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8/10

La Notte Dei Morti Viventi regia di George A. Romero

Horror
recensione di Maurizio Pessione

Un misteriosa radiazione proveniente dal pianeta Venere ha risvegliato i morti nelle tombe trasformandoli in zombie che attaccano, per cibarsene, tutti i vivi. Dentro una casa in aperta campagna non lontano da un cimitero si rifugiano alcune persone, circondate dagli zombie che cercano di stanarle. Nello scontro di personalità fra i componenti dell’improvvisato ed eterogeneo gruppo nascono dissidi sia sulla strategia da seguire che per via dello scontro fra caratteri opposti, soprattutto fra un bianco ed un nero. I tentativi di fuga falliscono miseramente ed alcuni dei rifugiati finiscono sbranati dagli zombie, mentre le notizie che giungono dalla TV e la radio sono drammatiche. Le forze di polizia, i volontari armati e l’esercito riescono infine ad organizzarsi ed avere la meglio, raggiungendo anche la casa dove nel frattempo è rimasto vivo il solo uomo di colore.

Il genere horror conta una lunghissima serie di autori ed opere, sottocategorie e stili diversi, anche contrapposti. Non ha mai perso di interesse, forse perché, come nelle visite ai vari musei degli orrori e persino nelle aree dedicate dei parchi giochi, la scarica adrenalinica che provoca e la sfida che ognuno ingaggia con se stesso, con il proprio coraggio, sono più forti ed eccitanti della paura che, si voglia ammettere o no, si prova poi in effetti.

La Notte Dei Morti Viventi è un cult e basta il titolo per provocare immediatamente un senso di… rispetto e circospezione, per alcuni di presa di distanza immediata, lasciando chiaramente intendere tema e contenuti. Si tratta di un film che ha 40 anni e che tuttora viene rieditato, non a caso e può essere considerato quindi un punto di riferimento.

Di certo il genere horror è cambiato molto nel corso del tempo. Dai primi bianco e nero muti di Murnau e poi con Bela Lugosi e Boris Karloff, siamo passati, sintetizzando al massimo, ai caldi colori degli innocui film della Hammer con il personaggio di Dracula più noto, quello interpretato da Christopher Lee ed il suo rivale di sempre, altrettanto famoso, Peter Cushing. In seguito si è passati ai toni più trash e satanisti dell’Esorcista ed a quelli più truculenti e sanguinari di Dario Argento, archetipo dell’horror moderno, con la digressione e rivisitazione ‘classico-culturale’ di Werner Herzog ed il suo Nosferatu Principe Della Notte, interpretato da un indimenticabile Klaus Kinski, quindi la versione hollywoodiana di Dracula stesso, ma nel significato migliore del termine, offerta da Francis Ford Coppola. Per concludere questa breve e certamente non esaustiva passerella con le serie che puntano, con squartamenti vari, sogni che diventano incubi e la pura follia omicida, a costringere anche lo spettatore più resistente ad ammettere la repulsione, come nelle serie tipo Nightmare, La Casa, Hostel, ecc. ecc.

Già da questi autori e titoli si capisce l’evoluzione e la diversificazione di questo genere, tutt’altro che monocorde. C’è un horror psicologico ed ambientale, ad esempio ed un altro invece che bada al sodo e sfrutta ogni mezzo per terrorizzare il povero spettatore che vuol confrontarsi con la sua resistenza alla paura ed al ribrezzo. Sangue e massacri di vario genere nel filone più grandguignolesco, oppure atmosfere inquietanti che lasciano largo spazio alla fantasia più che all’immagine brutale diretta.

A quale di queste definizioni corrisponde il primo film di George A. Romero che è diventato un riferimento per gli appassionati nel tempo? Non è facile una risposta immediata, perché bisogna risalire al periodo della sua realizzazione. Nel 1968 un film come questo rappresentava un capostipite nella cinematografia del genere, tant’è che poi ha generato una serie di opere sugli zombie che si è trascinata per molti anni a venire. A quel tempo La Notte Dei Morti Viventi appariva come uno dei film che richiedevano più coraggio per entrare nelle sale cinematografiche ed assistere alla proiezione. Qualcosa da affrontare più che altro in compagnia per esorcizzare la paura ed apparire più spavaldo della realtà di fronte agli amici.

La trovata degli autori d’altronde è stata geniale: da una navicella inviata su Venere si sono sprigionate sulla terra delle radiazioni che hanno risvegliato i cervelli di tutti i morti facendoli uscire dalle tombe per aggredire e cibarsi delle carni dei vivi e, per ogni umano che muore, nasce immediatamente il suo corrispettivo zombie. Si genera quindi un perverso circolo vizioso, fra lo scetticismo e l’incredulità generale dapprima, quando giungono ai media (è l’epoca dei primi TV) ed alle autorità i primi riscontri in merito, sino a diventare un’emergenza nazionale, perlomeno in USA, dov’è ambientata la storia, quando si percepiscono le dimensioni reali del fenomeno.

L’opera di Romero inizia da due sole persone: un fratello ed una sorella, in visita alla tomba della madre, che vengono aggrediti, si potrebbe dire… in casa propria, da uno zombie che è appena emerso dalla fossa nella terra. La donna riesce a fuggire, mentre il fratello ingaggia una lotta impari per la forza che dimostra di possedere il morto vivente, e si rifugia dentro la prima casa che trova, non distante da lì, proprio mentre altri zombie stanno a loro volta sopravanzando, pur lentamente e quasi barcollanti. Lo shock però è stato talmente forte che la donna in pratica perde il senno. Dentro la casa si rifugia anche un nero rimasto con l’auto in panne poco distante e si scopre di lì a breve che in cantina ci sono già alcune persone che si sono nascoste in attesa di essere soccorse e salvate. Lo scontro di personalità che si genera, in particolare, fra l’uomo di colore ed un bianco, con al seguito moglie e figlia malata, è una rappresentazione delle diverse reazioni che suscita nell’uomo una situazione limite. Uno lucido e determinato a vendere cara la pelle e quella delle persone che vivono la sua stessa situazione, mantenendo la calma e cercando soluzioni che consentano a tutti di salvarsi; l’altro egoista e meschino, disposto a tutto pur di salvare la propria vita e quella dei suoi familiari, anche a discapito degli altri. L’originalità, se vogliamo, sta nel fatto che il buono è il nero ed il cattivo è il bianco e non viceversa come siamo stati abituati a vedere in tanti altri esempi, non solo al cinema.

Circondati dagli zombie, riescono a tenerli a bada solo dopo aver sbarrato porte e finestre e grazie all’aiuto delle luci e del fuoco che i morti viventi sembrano temere, più ancora delle pallottole. Nel frattempo le notizie che arrivano dalla radio e dalla TV che hanno trovato ancora funzionanti nella casa sono drammatiche e le speranze di salvezza sono garantite soltanto dalla fuga verso alcuni centri di soccorso e rifugio, in attesa che le forze dell’ordine intervengano a sterminare gli zombie che invadono oramai molti luoghi, in città come nelle campagne. Un tentativo del nero e di un terzo uomo e la sua ragazza, rifugiati nella casa, di arrivare con un camioncino ad una pompa di benzina, avendo il serbatoio oramai praticamente a secco (non c’è mai limite alla nota ‘Legge di Murphy’ in tali situazioni…) e poter poi fuggire, finisce in malo modo, così che anche questa possibilità sfuma e la situazione precipita quando cessa pure la corrente elettrica e gli zombie, non più frenati dalla luce, tentano in ogni modo di entrare nella casa. Nel vano tentativo di frenarli i due uomini si disputano un fucile al punto che il bianco egoista viene colpito a morte precipitando dalle scale nella cantina dove già giace la figlia che non si è più ripresa da un morso ricevuto da un morto vivente prima di entrare nella casa. Ma, come si diceva prima, chi muore, o viene contagiato dagli zombie, poi si trasforma a sua volta…

Il finale sarebbe canonico se non ci fosse un ‘cappello’ ironico-sarcastico che riguarda l’unico sopravvissuto della casa, quando arrivano finalmente gli aiuti agognati e sperati lungamente. La stessa ‘sorpresa’ se così vogliamo chiamarla, è stata riproposta similmente dal più recente film The Mist.

Molte sequenze mantengono intatta la loro forza espressiva e credo che i più sensibili e non solo, tuttora possono considerare questo film insostenibile. Per chi invece è più avvezzo al genere noterà che l’età anagrafica dell’opera ha ridotto enormemente il suo impatto emotivo, alcune espressioni e primi piani sono decisamente calcati nei toni, persino oltre la drammaticità delle circostanze ed anche le musiche di accompagnamento risultano essere a tratti troppo invadenti, allo scopo di alimentare ed accrescere la tensione ed il senso di oppressione, mentre rimane intatto il fascino del suggestivo bianco e nero e del formato immagine oramai retrò in 4/3. Le scene nelle quali i morti viventi si dividono le carni dei due giovani straziati dentro il furgone e poi quella nella quale infilano le braccia nei pertugi lasciati dalle tavole inchiodate a protezione delle finestre, come fossero tanti tentacoli che cercano di afferrare le loro prede, restano comunque di grande impatto visivo ed emotivo.

Qualcuno ha letto in questo scenario una sorta di metafora della guerra fredda e non è difficile immaginare chi sono gli zombie, dopo l’invasione dell’Ungheria e quella di Praga nello stesso anno da parte dell’URSS, oppure, all’opposto, un’allegoria della cultura capitalistica, con gli uomini portati a divorarsi fra loro per raggiungere potere e gloria, ma forse è una forzatura più latente e psicologica che reale.

Non ci sono attori famosi nell’opera di Romero, perché è stata realizzata con pochi mezzi, ma anziché essere una lacuna, in questo caso diventa un pregio perché permette agli autori di concentrare l’attenzione sul contesto della storia piuttosto che sul singolo personaggio e ne guadagna perciò l’impianto narrativo. Il remake del 1990 di Tom Savini non è stato capace di eguagliare l’efficacia narrativa ed emotiva di quest’opera che resta quindi insuperata nel suo genere.

 

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Voto degli utenti: 8,7/10 in media su 10 voti.

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Marco_Biasio (ha votato 7 questo film) alle 20:31 del 18 marzo 2011 ha scritto:

Ottima scelta, Maurizio! Ormai ho capito che sei uno davvero bravo Col film ho sempre avuto un rapporto controverso. Da una parte ne riconosco l'immensa importanza all'interno dell'horror e sono propenso a concedergli anche dei meriti squisitamente artistici come, ad esempio, i conflitti interni nel gruppo degli assaltati e il grande finale, che lascia abbastanza di stucco (sebbene lo si possa vagamente intuire sin dall'inizio...). Dall'altra, però, lo sento ancora fin troppo statico e "ideologico". E' carina l'idea di considerare gli zombi non come entità sovrannaturali ma come, fondamentalmente, il prodotto di un errore umano o, meglio, di una superba sopravvalutazione dei mezzi umani (in questo caso, amara coincidenza di questi giorni, le radiazioni nucleari): tuttavia la critica al capitalismo americano e al libero porto d'armi (non ci vedo granchè una critica antisovietica) è piuttosto raffazzonata e non scevra da impurità ideologiche (che è un po' il problema di fondo della politica americana: mai muovere critiche al sistema senza, prima, essere rimasti dentro al sistema stesso). Ho sempre trovato insopportabile, invece, il personaggio di Judith O'Dea, perennemente piagnucolosa ed incapace di impostare una benchè minima evoluzione psicologica. Leggete il mio 7 come un 6,5... P.S. Il remake fa veramente CAGARE!

Peasyfloyd (ha votato 7 questo film) alle 10:21 del 4 aprile 2011 ha scritto:

non posso non confessare che nonostante l'importanza oggettiva del film non mi abbia fatto strappare i capelli quando l'ho visto, anzi qualceh sbadiglio c'è pure scappato. Molto più belli i film della trilogia dei morti viventi di Romero che seguono questo. Questo però è un pezzo di storia, e Maurizio lo inquadra in maniera sublime!