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6/10

A Nightmare On Elm Street regia di Samuel Bayer

Horror
recensione di Simone Coacci

Dean sta avendo strani incubi. Ne ha parlato con uno specialista che ritiene tutto nasca da quello che gli è successo da piccolo. La sua fidanzata Kris lo tranquillizza: in fondo sono solo incubi. Dean però crede che siano reali e, sotto gli occhi increduli di Nancy, sembra tagliarsi la gola da solo. Ma a tagliargliela è l’uomo nero dei suoi incubi, Freddy Krueger. Nancy, amica di Dean, crede di sapere di cosa si tratti, ma i suoi amici non vogliono sentirne parlare. C’è qualcosa di misterioso nel loro passato, qualcosa che non ricordano e che i loro genitori, interrogati, negano. Un altro del gruppo, Jesse, è testimone della truculenta morte di Kris durante un incubo ed è accusato dell’omicidio. Rinchiuso in cella, viene a sua volta macellato da Krueger mentre dorme. Nancy e il suo amico Quentin, gli ultimi rimasti, sanno che devono fare qualcosa se vogliono evitare di essere i prossimi della lista. E l'oscuto segreto è celato in una foto che li ritrare tutti insieme in terza elementare...

Se è vero, come alcuni teorici della percezione hanno affermato in passato, che l’esperienza del vedere, meglio del vivere, il cinema può essere accostata a quella di un sogno ad occhi aperti, allora guardare un film horror è come essere protagonisti di un incubo. Un incubo lucido nel quale interpreti simultaneamente i ruoli della vittima e del carnefice. E, per interposta persona, entri a contatto con la zona più oscura di te, i gironi dell’inconscio che nascondono le paure più profonde e irrazionali. E se tra tutti i film horror ne dovessimo scegliere soltanto uno, il più idoneo ad esemplificare i termini di questa similitudine, a passare dalla teoria alla pratica, Nightmare On Elm Street, il capostipite della saga creata dal regista americano Wes Craven, sarebbe senz’ombra di dubbio il candidato ideale. Un incubo dal quale - recitava testuale il geniale slogan promozionale del film, se non ti svegli urlando - potresti non svegliarti mai più.

Girato nel 1984, produzione indipedente a budget ridotto cui corrispose un successo di proporzioni planetarie, Nightmare On Elm Street ebbe non soltanto il merito di fissare nell’immaginario collettivo la terrificante icona di Freddy Kruger - il cappellaccio a tesa, il volto sfigurato dal fuoco e dalle cicatrici, il guantone da baseball incastonato da una fila di lame a formare un artiglio il cui suono metallico era devastante almeno quanto i suoi fendenti - ma di rappresentare il nul plus ultra dell’estetica onirica applicata all’iconografia degli slasher horror per adolescenti (protagonisti e pubblico di riferimento) e del cinema del terrore in generale. Particolarmente scioccanti e raffinati i raccordi fra il mondo oggettivo delle vittime e quello riealaborato, nel sonno, dal loro subconscio, fatto di piccoli dettagli rivelatori, trasformazioni perturbanti e surreali, evidenti simboli freudiani (nel mito la mano affilata di Freddy che spunta dal fondo della vasca nell’atto di ghermire sott’acqua il sesso nudo della protagonista, Nancy, che si era addormentata immersa nella schiuma della vasca da bagno) e, ovviamente, dosi massicce di morbidi riverberi fotografici e alluvioni di sangue e dettagli splatter.

Una tavolozza di geniali trovate visive e un senso di minaccia trascendente e inafferrabile (nessuno è al sicuro nei propri sogni, non c’è polizia o genitore iperprotettivo che possa venirti in aiuto, laggiù, nell’abisso dove le leggi della logica e della fisica newtoniana sono sospese), conditi di richiami alla psicanalisi ma anche alla cosmogonia spirituale del “Libro Tibetano dei Morti”, che poco ha a che vedere con i tanti mostri meccanici, fatti in serie, e con lo sfruttamento all’osso delle “leggende urbane” portato avanti del cinema americano prima e dopo l’avvento di Nightmare. Come pure tutt’altro che banale è il sottofondo psico-sociologico che si può leggere in filigrana attraverso i fotogrammi spaventosi della pellicola. Il vero mostro, le fauci in grado di inghiottire tutta la nostra esistenza e ridurci ad vuoti involucri di terrore (come nella disturbante sequenza in cui l’amica Tina appare a Nancy come un fantasma di plastica, avvolta in un sacco insanguinato della morgue), è il grande rimosso sessuale, una sorta di castrazione inconscia, di repressione degli istinti naturali che nutrono e cambiano per sempre il corpo e la mente di un adolescente. Così la provincia americana, sessuofobica e pronta a farsi giustizia da sé nella peggior tradizione puritana e codina, che si delinea con notazioni intelligenti e puntuali come vero e proprio fattore ambientale della storia sembra intrattenere un rapporto di sostanziale correità con il mostro, martirizzato in quanto simbolo del loro catartico disgusto, ed ora pronto a ripresentarsi, come ogni cosa spingiamo in profondità rifiutandoci di accettare, a chiedere nei sogni il conto della propria insopprimibile esistenza.

In questo nuovo Nightmare, rifacimento curato da Samuel Bayer e basato su una sceneggiatura nuova ma per molti versi fedele all’originale, la vicenda umana di Freddy Kruger e quella delle sue vittime viene accentuata ed approfondita, introducendo dapprima un’ombra di dubbio sulla sua reale colpevolezza e quindi delineando un profilo psicopatologico più plausibile anche se non meno inquietante. Riprendendo un’idea che era già nella prima versione dello script di Craven, ma che venne poi cambiata per rendere più spregevole la figura di Kruger e più “giustificata” la vendetta sommaria dei genitori che decidono di bruciarlo vivo, nel film di Bayer l’ex bidello tramutatosi in “uomo nero” non era, in vita, un feroce serial killer di bambini inspiegabilmente prosciolto da ogni accusa a suo carico, ma un semplice pedofilo, un’individuo debole e presumibilmente traumatizzato, che si sentiva al sicuro solo in mezzo ai piccoli allievi di una scuola elementare e ai quali rivolgeva le sue attenzioni. S’insinua, per un attimo, il sospetto che possano essere stati questi ultimi, in un classico caso d’isteria collettiva (la cronaca recente, anche italiana, ha offerto casi esemplari in questo senso), ad inventarsi tutto e a condannare, di fatto, a morte un innocente. Ma il ritrovamento di alcune foto mostrerà, attraverso il viso sconvolto della protagonista, tutto l’orrore di quell’abominevole segreto occultato per troppo tempo.

Aldilà di questo aspetto, le differenze più significative dal prototipo si registrano nell’aggiunta di un’impressionante sequenza che funge da prologo - uno dei ragazzi, aggredito in sogno da Kruger, finisce col tagliarsi la gola “da solo” con un coltello da cucina in una tavola calda - e nell’assenza di uno dei momenti cult, il massacro del ragazzo di Nancy (che nell’originale era interpretato dalla futura star e premio Oscar Johnny Depp, allora poco più che adolescente), fagocitato dal materasso che improvvisamente si spalanca sotto di lui come una bocca e quindi risputato fuori in una sorta di geyser di sangue che imbratta completamente il soffitto (e un poliziotto, accorso sul luogo del delitto, commenta: “Altro che barella, qui ci vorrebbe un secchio!”). Altra parziale novità è l’attitudine ciarliera del mostro, che pronuncia diverse battute e schernisce le proprie vittime giocando al gatto col topo, mentre nel primo Nightmare  egli era praticamente muto nello stile del Jason di Venerdì 13 o del Michael Myers di Halloween. Questo risvolto del personaggio era comunque già stato introdotto negli episodi successivi all’originale, nei quali Freddy acquistava maggior rilievo dialogico, trasformandosi in un vero proprio prestigiatore e show-man del gore, ai limiti dell’autoparodia. Per il resto la regia di Bayer, all’esordio dopo una lunga e pluridecorata carriera nei videoclip, aggiorna lo stile più ellittico e sfumato di Craven con una confezione compatta e ultra-patinata ed un ritmo serrato e rimbombante che lascia poco o nulla all’immaginazione.

Due parole anche sul cast, per lo più composto di giovani attori provenienti dalla televisione, nel quale si segnalano, oltre al nuovo Freddy interpretato dal veterano Jackie Earle Haley (candidato al premio Oscar come non protagonista nel 2007 per Little Children) che sostituisce il mitico Robert Englund (presente in tutti gli episodi della serie originale), la talentuosa Rooney Mara (una di cui sentiremo parlare: futura protagonista del remake americano di Uomini Che Odiano le Donne di David Fincher) nei panni di Nancy, Kyle Gallner (già volto noto ai fan della serie Veronica Mars) e Connie Britton (High School Team) che interpreta con grande sensibilità il piccolo ma fondamentale ruolo della madre della prima.

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alejo90 (ha votato 2 questo film) alle 12:14 del 16 maggio 2011 ha scritto:

uno dei peggiori film del 2010.