R Recensione

8/10

Fuochi d'artificio in pieno giorno regia di Yinan Diao

Noir
recensione di Fabio Secchi Frau

Cina settentrionale, estate 1999. L'ispettore Zhang indaga sul caso di un cadavere fatto a pezzi i cui resti vengono rinvenuti in diverse fabbriche di carbone della provincia. In seguito a un inaspettato conflitto a fuoco in cui perdono la vita due colleghi, rinuncia però a proseguire le indagini, e viene trasferito in una fabbrica come guardia di sicurezza. Nell'inverno 2004, Zhang è un uomo disilluso, psichicamente provato e facilmente incline all'alcool. Quando un suo amico poliziotto gli riferisce di un caso analogo a quello di cinque anni prima, Zhang vede la possibilità di affrontare i fantasmi del passato e riscattarsi come uomo.

L'ispettore Zhang Zili (Liao Fan) indaga sul caso di un uomo che è stato ucciso e poi smembrato. Messosi disperatamente a caccia del colpevole, non riuscirà a scoprire nulla e, dopo una sparatoria in cui perdono la vita dei colleghi, rinuncia all'indagine, chiedendo anche di essere trasferito in un altro dipartimento. Non può tenersi lontano dall'alcol e da uno stile di vita disordinato, sta colando a picco trascinandosi dietro la sua carriera in polizia, ma dopo cinque anni, un suo collega bussa alla sua porta e gli racconta di un nuovo caso del tutto analogo a quello che aveva affrontato. Zhang sente che è il momento giusto per ritornare a investigare e, stavolta, le ricerche lo portano dritto a una commessa in una lavanderia, la fascinosa Wu Zhizhen (Kwai Lun-mei), della quale si innamora perdutamente e con la quale comincia a stringere una sempre più intima relazione fino a quando la situazione inevitabilmente precipita, innescando irreversibili reazioni a catena per tutti. All'età  di 45 anni, Yinan Diao (vincitore con questo terzo lungometraggio dell'Orso d'Oro) mette a nudo, ancora una volta, l'immagine deformata che la Cina ha di se stessa (seppur non ci sia alcuna esplicita insinuazione politica), costruendo all'ombra di un thriller dalla struttura americana e di una love story un noir pietroso, claustrofobico e provocatorio sulla crudeltà umana, la sconfitta, il rancore, la disintegrazione e la scomparsa dei sentimenti. La narrazione, piena di concreta tensione, si frantuma e si ricostituisce, rimestando le parti, allacciandosi di volta in volta allo sguardo del protagonista da angolazioni diverse, inserisce a poco a poco informazioni e verità a una storia centrata sul sesso. Non si tratta di un giallo qualsiasi, ma di un vero e proprio puzzle di estrema saggezza, temperamento e piacevolezza notturna, dove sesso e morte coesistono e si incastrano per tracciare il quadro di una spaventosa catastrofe umana rappresentata dallo sguardo erotico della femme fatale e da quel corpo che emana un'atmosfera di lussuria, anche nella freddezza di un mondo diamantato dal ghiaccio della Cina del Nord-Est. Il gioco degli elementi che Yinan Diao utilizza per secretare, nascondere e imprigionare la soluzione del caso è assolutamente in armonia e in continua rotazione. Un po' come quando in certe ghost story non si comprende bene cosa voglia il fantasma dal protagonista e perchè infesti la sua casa. Allo stesso modo, sfruttando i principi di una letteratura classica del genere e sotto l'influenza di alcuni dei capolavori cinematografici che hanno scritto la storia del noir, l'autore affumica la vista dello spettatore con scene piene di pathos, per lasciare indietro la spiegazione del tutto. Eccellente la fotografia, dove sono stati aggiunti toni deliberatamente caldi in un carnet di colori invernali. Insomma, siamo di fronte a una detective story intelligente, sarcastica, fredda, intuitiva, che affonda i suoi denti in un paesaggio brullo fatto di miniere di carbone e di ciotole di pesce cotto, per fare paura, fra delitti, catarsi emotiva, peccati e, soprattutto, la bellezza del crimine. Da standing ovation la performance di Kwai Lun-mei.

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