V Video

R Recensione

7/10

Taken 3 - L'ora della verità regia di Olivier Megaton

Thriller
recensione di Tomas Bonazzo

L'ex-agente ed ex-marito, ma sempre padre devoto, Bryan Mills viene ingiustamente accusato di omicidio della sua ex-moglie Lenore, trovata in una pozza di sangue nella sua camera da letto. Bryan, difronte alla sciagura, non consegnandosi alle autorità, mette in moto una caccia spietata tra FBI, CIA e mafia russa per le strade di Los Angeles. L'unica a non aver mai dubitato di lui è la piccola Kim, sua unica figlia.

Scorreva un'aureo 2008 quando, un evento irreparabile modificò -nel bene o nel male- la vita di moltissime persone. Luc Besson e il suo fido collaboratore-sceneggiatore Robert Mark Kamen scrissero a quattro mani Io vi troverò (Taken-primo capitolo della trilogia), gettando le basi per la mitizzazione di un attore che fino a poco tempo prima l'Academy non si sdegnava di includerlo nella cinquina dei favoriti per un possibile vittoria: Liam Neeson. Il suo naso lapideo, la mole imponente (1,93 m) ma comunque non ipertrofica e i trascorsi giovanili nella box lo rendono il degno erede dell'action-thriller movie (ammesso che le Sue pellicole possano essere categorizzate). Attore poliedrico che, nel genere, ci si è infilato ormai in tarda età a differenza di numerosi suoi colleghi e, forse proprio per questo, uscendone come unico vincitore in una lotta “Senza esclusione di colpi”. Dottore smemorato in una Berlino inverdita (Unkown - Senza identità), cacciatore di lupi immischiato in faide col cul-de-sac (The Grey), agente alcolizzato su aerei di linea minacciati da kamikaze (Non Stop), la consacrazione dell'ex Michael Collins nell'olimpo avviene solo con una produzione francofona, sotto l'ala produttitrice di Besson, patron dell'inattaccabile quanto costosissimo Il quinto elemento. In un escalation di violenze contro la sua famiglia l'agente in pensione Neeson-Bryan Mills non si sottrae, anche nel terzo e ultimo (?) capitolo, alla sua più forte inclinazione: la ricerca. Il suo fiuto nel stanare malviventi, complotti, basi e arsenali criminali sfiorano l'incredibile e ci pongono innanzi un sottile interrogativo: ma se il suo fiuto fosse stato per la ricerca di tartufi, avrebbe avuto il medesimo successo? Chiaramente no. Il francese, ed ex giocoliere, regista Olivier Magaton (già alla regia del secondo capitolo e del curioso Colombiana) insedia definitivamente l'azione (nei precedenti la trasferta nel vecchio continente era d'obbligo) solo nella madrepatria U.S.A. Inusualmente il budget aumenta e, contro ogni previsione -mia e dell'intera Via Lattea-, aumentano gli incassi, superando sia quelli del primo, che del secondo capitolo. “Squadra che vince non si cambia”, anzi, si arricchisce. L'occhio pigro di Forest Whitaker colora e oscura professionalmente le vene attoriali dei comprimari (soprattutto Maggie Grace), anche se il suo continuo interpretare poliziotti sopraffini (La notte non aspetta, The Last stand – L'ultima sfida, Repoman) alla lunga annoia. Giustamente i critici di tutto il mondo lo rifiutano, lo scherniscono per l'assurdità delle situazioni, per l'inarrestabilità delle sue ferme, belligeranti opinioni e per i -non rari- vuoti narrativi; ma, in un climax crescente di violenza immotivata e scelte d'azione platealmente irreali, lo spettatore non può non rimanere basito-divertito da tali visioni, chiedendosi, durante lo scorrimento dei titoli di coda: a quando il quarto?

 

V Voti

Voto degli utenti: 1/10 in media su 1 voto.
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1

C Commenti

Non c'è ancora nessun commento. Scrivi tu il primo!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.