V Video

R Recensione

5/10

Halloween - The Beginning regia di Rob Zombie

Horror
recensione di Alessandro Giovannini

La famiglia Meyers (madre spogliarellista, padre alcolista, figlia zoccola, figlia neonata, figlio semi-autistico) è tipicamente disfunzionale. Michael, giovane ragazzino che sfoga le sue frustrazioni famigliari e scolastiche torturando piccoli animali, raggiunge un punto di saturazione che lo porta a sterminare la sua famiglia, tranne madre amatissima (Sheri Moon Zombie) e sorellina (innocente e vittima come lui). Detenuto presso un ospedale psichiatrico e in cura dal dottor Loomis (Malcolm McDowell), perde progressivamente il contatto con la realtà, isolandosi dietro maschere che lui stesso costruisce. 15 anni dopo, riesce ad evadere, dirigendosi verso il paese natìo alla ricerca della sorellina ormai cresciuta e lasciandosi dietro una scia di sangue.

Nel fare un remake del film di John Carpenter che è anche un suo prequel, Rob Zombie confeziona un'ottima prima parte che ha il merito di descrivere la discesa di una mente disturbata nel baratro della più totale follia, in una gabbia mentale che finirà col renderlo impenetrabile ad ogni tentativo di comunicazione esterna: questo porta alla creazione del serial killer indomabile, con cui è impossibile trattare e da cui si può solo scappare o combattere. La tipica figura del baubau dei film horror, che qui è spiegata nella sua genesi in modo credibile e coinvolgente, anche grazie alla figura a tutto tondo del dottore, interpretato con convinzione da McDowell.

Peccato che da metà in poi il film diventi un banalissimo slasher in cui non succede più niente a livello narrativo, e si continui ad assistere per un'ora abbondante alle carneficine perpetrate da Michael, tutte simili tra loro senza più un guizzo di originalità. Il finale strascicato in cui il cattivo non muore mai è ovviamente retaggio del film originale, ma ormai risulta una dinamica più noiosa che adrenalinica.

E' molto strano questo dualismo del film, scritto dallo stesso Zombie: è come se fintanto che ha libertà di inventare il passato di Meyers riesca a sfoggiare una buona creatività, ma nel momento in cui il racconto rientra nei binari del film originale perda improvvisamente di mordente, incapace di costruire personaggi interessanti o modi personali di raccontare la vicenda, sia a livello narrativo che visivo, cosa che gli era riuscita nei due film precedenti mediante estetiche eccentriche e grottesche che si distanziavano dai canoni.

Rimane l'ottimo gusto musicale del regista/musicista, che ricorre ad una versione moderna di Love Hurts di Roy Orbison (qui nella versione hard rock dei Nazareth) e alla classica Tom Sawyer dei Rush.

V Voti

Voto degli utenti: 7/10 in media su 1 voto.
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
B-B-B 7/10

C Commenti

Non c'è ancora nessun commento. Scrivi tu il primo!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.