A Cinelibri: Alejandro González Iñárritu, di F. Morici

Cinelibri: Alejandro González Iñárritu, di F. Morici

 

Per chi ha amato il piano-sequenza di Birdman e per chi si è scervellato per ricostruire il filo narrativo di 21 grammi, arriva in libreria (si fa per dire) per i tipi di Sovera Edizioni l’utilissimo e-book Alejandro González Iñárritu di Fabio Morici. Il sottotitolo, Metafisica e metacinema, lascia intuire che non si tratta di una semplice biografia corredata dalla trama dei film girati finora dal regista, né di un repertorio di curiosità. Qualche accenno alla vita di Iñárritu e al suo retroterra culturale non manca, ma non aspettatevi una pagina di Wikipedia. Il saggio di Morici è un tentativo di interpretare la produzione cinematografica di Iñárritu, il quale, essendo ancora piuttosto giovane, ci riserverà sicuramente altre sorprese nel futuro. Comunque sia, in appena sedici anni di carriera Iñárritu è riuscito a realizzare sei film, più un cortometraggio (Anna) e un episodio del film collettivo 11 settembre 2001. In confronto a Woody Allen, non si tratta di un numero elevato, ma se consideriamo che nel complesso Iñárritu ha ricevuto 33 nomination agli Oscar vincendone 8, le premesse per un futuro mostro sacro del cinema ci sono tutte. A poco più di 50 anni, Iñárritu ha vinto tutto ciò che si poteva vincere, per di più partendo dalla condizione svantaggiata di messicano, per cui si sentiva la necessità di un libro sulla sua filmografia. La quale è quanto di più vario si possa immaginare: se Amores Perros, 21 grammi e Babel sono caratterizzati dalla struttura a storie che s’intrecciano, Birdman, e ancor più Revenant, ruotano attorno ad un unico personaggio, solo contro tutti, anche se un abisso sembra separare gli ultimi due film del regista messicano per tipo di storia, protagonista e, soprattutto, ambientazione.

Malgrado la grande varietà di generi e strutture, nella produzione di Iñárritu si possono ritracciare dei fili conduttori, come dimostra Fabio Morici nel suo libro, e come suggerisce un film come Babel, nel quale vite e persone dalle origini (sociali e geografiche) più disparate convergono grazie al Caso. Allo stesso modo, nella carriera di Iñárritu film estremamente diversi tra loro declinano, ciascuno a proprio modo, i temi ricorrenti della morte, della perdita e del dolore. I film della cosiddetta “trilogia della morte”, ovvero Amores Perros, 21 grammi e Babel, lo fanno in maniera più esplicita, ma è chiaro – come sottolinea Morici – che anche Uxbal, Riggan Thomson e Hugh Glass, i protagonisti di Biutiful, Birdman e Revenant rispettivamente, sono costretti a fare i conti con la caducità della vita. Scavare nel significato profondo dei film di Iñárritu porta inevitabilmente ad affrontare questioni filosofiche, onde il primo termine del sottotitolo scelto da Morici, metafisica. Nei film della “trilogia della morte” il progressivo allargarsi dell’ambientazione – da Città del Messico al mondo intero – porta lo spettatore ad interrogarsi sull’esistenza del destino e sulle conseguenze impreviste (e spesso imprevedibili) che le nostre azioni potrebbero causare. Si tratta di concetti piuttosto complessi, che Morici riesce a rendere comprensibili ricorrendo a discipline più “terrene”, in particolare alla fisica, senza mai discostarsi troppo dalla materia oggetto del libro, ovvero il cinema. Anzi, uno dei pregi del saggio di Morici è proprio quello di mettere in evidenza come i film di Iñárritu, su tutti il cortometraggio Anna e Birdman, siano una riflessione sul cinema stesso, di qui il secondo termine del sottotitolo, metacinema.

Chi ha rimproverato ad Iñárritu di crogiolarsi nei virtuosismi – la fotografia di Lubezki in Revenant, il lunghissimo piano-sequenza di Birdman, la cronologia “esplosa” di 21 grammi – scoprirà, leggendo il saggio di Morici, che in pochi altri registi la forma è parte essenziale del contenuto.        

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