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7/10

99 Homes regia di Ramin Bahrani

Drammatico
recensione di Alice Grisa

Il giovane padre Dennis perde il lavoro e non riesce a pagare il mutuo per la villetta dove vive con la madre e il figlio piccolo. Sfrattato dall'agente immobiliare Rick Carver, scoprirà per caso i segreti e il fascino pericoloso del mondo della speculazione edilizia.

 

L’immobile eleva, affonda, spacca, lega, distrugge. Rick Carver, diablo “faccia di plastica” della speculazione edilizia crudelmente fruttifera, lo ripete al suo pupillo “Non farti commuovere dall’immobile”. Perché, scrostando la Florida di palme, spiagge e motoscafi, dietro all’american dream frantumato dalle illusioni infrante si scorgono i guasti che un sistema troppo ambizioso ha lasciato in eredità a migliaia di persone; troppi prestiti dalle banche, troppi pochi requisiti per poterli ripagare, sulla scia di asteroidi come la vicenda dei mutui subprime o il fallimento della Lehman Brothers, premesse a volte sottovalutate della crisi mondiale.

Americano con genitori iraniani, il regista Ramin Bahrani racconta con taglio indipendente una storia classica (il buono che vende la propria anima al diavolo) in un contesto di denuncia sociale, con un effetto di de-brandizzazione degli USA, nazione con più disomogeneità sociale di quanto voglia far apparire, che malcela il dramma di uomini che perdono il lavoro, di disoccupati senza prospettive, dell’onestà affogata nei debiti, degli speculatori, di un governo incapace di gestire le tragedie immobiliari e di ricostruire dal basso l’ideologia di benessere del cittadino con il prato tagliato, le rose in fiore e lo steccato verniciato di fresco.

Andrew Garfield passa da Spiderman a Dennis, un giovane padre e muratore-carpentiere-imbianchino-idraulico-falegname che, a causa della crisi, nonostante le diverse abilità, si ritrova disoccupato. Il mutuo è insormontabile, la legge non tutela, lo sfratto inevitabile. Rick Carver (un gommoso Michael Shannon), squalo dei crac familiari che compra le case a poco e le rivende, probabilmente ad altri che non possono permettersi di pagare e verranno a loro volta sfrattati, è il lato oscuro dell’onesto Dennis; c’è un po’ di Carver- homo homini lupus nel bravo muratore, che va in chiesa regolarmente ma non riesce a non farsi sedurre dai soldi, dal potere, da un orgoglio ferito così facile da ritrovare. In realtà Carver, per quanto rappresenti il male, non può funzionare da capro espiatorio di un sogno, di una nazione alla deriva. Non ha ridotto lui centinaia di famiglie sul lastrico. La vera colpa è istituzionale, statale, come dice lo stesso Rick, camaleontico nel tuffarsi dentro e fuori la legalità; dopotutto “la legge è dalla parte dei vincenti” e l’immaginario americano  promuove da sempre la figura del selfmade man che nasce da proletari ma riesce a costruirsi da solo un impero.

Il cinema di Bahrani, che aveva già affrontato l’ipocrisia americana nel precedente At Any Price, è un impasto tra indie ed alta tensione, con il battito del cuore che alterna ansia e velocità a momenti intimisti (molto espressivo Andrew Garfield, incastrato tra voglia di rivalsa e congenita sensibilità). Si parla sempre di sogno, ma con accezioni diverse: spregiudicato, convenzionale, idealista, giustamente ridimensionato (si punta a cento case? Perché non fermarsi a 99 per una mera questione morale?). Il muratore Dennis è sospeso tra bene e male (il finale potrebbe sembrare buonista, ma la redenzione non può essere ogni volta considerata una soluzione“troppo mainstream”) sul retroscena di una nazione che pensa a celebrare le proprie vittorie ma non può più ignorare gli altrettanti spettri.

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