R Recensione

4/10

Interruption regia di Yorgos Zois

Drammatico
recensione di Elena Rimondo

In un teatro di Atene in cui si sta rappresentando una versione moderna dell’Orestea di Eschilo irrompe un gruppo di terroristi. Alcuni spettatori vengono costretti a recitare il dramma, che ad un certo punto prende una piega inaspettata, mentre il resto del pubblico non riesce più a distinguere tra realtà e finzione.

Presentato alla 72° mostra del cinema di Venezia nella sezione Orizzonti, Interruption è un film che mette a dura prova lo spettatore, esattamente come la tragedia in salsa postmoderna che si sta rappresentando nel teatro di Atene in cui irrompono i terroristi. Gli attori recitano in un cubo di vetro posizionato sul palco, squadrandosi per svariati minuti e centellinando le battute. Sarà per questo che, quando irrompe un gruppo di giovanotti vestiti da esistenzialisti, il pubblico non sembra affatto spaventato, allietato da quella che si prospetta come una piacevole interruzione. Non viene mai spiegato chi siano questi terroristi, anzi, se di terroristi si tratti. Di che nazionalità sono? Il loro capo, un tipo che assomiglia a Spock di Star Trek, parla perfettamente il greco, e nessuno di loro ha un aspetto da far pensare ai tagliagole dell’Isis. Comunque sia, i nostri se ne intendono abbastanza di teatro classico e, dopo aver invitato alcuni spettatori a presentarsi, Spock (chiamiamolo così per comodità, in mancanza di altre informazioni) si trasforma in regista. Gli attori dilettanti sembrano quasi divertiti all’inizio, anche perché viene loro chiesto di discutere su che cosa farebbe ai giorni nostri Oreste: ucciderebbe o no sua madre Clitennestra per vendicare il padre Agamennone? In linea di massima, gli attori concordano sul fatto che non bisogna farsi giustizia da sé, ma la situazione degenera quando colui che recita Oreste viene spinto a rimanere fedele al mito. Ma non è finita qui, perché il clou della trilogia di Eschilo è il processo, in cui un tribunale di cittadini ateniesi deve decidere se Oreste è colpevole o no.

Che cosa avrà voluto dire Yorgos Zois con tutto ciò? Tutto e niente, viene da rispondere. Trattandosi di un film greco, l’interpretazione che andrà per la maggiore sarà quella di una metafora della crisi economica e sociale greca. Sarà davvero così? Il film sembra piuttosto una riflessione sull’intramontabilità del mito che, lungi dall’essere l’espressione di una cultura arcaica in cui gli uomini erano mossi da passioni estreme e indomabili, si rivela l’unico modo per interpretare un mondo in cui realtà e finzione tendono a convergere. Attualizzare il mito è quindi un tentativo vano, è impossibile per definizione, e chi sostiene il contrario dovrà ricredersi, se non altro perché un Oreste arrendevole a teatro non funzionerebbe. Il film sembra quindi una sorta di critica della mania moderna di voler attualizzare a tutti i costi, oltre che una vera e propria presa in giro del teatro sperimentale, così assurdo e stravagante che ai terroristi non viene nemmeno data da soddisfazione di essere riconosciuti come tali. Il pubblico è evidentemente costituito da radical chic greci, ma duri di comprendonio, tanto da non rendersi mai conto che quel che stanno vedendo non è ciò per cui hanno pagato, nemmeno quando sul palco due finiscono morti ammazzati. Ne è la prova il fatto che alla fine applaudono soddisfatti, ma come se ognuno stesse imitando il vicino di poltrona. In compenso, ai pochi individui selezionati dai terroristi per recitare viene concessa l’opportunità di distinguersi dalla massa informe del pubblico e si sentirsi importanti per un poco.

Nel complesso, Interruption è un film che di certo non farà incassi da capogiro. Criptico, prolisso e sfacciatamente pretenzioso, lo si vedrà forse tra qualche anno a Fuori Orario, dove potrà giovare a chi soffre d’insonnia.

V Voti

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