimento che potrebbe privarla anche dei suoi figli. Cerca la collaborazione di un altro giudice, Stephane, che riesce ad uscire dagli schemi consueti dalla giurisprudenza per affermare lo spirito di giustizia.

La battaglia ingaggiata da Claire per la tutela delle vittime del società di credito è un gesto di empatia per chi è costretto ad indebitarsi per sopravvivere ma rappresenta anche un atto di accusa contro la società dei consumi. La chiave di volta per vincere questa battaglia non sarà il richiamo ai principi di equità ed eguaglianza tra i cittadini ma il rispetto delle norme sulla concorrenza, perché il governo dell'Europa è affidato esclusivamente alla gestione dell'economia.

Philippe Lioret ha scritto la sceneggiatura a partire dal romanzo di Emmanuel Carrère, Vite che non sono la mia, a cui si è liberamente ispirato, creando una storia in cui il dramma umano si intreccia a quello sociale, creando una saldatura che mette in evidenza come lo spirito più profondo di una persona sia spesso chiamato a manifestarsi proprio nei momenti estremi, in cui la necessità si coniuga con l'estrema urgenza. Il regista mette in scena una storia in cui prevale un tono narrativo realistico, basato su scene indispensabili, senza pleonastici raccordi e concatenate seccamente come un diario, anche se a tratti non sfugge alla tentazione di innalzare il pathos con qualche eccesso melodrammatico (uso della musica, alcune scelte di sceneggiatura) che se può scalfire la compattezza narrativa non gli impedisce di arrivare a segno nella resa espressiva. La descrizione del  rapporto tra Claire e il suo collega Stephane è pienamente riuscita e disegna una relazione complessa, restituita senza forzature, in cui viene mostrata esclusivamente l'amicizia e la stima reciproca ma sotto cui sembrano trasparire i riflessi di un'attrazione amorosa e sensuale che può alludere anche ad un rapporto irrisolto con la figura paterna. Meno credibile la figura del marito della protagonista,  appiattito in un personaggio semplicistico e poco caratterizzato. Convincente la recitazione di tutti gli attori, evidentemente ben diretti dal regista, che è anche produttore del film.

Lioret, dopo l'ottima prova data con il suo penultimo lavoro, Welcome (2009), si conferma un regista interessante, in grado di raccontare le figure di uomini e donne che provano a resistere con dignità al crollo delle società capitalistiche occidentali che sta travolgendo economie, sistemi di valori e umanità.

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