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7/10

Les Amants Reguliers regia di Philippe Garrel

Drammatico
recensione di Filippo Mira

Nella Parigi del 1968, scossa da moti di rivolta e scontri politici, due giovani artisti, François e Lillie, si incontrano e si innamorano.

Les Amants Réguliers è un triste ed ammirevole film sull'amore, sulle illusioni e delusioni legate alla gioventù, personificata nei personaggi interpretati da Louis Garrel e Clotilde Hesme.

La nascita e morte del loro amore è diretta da Philippe Garrel, padre dell'attore maschile protagonista. Grazie a quest'opera il regista francese si aggiudica il Leone d'argento alla Mostra Cinematografica di Venezia del 2005.

François è un giovane poeta che lotta per difendere la propria libertà, minata dallo Stato e dalle sue leggi. Trascorre la maggior parte delle sue giornate con altri giovani artisti a casa del ricco Antoine, discorrendo d'arte e fumando oppio.

I giovani, dal temperamento anarchico, vivono nel clima di ribellione e voglia di cambiamento che permeava in quegli anni la vita parigina.

La capitale francese fu infatti teatro di forti contestazioni e violenti scontri, resi cinematograficamente da Garrel tramite la lunga, spaesante ed allucinatoria sequenza della notte delle barricate.

In uno scenario da day after di guerra, un surreale non-luogo di rovine, i rivoluzionari si scontrano con le milizie statali rivendicando la propria libertà. Malgrado le urla, il lancio di oggetti, le esplosioni e il fuoco, la sequenza è antiteticamente silenziosa.

L'intero Les Amants Réguliers è un film silenzioso, come lo scorrere del tempo.

L'opera di Garrel comunica sovente senza l'ausilio di parole, attraverso le espressioni sui volti dei giovani protagonisti, in inquadrature gravide di silenzi e respiri.

I primissimi piani intensificano la prossimità tra spettatore e personaggi, generando un senso di intimità che amplifica l'empatia verso quest'ultimi.

Se come si afferma nel film si è combattuti tra il “pleasure of wearing bright colours” e la “necessity of wearing dark colours", Garrel e il direttore della fotografia William Lubtchansky sono certamente rimasti fedeli a quest'ultima necessità.

Quella del DoP è una fotografia in bianco e nero sensibilmente contrastata, in cui luminose scene diurne si contrappongono a nere e cupe immagini notturne. Il bianco e nero ha una notevole valenza espressiva, ed è perfettamente in grado di ricreare l'atmosfera di un film girato negli stessi anni in cui è ambientato.

Il lavoro è valso a Lubtchansky il premio Osella per il miglior contributo tecnico al festival di Venezia.

Guardando Les Amants Réguliers affiorano alla mente le immagini filmate dai principali esponenti delle Nouvelle Vague, a cui il film strizza più di un'occhio. Attraverso allusioni indirette, tramite risonanze ed echi stilistici, il film evoca l'atmosfera di numerosi film del passato francese. Uno su tutti Paris Nous Appartient di Jacques Rivette.

Dal film emerge una temporalità peculiare, vagante, sospesa tra passato e presente. Il passato non è solo quello storico del 68' ma anche quello della storia del cinema francese. Magica, romantica e al tempo stesso malinconica, l'atmosfera del film rimanda a ciò che non potrà piu tornare indietro: il tempo.

La regia di Garrel è caratterizzata dalla propensione a tenere fissa la macchina da presa: pochi movimenti, per lo più finalizzati a spostare l'inquadratura da un corpo attoriale all'altro o a seguirne i movimenti in scena. Tutto procede lentamente, la macchina da presa indugia, soffermandosi in particolar modo sui volti.

L'occhio del regista è quello di un'osservatore ossessivo, che segue le vicende dei protagonisti con uno sguardo incantevolmente paziente.

François è un personaggio sensibile, alienato dall'ambiente esterno e assopito nel suo mondo interiore. Il suo sguardo riflette un'indole tetra, misteriosa. Tramite l'occhio della macchina da presa ci perdiamo con lui nel labirinto dei suoi pensieri, e nella sua sperduta inquietudine di cui molte scene sono intrise.

Il film evoca i temi delle utopie disilluse della giovenù, come la rivoluzione stessa. Le contestazioni francesi del 68' furono infatti un fallimento sul piano politico, nonostante costituirono una vittoria epocale sul piano culturale, grazie ad un cambiamento decisivo nella mentalità collettiva.

Nel film François sperimenta il fallimento della sua storia d'amore. E' percebile sul suo volto la stretta allo stomaco che prova il giovane quando Lillie gli comunica la funesta notizia. I loro sguardi disillusi, persi nel vuoto dei loro sentimenti, contrastano con quelli del loro primo incontro, pieni di cuoriosità e attrazione.

Nel finale ci affiorano alla mente le parole pronunciate da François a inizio film: “anyway we're always alone”.

Si va incontro quindi all'ineluttabile destino che l'amore, come la vita, sia destinato a finire.

Eros e thanatos: ciò che costituisce la nostra felicità più grande può divenire il nostro maggior dolore, come nel freudiano sogno finale, dal quale François non si risveglierà più.

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