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A Steven Spielberg

Steven Spielberg

  Steven Spielberg nasce a Cincinnati (Ohio) il 18 dicembre 1946 in una famiglia di religione ebraica. Suo padre, Arnold Spielberg, è il creatore del computer GE-225 della General Electric, sfruttato dagli studenti e dai ricercatori del Dartmouth College per creare la prima versione del linguaggio di programmazione BASIC, che ha permesso alla generazione di Bill Gates e di Steve Jobs di avviare la rivoluzione dei personal computer. Sua madre, Leah Adler, era, invece, una ristoratrice. Cresciuto assieme alle sorelle Anne, Sue e Nancy prima nel New Jersey e poi in Arizona, si dimostra uno studente mediocre, ma con una passione smodata per il cinema e per i comics.

  All’età di 12 anni, gira con la Super8 di suo padre il suo primo cortometraggio, un western di quattro minuti dal titolo The Last Gun. I suoi risultati scolastici, però, non gli permettono di entrare nelle scuole di cinema che lui aveva scelto dopo il diploma, così, segue dei corsi di recitazione a Phoenix.

  Nel 1961, sentendo che l’arte drammatica non è la sua strada, dirige ben due corti bellici: Escape to Nowhere e Fighter Squad. Nel 1964, arriva il fantascientifico Firelight, fortemente influenzato da L'astronave atomica del dottor Quatermass (1955) di Val Guest. Ma è solo con Amblin’ (1968, che più tardi diventerà il nome della sua casa di produzione), storia di due ragazzi che vanno in autostop nel deserto senza scambiare una parola tra loro, che vince diversi premi e riesce finalmente a firmare un contratto di sette anni con la Sezione Televisione della Universal.

  Notato per la sua competenza tecnica, comincia a forgiare la propria reputazione dirigendo una Joan Crawford sul viale del tramonto nell’episodio "Eyes" (1969) della miniserie "Mistero in galleria", creata da Rod Serling, e Peter Falk nel primo episodio di "Colombo". Ma il suo primo successo lo raggiunge con il film tv Duel (1971), che trasponeva l’omonimo racconto di Richard Matheson, la storia di un camion che perseguita un guidatore comune. A dispetto del risicato budget e del poco tempo di realizzazione (solo 12 giorni), l’opera colpisce gli spettatori televisivi per l’efficacia della messa in scena e per le sensazioni di estrema angoscia e di forte minaccia, tanto che poi si deciderà, due anni dopo, di proiettarlo nelle sale.

  Trasferito nel 1974 alla Sezione Cinema della Universal, gli viene affidato il suo primo lungometraggio: Sugarland Express, che vince il premio per la migliore sceneggiatura a Cannes. Il film, basato su una storia vera, racconta la vita di due outsider (Goldie Hawn e Willam Atherton) e dei loro ostaggi, in un on the road in cui sono inseguiti da polizia e giornalisti. Purtroppo, malgrado la critica lo abbia apprezzato, Sugarland Express è un clamoroso insuccesso al botteghino (anche per una mancata promozione della pellicola) e viene schiacciato al box office dal trionfo de La stangata, con la coppia Paul Newman e Robert Redford. C’è però da sottolineare che questo flop segnerà l’inizio di una collaborazione unica nella storia del cinema: quella fra il regista e il compositore John Williams, autore delle musiche di ben 22 dei suoi film.

  Non volendo andare incontro a un altro insuccesso, chiede alla Universal il manoscritto de Lo Squalo, tratto dall’omonimo romanzo di Peter Benchley, che aveva notato sulla scrivania di uno dei produttori di Sugarland Express e che aveva destato la sua curiosità. La storia di uno squalo gigante che terrorizza una piccola città costiera degli States, lo appassiona a tal punto che, prima di tornare a casa, compra il libro e lo divora in un solo giorno. Il mattino seguente, tornato alla Universal, cerca di convincere i produttori ad affidargli l’adattamento cinematografico dell’opera. Riesce a strappare loro 12 milioni di dollari di budget. 12 milioni che verranno spesi principalmente per pagare i tecnici degli effetti speciali, impiegati nella costruzione di tre squali meccanici. Così economizzando sugli attori (scelse nomi dal cachet minore rispetto alle grandi star: Robert Shaw, Richard Dreyfuss e Roy Scheider), realizza il film in 55 giorni, fra difficoltà climatiche e i problemi delle riprese in mare. Il risultato, dopo tutti questi sforzi, è di gran lunga superiore alle previsioni. Lo squalo (1975) è un campione al box office e, per la prima volta, i ricavi di un film superano i cento milioni di dollari. È un periodo fortunato per il regista. Anche dal punto di vista sentimentale. Infatti, è nel 1976 che conosce l’attrice Amy Irving, con la quale rimarrà fidanzato per tre anni e che, dopo una breve rottura, sposerà nel 1985, lo stesso anno in cui gli darà il suo primogenito Max Samuel.

  Seguendo i suoi gusti personali, intraprende poi un altro importante progetto a cui si era affezionato da tempo: Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977), che si avvale, fra l’altro, della presenza nel cast di uno dei registi che Spielberg ama di più al mondo dopo Alfred Hitchcock, François Truffaut. Cavalcando l’onda di Guerre Stellari, il film di rapimenti e contatti alieni è un altro successo commerciale e lo induce a capire che la fantascienza è il genere a lui più congeniale. Ma nonostante abbia preso coscienza di questo, arriva una nuova commedia nella sua filmografia. Una commedia che sancisce la sua seconda battuta di arresto dopo Sugarland Express: 1941 - Allarme a Hollywood. La pellicola è un completo fallimento, sia in termini artistici che in termini commerciali. A nessuno interessa quella paranoia californiana da Seconda Guerra Mondiale, scatenatasi dopo l’attacco a Pearl Harbor da parte dei Giapponesi. E questo nonostante la presenza di una delle stelle del momento, John Belushi, che avrebbe dovuto attirare gli spettatori al cinema.

  Negli Anni Ottanta, pur aspirando a dirigere un episodio della saga di James Bond per risollevare la propria carriera, discute con l’amico George Lucas della possibilità di reinventare quei film d’avventura Anni Trenta alla Fritz Lang che amavano tanto da ragazzini. Lo scambio di idee si spinge fino al punto di creare un vero e proprio personaggio, un archeologo eroe di una saga, protagonista di avventure fantastiche che giocano con i grandi misteri della Storia e circondato da personaggi pittoreschi. Nasce Indiana Jones. Lucas coinvolge Philip Kaufman nella stesura del soggetto, ma sceglie Lawrence Kasdan come sceneggiatore e, in men che non si dica, viene firmata la sceneggiatura de I predatori dell’Arca perduta. Il film viene realizzato nel 1981, ha Harrison Ford nei panni dell’archeologo e racconta del tentativo di trovare l’Arca dell’Alleanza prima dei nazisti. È una rinascita. Il film ha un enorme successo ed è considerato dalla critica un capolavoro, anche per via dei tanti riferimenti ai western con Yakima Canutt e alla saga di Zorro.

  Inaspettatamente, nel 1982, godendo di fama in tutto il mondo, presenta a Cannes quello che sarà considerato il suo secondo capolavoro: la storia di un piccolo alieno biologo, proveniente da un pianeta benevolo, che viene trovato da un bambino terrestre. E.T. l'extra-terrestre, con Dee Wallace, Drew Barrymore (della quale era il padrino) ed Henry Thomas, fa entrare al cinema milioni di telespettatori, infrangendo ogni record di incasso. Un successo che gli permette di creare con Kathleen Kennedy e Frank Marshall il suo studio: Amblin Entertainment.

  È grazie a questa casa di produzione che Tobe Hooper dirige quel successo internazionale (oggi classico dell’horror) che è Poltergeist - Demoniache presenze.

  Nel 1983, Spielberg entra nel film collettivo dei registi John Landis, Joe Dante e George Miller firmando il secondo episodio di Ai confini della realtà. Nel 1984, arriverà il secondo capitolo della saga di Indiana Jones, Indiana Jones e il Tempio Maledetto. Un altro trionfo per la coppia Spielberg-Lucas, che però viene accusata di essere stata troppo violenta in alcune scene (bambini erano usati come sacrifici umani, cuori ancora pulsanti strappati dal petto di alcuni personaggi, coccodrilli che divoravano soldati). Sul fronte sentimentale, a minare il solido matrimonio fra lui e la Irving arriva proprio la co-protagonista femminile di questo film, Kate Capshaw. Inizialmente, si tratta di puri e semplici appuntamenti lavorativi, ma con l’andare del tempo la relazione fra i due si farà ancora più stretta, fino al punto di diventare amanti.

  Nel frattempo, la sua carriera vira bruscamente dal cinema commerciale a pellicole di spessore storico come Il colore viola (1985) e L’Impero del Sole (1987). La prima racconta la storia di una famiglia di colore negli Stati Uniti della prima metà del XX secolo. La seconda, quella di un bambino inglese (Christian Bale) catturato dai giapponesi nella Seconda Guerra Mondiale.

  Nel 1989, Spielberg conclude il trittico di Indiana Jones con Indiana Jones e l’ultima crociata. Stavolta, il famoso archeologo, accompagnato da suo padre (uno smagliante Sean Connery) deve recuperare addirittura il leggendario Santo Graal. La Irving, nel frattempo, scopre la relazione fra suo marito e la Capshaw (rimasta incinta della prima figlia di Spielberg, Sasha) e chiede il divorzio. Ritenendo come valido un accordo prematrimoniale scritto su un tovagliolo di carta, l'ex moglie riceve una buonuscita di ben 100 milioni di dollari.

  Si chiude così una buonissima annata per questo regista, che ha definitivamente creato un nuovo modo di fare cinema, oltre che uno stile ben definito. Eppure, negli Anni Novanta, le cose non sembrano proseguire come dovrebbero. Always - Per sempre, remake del film di Victor Fleming Joe il pilota (1944), non entusiasma il pubblico, nonostante la presenza di uno degli attori di culto degli Anni Ottanta (diventato tale anche per merito suo), Richard Dreyfuss, e quella di Audrey Hepburn. Nel 1991, tenta di realizzare un progetto di lunga data, Hook, ispirato all’opera teatrale “Peter e Wendy” e al romanzo “Peter Pan, o il ragazzo che non voleva crescere”. Malgrado star come Dustin Hoffman, Robin Williams e Julia Roberts, Hook non è apprezzato dalla critica, anche se il pubblico in sala è affascinato da questa originale evoluzione della fiaba originale. Si rifarà con un matrimonio. Sposa, infatti, Kate Capshaw e costruisce con lei una nuova famiglia. Una nuova famiglia che si arricchisce non solo della presenza dell’attrice Jessica Capshaw, figliastra di Spielberg perché nata da un precedente matrimonio della moglie, ma anche di altri due figli, Sawyer e Destry, ai quali si uniscono gli adottati Theo e Mikaela.

  Per risollevarsi, decide di puntare il tutto e per tutto su Jurassic Park (1993), che segnerà una svolta nella storia degli effetti speciali, progettati dalla Industrial Light & Magic. Il ritorno dei dinosauri sulla terra, con Sam Neill, Laura Dern e Jeff Goldblum diventerà un altro campione di incassi, guadagnando oltre 900.000.000 dollari e battendo il precedente record detenuto dallo stesso Spielberg con E.T. l'extra-terrestre. Ma ciò che pubblico e critica non si aspettano è che lo stesso anno, esce nelle sale un altro nuovo film, un progetto molto più personale e doloroso: Schindler’s List. Il film racconta la vita dell’industriale tedesco e membro del partito nazista Oskar Schindler durante la Shoah, quando salvò un migliaio di ebrei provenienti dai campi di sterminio. Un lavoro che l’American Film Institute classifica come l’ottavo film più importante della Storia del Cinema e che l’Academy premia con ben sette Oscar. La critica europea (soprattutto quella francese), invece, pur ritenendolo comunque un capolavoro della Settima Arte, non è così esaltata dalla pellicola. La definisce mielosa, molto convenzionale e per nulla radicale, consigliando a Spielberg di guardare il vero dolore del cinema di guerra attraverso i film di Roberto Rossellini. Parole e giudizi che sono spesso accreditati al suo cinema e al suo stile, soprattutto in Europa. Lui risponde creando la Shoah Foundatio Institute for Visual History, che raccoglierà la testimonianze di tutti i sopravvissuti all’Olocausto (ben 8700 testimonianze), al fine di prevenire un altro genocidio. Mentre nel 1994, con due nuovi partner, Jeffrey Katzenberg (licenziato dal dipartimento di animazione della Walt Disney Pictures) e David Geffen (fondatore della Geffen Record), dà origine a una nuova società di produzione cinematografica, musicale e televisiva: la DreamWorks.

  Tre anni più tardi, realizza il sequel di Jurassic Park, Il mondo perduto – Jurassic Park, che, avvalendosi di un rinnovamento di effetti speciali, incontra il favore del pubblico. Come già successo precedentemente, affianca a un film di intrattenimento un titolo più serio e drammatico. Stavolta, è il turno di Amistad, con Morgan Freeman, Anthony Hopkins e Djimon Hounsou, sul tema della schiavitù. Purtroppo, l’impegno del cineasta viene oscurato dalle aspre accuse da parte di tutta la comunità storica degli Stati Uniti d’America di aver distorto la verità e di non aver raccontato i fatti esattamente come sarebbero avvenuti. Amistad affonda, in pratica, in un oceano di bugie.

  Spielberg risponde a queste critiche con un altro film storico che raggiunge, ancora una volta, l’etichetta di capolavoro. Il 1998 è, infatti, l’anno di Salvate il soldato Ryan, girato con 70 milioni di dollari. La storia di un gruppo di soldati americani che rischiano la vita, durante l’Operazione Overlord, per salvare quella di un unico militare, vince ben cinque premi Oscar (fra cui quelli per la miglior regia). Il successo commerciale e della critica è totale e Tom Hanks, Matt Damon e Barry Pepper, membri del casto, balzano fra le star migliori di Hollywood.

  Nel 2001, ritorna alla fantascienza con A.I. – Intelligenza artificiale, che sfrutta la fama del bambino prodigio Haley Joel Osment e del sex symbol Jude Law in un progetto che doveva essere diretto dal defunto Stanley Kubrick. Il film è apprezzato dal pubblico, ma i critici dubitano fortemente che la storia di questo Pinocchio futuristico sarebbe stata girata in questo modo da un Maestro come Kubrick e accusano il regista americano di aver fatto un film noioso, troppo lungo e poco profondo.

  L’anno seguente, è ancora la fantascienza la principale protagonista dei suoi film. Esce Minority Report, basato su una storia di Philip K. Dick. Con Tom Cruise nelle vesti di poliziotto intrappolato nella logica di un sistema di giustizia penale e politica che autorizza l’arresto di assassini ancora prima che commettano in loro crimine, si mette in scena uno scenario complesso che gioca con alcuni temi cari alla tragedia greca e con altri legati alle problematiche di un immaginario mondo ultramoderno. L’idea è buona e graffiante e segna a prima collaborazione fra la più odiata star di Hollywood con il regista più sdolcinato di Hollywood. Collaborazione che si ripeterà nel 2005 con La guerra dei mondi, adattamento del romanzo di HG Wells.

  Nel frattempo, il vero attore feticcio di Spielberg, Tom Hanks, viene accoppiato a Leonardo DiCaprio nella commedia Prova a prendermi, divertente biopic del truffatore Frank Abagnale Jr. (che partecipò alla stesura del soggetto). Il pubblico apprezza. Prosegue per quella strada, due anni più tardi, con un nuovo film che avrà Hanks come protagonista: Terminal, vera storia di un immigrato bloccato in un aeroporto. Poi virerà verso il dramma con Munich, un soggetto un po’ controverso (i fatti tragici delle Olimpiadi del ’72) che sancisce un flop da 47 milioni al box office contro i 70 di budget. Non hanno aiutato il boicottaggio di varie associazioni sioniste e la presa di posizione del regista verso certi metodi dello stato israeliano.

  A questo punto, sente che i tempi sono maturi per prendersi qualche anno sabbatico e approfitta di questa tregua lavorativa per sviluppare un nuovo biopic che progettava da tempo: la vita di Abraham Lincoln, cominciando già a contattare Tom Hanks come possibile protagonista. Parallelamente, stende anche un nuovo progetto sci-fi, che sarà poi sceneggiato da Jonathan Nolan e che vorrebbe dirigere, ma ci ripensa e offre la cinepresa al fratello di Jonathan, Christopher che, nel 2014, porterà a termine il compito presentando al grande pubblico uno dei film più interessanti dell’anno: Interstellar. Nel contempo, affida a Michael Bay la saga di Transformers, producendo però delle conseguenze inaspettate. Convintosi che Bay sarà il suo erede artistico, non si rende però conto che il cinema di questo regista è completamente senza stile e che si basa unicamente su chiassosi effetti speciali, tralasciando la parte narrativa delle pellicole. L’intera sagra di Transformers, dopo essere stata denigrata dalla critica, viene lentamente snobbata anche dal pubblico e giudicata puro cinema trash. Al pubblico, insomma, non importa più della spettacolarità visiva del film: cerca una storia. Ma Spielberg imparerà la lezione solo dopo il 2008. Anno in cui, sperando in un effetto fans, resuscita Indiana Jones per un quarto capitolo cinematografico: Indiana Jones e il Regno del Teschio di Cristallo, ambientato durante la Guerra Fredda. La critica non è tenera con lui. Da molti, l’ultimo Indiana Jones è considerato inadeguato, nonché il punto più debole delle avventure dell’archeologo più famoso del cinema. In più, accusano Spielberg di aver abusato degli effetti speciali digitali e di aver puntato a uno script basato su gag poco convincenti e stupide. Il suo cinema, insomma, sta virando pericolosamente verso quello del suo allievo: Michael Bay. Il regista incassa il colpo.

  Nell’ottobre dello stesso anno, separa gli studi cinematografici della Paramount Pictures per creare un nuovo studio, con la partecipazione del gruppo di telecomunicazioni indiane Reliance ADA Group, e con l’intenzione di puntare tutto sulla produzione cinematografica. È un affare che occupa completamente il tempo del regista, il quale tornerà dietro la cinepresa solo nel 2011 con il suo primo film in 3D Le avventure di Tintin – Il segreto dell’Unicorno, basato sul famoso personaggio dei fumetti di Hergé, morto poco prima di concedergli i diritti dei suoi comics. L’idea è quella di progettare, con l’aiuto di Peter Jackson, una trilogia che sfrutti al massimo le ultime tecnologie per catturare i movimenti umani. Ma accantona per un attimo l’ambiziosa idea per presentare al pubblico il drammatico War Horse, adattamento del romanzo omonimo di Michael Morpurgo, che lui aveva considerato come il suo film da Oscar, ma che non si distingue minimamente fra i molti film candidati e viene accantonato per un più pensato e originale The Artist.

  A questo punto, si sente pronto per affrontare il famoso biopic su Lincoln. Ma invece di Tom Hanks sceglie Daniel Day-Lewis come protagonista e lo affianca a volti come quelli di Sally Field e Tommy Lee Jones. Il film, tratto dal libro “Team of Rivals: The Political Genius of Abraham Lincoln” di Doris Kearns Goodwin, evoca l’ultima parte dell’esistenza del 16° Presidente degli Stati Uniti e mostra la sua lotta per l’adozione da parte del Congresso del 13° emendamento: quello che aboliva la schiavitù. Dopo un’anteprima speciale per la Casa Bianca, il film incontra un notevole successo, ottenendo ben 12 candidature agli Oscar (vincendo quella per il miglior attore protagonista e sancendo così il terzo Oscar per Day-Lewis).

  Molti sono i progetti in ballo. Un altro film di fantascienza il cui costo di realizzazione però si rivela troppo elevato per le sue tasche. L’adattamento dell’autobiografia del cecchino Chris Kyle, che però lascerà in mano a Clint Eastwood, che firmerà così il suo American Sniper. Una serie tv basata sui videogames di “Halo”. Ma è solo con la spy story Il ponte delle spie (2015), ambientato durante la guerra fredda e scritto dai fratelli Coen, che tornerà nelle sale, scegliendo ancora una volta Tom Hanks come protagonista nei panni dell’avvocato James B. Donovan, assunto dalla CIA per rilasciare il pilota Francis Gary Powers. Mentre già nel 2016 annuncia Il gigante gentile, adattamento dell’omonimo libro per l’infanzia di Roald Dahl.

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