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5/10

Un milione di modi per morire nel West regia di Seth MacFarlane

Comico
recensione di Tomas Bonazzo

Arizona, 1882. Albert Starck non segue troppo il suo gregge e le sue pecorelle finiscono sempre col smarrirsi per la città, al laghetto o sul tetto di casa sua. Albert, oltre a non essere un bravo pastore, è anche un pessimo pistolero, insicuro e molto dolce. Ed è proprio questa sua tenerezza che porterà Anna, da poco giunta in città, ad innamorarsi di lui. Sembrerebbe andare tutto per il verso giusto, se non fosse che Anna altri non è che la moglie del più spietato criminale di tutti i tempi, Clinch Leatherwood, deciso a vendicarsi dell'affronto subito.

Il creatore de “I Griffin” (The Family Guy), serie TV di cartoni animati nata in alternativa alla storica famiglia di omini gialli di Matt Groening (The Simpson), scrive, dirige e interpreta l'ennesima parodia del cinema western. Difficile, molto difficile. Morando Morandini ha più volte ricordato quanto “il western sia un genere impermeabile alla parodia” e non ha tutti i torti. L'esempio più clamoroso fu a pochi anni dalla morte definitiva del genere con Mezzogiorno e mezzo di fuoco (1974) di Mel Brooks, con ottime trovate e uno stralunato Gene Wilder; anche se, probabilmente, la parodia più riuscita è del milanese Bruno Bozzetto con West and Soda (1965), recentemente restaurato per l'edizione in DVD (sicuramente da recuperare).

Seth MacFarlane, invece, destrutturando e scardinando i cliché del genere western, monta una pellicola di due ore -forse troppe- schiava di un altro genere: quello sentimentale. Si ripropone lo stesso errore visto nel suo precedente lavoro. Ted, sotto la falsa spoglia di opera satirica, nasconde la sua vera indole: una stucchevole commedia romantica. E Un milioni di modi per morire West non si distanzia di molto. Abile miscuglio di linguaggio triviale e scenette mielate si mostra come un episodio eccessivamente allungato della serie de “I Griffin”. La regia è ordinaria e in qualche occasione si sbagliano i tempi comici. Molto nutrita è la schiera di volti noti che si sono prestati al servizio della comicità demenziale di MacFarlane: da Charlize Therone a Liam Neeson, da Giovanni Ribisi ad Amanda Sayfried. Parecchio gustosa è la scena in cui Christopher Lloyd riprende in chiave ironica il suo personaggio più celebre, Doc Brown, nel terzo capitolo di Ritorno al Futuro -quello ambientato, appunto, nel Far West-. Il vuoto della scrittura dopo la prima ora si percepisce e ci si interroga sul perché di un'altra ora. Si sorride, non si ride. Girato in New Mexico e costato 40 milioni di dollari ne ha guadagnati oltre 80 solo sul suolo statunitense, piazzandosi al terzo posto nel week-end di apertura dietro a Maleficent e X man: Giorni di un futuro passato. In attesa, ora, di altri lucrosi mercati.

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