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7/10

Cielo Senza Terra regia di Giovanni Davide Maderna

Documentario
recensione di Alessio Colangelo

Un giovane padre e suo figlio Eugenio di otto anni camminano su una montagna. Il loro percorso, le notti in tenda, la vita all’aria aperta diventano occasioni per riflettere e dialogare.

Davide Maderna è un regista sperimentatore, e lo si vede nel suo film-documentario Cielo senza terra (2010) dove riprende se stesso e suo figlio di otto anni durante una passeggiata in montagna: condividono il cammino, dormono in tenda, si lavano nel torrente gelato e parlano di famiglia, d’amore, d’infanzia, di religione, di rapporto città e natura in uno scambio di idee e di arricchimento reciproco. I numerosi interrogativi che affollano la mente del piccolo Eugenio trovano subito la risposta sincera del padre che non elude le domande più difficili. Girato con il contributo della filmaker Sara Pozzoli, questo viaggio tra i sentieri e le pianure, che segna il passaggio dalla giovinezza verso l’età adulta, ha come sfondo la montagna del Parco della Grigna settentrionale del quale sono offerti molti scorci paesaggistici di grande impatto visivo:

Dice lo stesso regista:

“Abito in Valsassina da qualche anno, quindi i sentieri li conosco. Mi attraeva che la montagna fosse la Grigna perché è la montagna dei milanesi. Non cercavo l'esotico. E tanto meno la performance alpinistica! Volevo piuttosto mostrare che si può entrare in una dimensione diversa e trovare un contatto intenso con la natura, sentirsi parte di essa e di conseguenza ridimensionare la propria importanza, anche rimanendo a pochi chilometri da casa. Volendo lo si può fare anche rimanendo a casa, ma la natura ci aiuta molto, e poi è straordinariamente piacevole, perché parla direttamente al corpo, ai sensi... Ad ogni passo su un sentiero si impara, o forse sarebbe meglio dire si “percepisce” qualcosa. Qualcosa su altri esseri viventi, animali o vegetali, qualcosa su noi stessi.”     

È una passeggiata in montagna, talvolta faticosa, caratterizzata da lunghissimi piani-sequenza, tutti girati con la camera a mano. Una natura incontaminata che viene però anche confrontata con lo scenario cittadino quando, mentre i due protagonisti osservano dall’alto delle montagne silenziose le lontane luci di Milano, con uno stacco netto, la telecamera ci porta in mezzo allo sciopero della fabbrica Innse di Via Rubattino.  Il caos nella città si contrappone alla pace che suggerisce la natura, consentendo una pausa di riflessione e una riscoperta profonda del proprio essere.

Mentre il cammino prosegue, tra incontri e scoperte possibili in una natura sempre più presente, padre e figlio si mettono in relazione con altre vicende che sembrano affiorare dal passato o riportarli repentinamente alla realtà quotidiana della città, laggiù in fondo alla pianura: l’occupazione di una fabbrica a Milano ed il racconto delle (dis)avventure di un produttore musicale negli anni settanta. Un gioco di rimandi e di allusioni che parla ai bambini che eravamo, agli adulti che siamo, in un intreccio di storia individuale e storia collettiva. Salire sempre più in alto, spaziare con lo sguardo sempre più lontano, è un modo di allontanarsi o avvicinarsi al mondo? 

Maderna avvicina l’uomo alla realtà naturale che non è solo luogo di godimento della bellezza selvaggia, ma anche spazio che favorisce un cammino di crescita personale nell’indipendenza di pensiero e nella consapevolezza critica di ciò che ci circonda. 

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