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9/10

Selma - La Strada per la Liberta regia di Ava DuVernay

Drammatico
recensione di Davide Figliolini

Primavera 1965. America, Alabama. Una serie di eventi drammatici cambiò per sempre il concetto moderno di diritti civili, quando un gruppo di manifestanti guidati dal Dr Martin Luther Kink Jr per tre volte tentò di portare a termine una marcia pacifica da Selma a Mongomery. L'obiettivo è solo uno: ottenere l'imprescindibile diritto umano al voto.

Selma è un diario magnifico diretto con magnificenza da Ava Duvernay per la sceneggiatura di Paul Webb. Com'è magnifica l'esistenza di un uomo come Martin Luther King Jr. "L'uomo si alza in piedi solo per essere buttato giù". Già, ma lui da questo sconforto è riuscito una volta per tutte a portare a termine una delle marcie più significative della storia dell'America, ma non solo. Quella da Selma a Montgomery.

Martin Luther king dopo aver ricevuto il premio Nobel per la Pace nel 1964, nel 1965 pone attenzione a Selma, in Alabama, dove solo il 2% dei cittadini neri, di fatto, poteva votare. Significativa la scena della coraggiosa donna Annie Lee Cooper interpretata da una sbalorditiva Oprah Winfrey la quale cerca di registrarsi per ottenere la possibilità di votare, ma viene continuamente ostacolata dal funzionario di turno, che pur di non effettuare la registrazione, fa domande alquanto improbabili, se non impossibili (o inutili) sulla struttura politica amministrativa del paese. Qui inizia tutto. Luther King si reca a Selma e subito viene arrestato insieme ad altre centinaia di persone per delle dimostrazioni notturne. La regia è un mescolarsi di strutture nitide e pulite, ma anche segnate dai frequentissimi primi piani intensi di molti dei dimostranti, o da piani sequenza parzialmente limpidi. Il ruolo, facilmente odiabile del governatore George Wallace, intrepretato da uno straordinario Tim Roth (è proprio lui a riuscire a creare quasi un mostro d'ignoranza imperturbabile) ovviamente proibisce le dimostrazioni notturne a Selma, e non si sa bene perché. Ma sì, solamente perché la pensava così, non c'era spazio per "quegli altri". Uno degli obiettivi di Ava Duvernay è quello di riuscire a penetrare dentro l'anima del protagonista principale, oltre Selma. Proprio quel Martin Luther King che vive i suoi drammi da una parte lottando come un vero leader civile per cambiare il mondo, per aiutare "il suo popolo", dall'altra nella propria casa, con la moglie. Le scene più intime sono state scritte con estrema cura nei dettagli e negli accorgimenti delle espressioni di quel grande uomo. Mostrarlo come un essere umano "normale" proprio come tutti noi, è stata una mossa azzeccatissima. Dandogli umanità quotidiana lo qualifica nella mente dello spettatore come uno di loro, il quale però ha avuto il coraggio di realizzare un sogno. Quel sogno che è stato sempre l'unica chimera della sua vita. Chimera raggiunta con intelligenza mi verrebbe da dire. In più quando King chiama al telefono la cantante è uno dei momenti più dolci, se non sensibili del film.

Il 18 febbraio agenti di stato attaccano i manifestanti a Marlon, uno di loro verrà colpito ed ucciso. Scena da vedere più che da raccontare. Straziante, suggestiva, vera. Intanto il leader per ben due volte fa visita al presidente americano in persona: Lyndon B. Johnson. L'attore Tom Wilkinson non lo imita. Lo recita con piccata convinzione di chi sa fare il proprio mestiere. Il risultato di raggiungere, in questa pellicola di diario, la verità, è raggiunta a pieni voti. Anche queste, le discussioni tra Luther King e il presidente sono forse le parti più attraenti del film. Perché il resto è storia, cioè viene raccontato perfettamente con una scenografia che non fa altro che illuminare quel luogo di lotta e sangue che è stata Selma e via via tutta la marcia. Tuttavia le loro diatribe sulla questione del voto, sulle reticenze del presidente vinte da un pregiudizio assurdo, dagli urli soffocati nel petto del nostro leader che non può "gridare" di più visto che si trova comunque davanti al presidente. Sono accadimenti storici importanti e indiscutibilmente interessanti. Pieni di sana politica, di verità.

Il 7 Marzo, primo tentativo di marciare da Selma a Montgomery, condotta da John Lewis e HoseaWilliams, viene bloccato da poliziotti statali e locali al ponte Edmund Pettus. Non dico altro per non rovinare la visione. Scena costruita da una tensione eccellentemente tragica. Conosciuta come la giornata "Bloody Sunday". Parla da sola. Il resto è emozione e storia. E' King che conduce la seconda marcia due giorni dopo, (si erano aggiunti anche i leader religiosi), ma questa volta si ritira per la paura di un altro attacco. Assistiamo ad uno dei silenzi più belli della storia del cinema, quello tra i manifestanti e le forze di polizia. Successivamente a queste marcie e ad altri eventi storici, il 15 Marzo il presidente parla al Congresso a agli americani, dicendo che "è sbagliato negare a qualsiasi dei nostri concittadini il diritto di votare in questo paese". E annuncia la tanto attesa legge che permetterà tutto questo. Uno dei discorsi più potenti e felici della storia. Oltre a questo e prima di questo ci sono i conflitti politici tra il presidente e il governatore, l'FBI che crede di avere la soluzione e una montagna di emozioni calcate con mano e che giungono fino alla nostra poltrona. Il 21 Marzo circa 4000 dimostranti, non solo neri ovviamente, lasciano Selma scortati dalle truppe federali per la marcia di 50 miglia verso Montgomery. Arrivati, King annuncia l'emozionante discorso sugli scalini dello State Capitol. Scena colorita da inframezzi di immagini, suoni, ricordi e una colonna sonora da pelle d'oca. 25000 sono i dimostranti. I precursori di una nuova era Americana.

Colpisce la bravura di tutti gli attori. Ognuno sembra dare qualcosa in più in questo film. Nessuno si sente un attore secondario, ma tutti si sentono importanti. In particolare ovviamente è giusto menzionare David Oyelowo, l'avevamo visto in "Interstellar" ultimamente. Un attore che meriterebbe una carriera piena di quei "filmoni" che meritano di essere visti. Capace, meticoloso. Si è sottoposto a una trasformazione fisica ingrassando e tagliando i suoi capelli. Ha navigato Martin Luther King non solo nei suoi discorsi politici, ma anche in quelli più quotidiani. Restituendo saggezza, passione e verità non ruffiana.

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alexmn 4/10

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