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6/10

The Iceman regia di Ariel Vromen

Thriller
recensione di Davide Figliolini

The Iceman ripercorre la storia criminale di Richard Kuklinski. Marito onorevole, padre devoto, ma in realtà uno dei più spietati serial killer di tutti i tempi. Sicario delle cosche mafiose italo-americane della metà degli anni '60. Noto per le sue uccisioni spettacolari e brutali. Come ha fatto a farla franca per così tanto tempo?

The Iceman è thriller un po' atipico. Il tutto viene tratto dal romanzo di Antony Bruno "The Iceman" The true story of a cold blooded killer" e dal documentario "The Iceman tapes: conversations di James Thebaut with a killer". Quest'ultimo erano una serie di interviste a Richard Kuklinski il quale, in carcere per scontare un ergastolo per l'uccisione di oltre 100 uomini, racconta senza alcun rimorso i dettagli dei propri orribili delitti deliberando quel mito che lo contraddistingueva in maniera assolutamente "gelida". Ariel Vromen ne rimane affascinato, ed ecco qui il film. 

Richard Kuklinski, interpretato da Micheal Shannon, appare subito un uomo molto severo nelle espressioni, che nella sua cupezza riesce comunque a strappare un appuntamento a quella che sarà la sua futura moglie, Deborah Pellicotti, l'affascinante Winona Ryder. Pensare che un uomo così cupo possa attirare una bella ragazza come Deborah sembra fin da sunito alquanto superficiale nella sceneggiatura. Se Richard Kuklinski è riuscito, così pare, a realizzare una doppia vita, probabilmente aveva più armi nel proprio arco che il solo grande fascino dell'uomo alto e pensieroso. Ma questo nel film non si nota. Kuklinski lavora per la mafia come addetto in una sala di produzione per il doppiaggio di film porno. Come diventa spietato serial killer? E' il boss mafioso Roy Demeo (Ray Liotta) a promuoverlo sicario. Il boss, con i suoi compagni Josh Rosental (David Schwimmer) e Mickey Scicoli (John Ventimiglia) si recano sul luogo di lavoro per punire il polacco per un ritardo in una consegna, in realtà non c'era stata una puntuale rettifica da parte della cosca. Tuttavia Kulnski mostra una determinata supponenza che attira l'attenzione del boss. Secondo lui è sprecato per lavorare lì. Detto fatto si ritrova, dopo una prova da superare, ad eliminare uno dopo l'altro chiunque intralci gli affari di Demeo. Cambia la vita di kuklinski, soprattutto il conto in banca: per la felicita della moglie che con due figlie si possono anche permettere una scuola privata di carattere religiosa. In netto contrasto con la vita del killer. Ovviamente.

Da qui in poi la narrazione continua inesorabilmente con lo stesso taglio che ha contraddistinto tutto il film. E la noia, che in un film del genere è assai strana, o almeno rara, la fa da padrona. L'obiettivo dichiarato dal regista è quello di mettere in luce quel circo di sentimenti che si provano tra l'uccidere persone senza dignità e riuscire ad essere un padre devoto. E' tutto qui il nesso, la chiave del film. Eppure viene vanificata dalla povertà di particolari nel riuscire a delineare una persona del genere. In questo senso si poteva fare molto di più. Come si potevano costruire meglio le uccisioni del killer. Nel libro, come nel documentario, veniamo a sapere di situazioni assai più scabrose di quelle che vengono rappresentate. Sembra quasi che Kuklinski, nel film, lo facesse solo per la famiglia. Non è così. Kuklisnki era un folle omicida, nutriva egoismo ed egocentrismo ogni volta che uccideva. Si divertiva con i corpi. Anche questo nel film non si nota. Kuklinski non era una brava persona.

Successivamente Kuklinski incontra Mr. Freezy (Chris Evans), un altro assassino che finge di essere un venditore di gelati e usa i freezers per conservare i corpi. Ecco il collegamento con The Iceman. Il regista ci vuole convincere che The Iceman sia legato al carattere serioso e impassibile di Kuklinski. Non è così. O comunque non è solo questo: veniva soprannominato The Iceman dalle autorità proprio per l'uso tedioso, insieme al suo "collega", di congelatori per i corpi che maciullavano. Il tutto per sfuggire alle investigazioni. Tant'è che alle prime difficoltà nel fare soldi, Kuklinski perde molto spesso la testa, sia nel mondo della mafia che in quello della sua famiglia. The Iceman si scioglie. Questa parte del film, l'ultima, risulta confusionaria. Ci si perde fra nomi, cosche ed affari.

Il film funziona nella colonna sonora, che riesce a ridare molto del tenebroso Kuklinski, sembra l'abbia scritta lui in persona; e funziona molto meglio nel cast: Micheal Shannon (Revolutionary Road, Boardwalk Empire) lavora benissimo. Fa sua la parte, il ruolo gli resta incollato addosso in maniera perfetta. Gelido, ipnotico e assolutamente talentuoso; Winona Ryder fa lo stesso. La conosciamo. Anche lei risulta credibile, ed è lei la donna devota ed amorevole; così come il bravissimo Ray Liotta (Quei bravi ragazzi), forse l'unico ad avere dei cambiamenti strutturali durante il film ed infine Chris Evans, anche qui ci troviamo di fronte ad uno dei top. Il personaggio più riuscito insieme al killer. Quando c'è lui il film scorre inebriandosi di attenzione per il suo modo di fare. Tutto questo copre in parte una sceneggiatura incompleta. Il film ci appare come un orologio di lusso dove però non funzionano le lancette. Il tempo trascrive le esperienze, ma lo fa lentamente. Ed in questa flemma manca la vera psicologia dei personaggi. Tutto gira dietro a Kuklinski, ci mancherebbe altro, è la sua storia, ma l'interazione deve essere fondamentale se lo si vuole sviluppare cinematograficamente. La scena più riuscita è la brutta (non pessima) copia di quella famosa in Pulp Fiction: il passo biblico letto da Samuel L. Jackson: Kuklinski sta per compiere il suo omicidio, la futura vittima prega Dio, Kuklinski lo aspetta seduto, se Dio fosse sceso sulla terra lo avrebbe salvato, ma Dio aveva "altro da fare". Per lo più non basta una scena sulla sua infanzia difficile per rendere il personaggio più vivo. Il film riesce in apparenza. Dentro rimane un discreto vuoto.

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