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7/10

Hausu regia di Nobuhiko Obayashi

Horror
recensione di Fabio Secchi Frau

Una studentessa liceale decide di trascorrere le vacanze estive lontana da suo padre, vedovo e in procinto di risposarsi. Cercando di riallacciare i rapporti con la famiglia della defunta madre, accetta l'invito di sua zia che vive sola in una casa in campagna. Portandosi dietro altre sei amiche, scoprirà che l'edificio è infestato.

  La fitta schiera di case infestate si arricchisce anche di questo edificio, protagonista di un film che sembra imbecille, ma (attenzione) non lo è.

  Inusuale splatter giapponese, non è raccapricciante e sanguinolento nella maniera in cui noi lo intendiamo, ma è sicuramente una delle opere più bizzarre che ci siano in circolazione, malgrado siano passati parecchi anni da quando uscì nelle sale nipponiche. Correva infatti l’anno 1977.

  Con elementi comedy molto forti, una bellissima fotografia pop e dei costi di produzione che si aggiravano intorno ai 300 milioni di yen, più che un horror si potrebbe definire un film di fantasia, soprattutto se si pensa che il soggetto venne dalla figlia settenne del regista Nobuhiko Ôbayashi (al suo secondo titolo, mai distribuito in Italia).

  Anche solo guardando i nomi delle sette ragazze protagoniste si fanno delle grasse risate, visto che rispecchiano perfettamente le loro personalità: Merodî, che foneticamente suona un po’ come melody e che, per l’appunto, è la musicista del gruppo; Kunfu, quella che pratica arti marziali; Angel, l’affascinante e pura protagonista; Mac, la ragazza che mangia di tutto (Mac = stoMACo); Suîto che è la ragazza dolce (da sweet, in inglese); Fanta e via discorrendo.

  La trama sembrerebbe l’unica cosa con un briciolo di logica di questa pellicola. Dopo aver scoperto che il padre ha deciso di risposarsi con una bellissima donna, una studentessa liceale decide di trascorrere le vacanze estive dalla zia, sorella della defunta madre, che abita tutta sola in un paesino lontano lontano e che aspetta una sua visita da tanto tempo. Portandosi dietro le sue migliori amiche, la disgraziata non sa che la vecchia villa è infestata e che ha il brutto vizio di cibarsi delle persone che ci mettono un piede dentro.

  Sceneggiato da Chiho Katsura, un espertone di horror B-movies, Hausu fu la programmata risposta della Toho Company alla supremazia sul box office di Lo squalo di Steven Spielberg.

  Puntando sul pubblico di adolescenti che affollavano le sale cinematografiche dopo gli orari scolastici e sfruttando al massimo uno stile sperimentale che fa uso di tecniche miste (stop-motion, animazione etc.), si delinea un film psichedelico, surreale e decisamente a buon mercato che ha confluito nel giudizio positivo dell’opera, etichettata come rara e di un certo fascino. E che, tra l’altro, anche a causa di una massiccia pubblicità su riviste e tv, ottenne un discreto incasso (con tanto di discussione di un ipotetico sequel da realizzarsi dieci anni dopo).

  Merito, forse, anche del cast di contorno: la grande Yôko Minamida nei panni della zia; il cantante Kiyohiko Ozaki in un ruolo comico; l’allora sex symbol Tomokazu Miura; la stella nascente Fumi Dan; e persino uno degli autori della colonna sonora Asei Kobayashi.

  Fra le scene migliori, e perdonatemi per gli spoilers, Merodî che viene mangiata pezzo per pezzo dal pianoforte che sta suonando. Basterebbe questa frase a mettervi curiosità verso questo film. Ma ci sono anche Kunfu divorata da una lampada e addirittura un “ballo” di parti anatomiche femminili mozzate in fondo al mare.

  Sia ben chiaro, non è un film per tutti. Forse, gli artisti lo apprezzeranno di più. Gli altri lo scambieranno per spazzatura o per un’idiozia. Piccola curiosità, durante la lavorazione della pellicola l’attrice Kumiko Ohba rischiò la vita. Mentre si trovava dentro una piscina per girare alcune scene, un riflettore dello studio cadde dentro l’acqua, con il rischio di fulminarla. Fortunatamente, venne tirata fuori appena in tempo.

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