V Video

R Recensione

5/10

Maleficent regia di Robert Stromberg

Fantasy
recensione di Carlo Danieli & Alessandra Graziosi

Ricordate la celebre versione disneyana del 1959 della favola di Perrault, intitolata La bella addormentata nel bosco? Bene, dimenticatevela. Ben 55 anni dopo la Disney torna sui propri passi e ripropone la celebre fiaba raccontata dal punto di vista della fata malvagia, Malefica (da cui il titolo Maleficent). Capovolgendo tutto. Il nuovo cattivo diventa Re Stefano, che al comando del Regno degli umani cerca in tutti modi di distruggere l’idilliaco regno della Brughiera, protetto proprio da Malefica. C’è da dire che i due prima erano stati perfino amanti, fino a quanto Stefano, per diventare re, attraverso un inganno ha tagliato e rubato le ali a Malefica, impendendole di continuare a volare e privandola così di uno dei suoi poteri maggiori. Il tradimento costa al re un terribile maleficio pronunciato dalla fata: la sua unica figlia Aurora, al compimento del sedicesimo anno di età si pungerà con un ago e cadrà in un sonno eterno. Ma succede che Malefica si affeziona alla piccola Aurora, nel frattempo allevata in una casa sperduta nel bosco. Se le stranezze vi sembrano tante sappiate che questo è solo l’inizio. È ed meglio non andare oltre. Diremo solo che il principe, il drago e le fatine buone ci sono tutti, solo che con una forma leggermente (!) inedita.

Carlo Danieli (voto: 3)

La rivisitazione delle fiabe classiche già state cartoni, è un’operazione che la Disney ha inaugurato nel lontano 1996 con La carica dei 101 (tutto sommato aderente all’originale), è proseguita nel 2010 con lo strampalato Alice in Wonderland, fino ad arrivare, anno 2013 a Il Grande e potente Oz, per la verità mai stato cartone. Se consideriamo le altre case di produzione come Universal e Warner Bros, solo per citare le più famose, ecco che le rivisitazioni di grandi fiabe classiche è diventata una moda dell’ultima Hollywood, con titoli strampalati tutti dimenticabili come Biancaneve, Biancaneve e il cacciatore, Cappuccetto rosso sangue, Hansel e Gretel e la strega della foresta nera, tanto per fare qualche esempio. Tornando al nostro Maleficent, possiamo subito dire che la nuova operazione soprattutto commerciale targata Disney, costata ben 230 milioni di dollari, è in realtà una colossale mostra del ridicolo. Nonché un insulto gratuito alla versione originale. La trama è completamente farlocca, con la protagonista, Malefica, prima fata buona, poi malvagia, poi di nuovo buona (nemmeno le donne nel periodo della menopausa cambiano così spesso umore). Visto che si tratta, almeno nelle intenzioni del regista, di un personaggio che rappresenta il Bene potevano almeno fare lo sforzo di cambiarle il nome, ma tant’è. Quello che lascia ancor di più senza parole è lo sviluppo improbabile e del tutto campato in aria del rapporto tra Aurora e Malefica stessa, con quest’ultima che viene chiamata dalla futura “addormentata” con l’appellativo di “fata madrina”. Non si capisce poi come mai Malefica, subito dopo aver scagliato il sortilegio, decide di prendersi cura della creatura che ha appena maledetto, la piccola Aurora (sensi di colpa forse?), proteggendola da tutti pericoli in cui incorre. Pericoli ai quali va incontro a causa soprattutto dell’inettitudine delle fatine che dovrebbero preoccuparsi di lei (fra l’altro anche queste descritte con patetica insulsaggine) Fatine che pure le avrebbero fatto i famosi doni della bellezza, intelligenza e felicità. Dei quali, vi è da dire, nella piccola Aurora non vi è traccia. Il regista infatti ci consegna una “bella addormentata” completamente idiota, che ride senza motivo, stucchevole ed in preda ad una perenne ed inspiegabile felicità. Per non parlare della figura che fa il povero Filippo, ridicolizzato tanto da farlo apparire come lo scemo della situazione. Insomma che sia l’esordiente Stromberg (regista), che siano Paul Dini, Linda Woolverton e John Lee Hancock (sceneggiatori), o che sia la produzione stessa, nessuno ne azzecca una. Tralasciamo ulteriori critiche, come la pessima scenografia scopiazzata alla meno peggio da Avatar e le mediocri prove di tutto il cast. Cosa rimane? Ben poco. Certo, qualche scena è pure azzeccata, ma nel complesso è un film inutile e noioso, irritante e completamente vacuo. La domanda che sorge spontanea di fronte ad un film del genere questa: perché? Mera operazione commerciale o tentativo malriuscito di creare un cult? Forse non lo sapremo, di certo il nome più azzeccato per questa paccottiglia poco ispirata sembra essere Maldeficient più che Maleficent.

--------------------------------------------------------------------

Alessandra Graziosi (voto: 6)

Ecco al cinema l'ennesimo remake di fiabe, in particolar modo di fiabe già portate sul grande schermo della Disney, stavolta La Bella Addormentata nel Bosco del 1959, a sua volta ripreso dalle versioni della fiaba di Perrault e dei Grimm. Premettiamo che ovviamente, già da decenni prima di Maleficent, è sempre stata consuetudine del gigante Disney stravolgere addolcendo le fiabe della tradizione, ma almeno nel vecchio classico ci si era degnati di mantenere intatta l'ancestrale fiabesca dicotomia tra la donna giovane (Aurora) e la donna matura/madre putativa/madrina degenere (Malefica). Ciò ovviamente non poteva oramai accadere in Maleficent, dopo che si era già visto (come in Biancaneve di Tarsem Singh) come rispettare il contrasto comportava coerenza ma anche discrete chance di fallimento per un remake: Maleficent segue invece imperterrito la stessa ricetta di rilettura simil-femminista di Frozen e - non a caso, visto che la cosa va di moda - si va già immettendo nella sua larga scia di successo, sia negli Usa, sia in Europa e in Italia.

Al contrario della preziosità, finezza e coerenza che poteva avere La Bella e la Bestia di Christophe Gans, Maleficent sceglie la strada opposta, rimischiando le carte in tavola e cambiandole a piacimento, quasi si trattasse di un romance con risvolti a sorpresa e il resto, il contesto, sia di contorno.

Mentre di norma la fiaba è una sorta di rappresentazione delle paure di un giovane/una giovane nel passaggio da infanzia ad adolescenza e maturità, con raggiungimento finale del distacco rispetto alla vecchia generazione spesso mostruosamente e appunto "maleficamente" trasfigurata (non perché è "cattiva in sé", o incattivita dal male subìto, cattiva semplicemente perché simbolo di figure familiari di ostacolo alla maturazione dell'adolescente se onnipresenti e tiranniche): qui al contrario può realizzarsi invece il regno delle ragazze che non si curano di staccarsi dal calore del ventre materno. Al massimo si può fare a meno di un padre, o di un principe, ma "la mamma (qui da sempre vista nella sua controfigura di madrina degenere, visto il suo lato cattivo) è sempre la mamma" e il suo beneplacito assoluto appare al contrario elemento totalmente indispensabile alla felicità e alla realizzazione di una fanciulla. Questa, la nuova morale della fiaba: l'esatto opposto dell'originale e del classico significato di percorso di iniziazione nel mondo degli adulti che hanno le fiabe.

Complice di tutto ciò è probabilmente la stessa divina rinomata bellezza della protagonista star Angelina Jolie, vero punto vitale del film, sia per bravura, sia per il ruolo "metafilmico" che l'attrice viene a ricoprire nel film: quante migliaia di ragazzine, ma anche adulte, si trovano in uno stato di odio e al tempo stesso adorazione della sua figura, temendola, invidiandola ma apprezzandola al tempo stesso?

Un analogo gioco di marketing è stato in passato sfruttato da Biancaneve e il Cacciatore, con risultati però nel complesso più convincenti per quanto riguarda il rapporto tra villain/matrigna (Charlize Theron) e giovane protagonista (Kristen Stewart).

Maleficent insomma non convince, al contrario delude, propondendoci spiegazioni – in più rispetto al classico Disney - banali, non necessarie e personaggi secondari insignificanti, se non a volte ai limiti del ridicolo: l'unico del cast che riesce a salvarsi dalla piattezza sembra essere il Fosco interpretato da Sam Riley, per il resto gli altri soccombono quasi dinnanzi all'aura emanata da Angelina Jolie, la quale risulta in grado di giostrarsi molto bene, pur tra le difficoltà che il rivisitato personaggio di Malefica pone nel film, reggendone in pratica il peso tutto sulle sue spalle e sulla sua recitazione.

Per quanto riguarda l'aspetto spettacolare e visivo non c'è invece nulla da ridire: del resto nella giostra di registi usciti e entrati nella produzione di Maleficent, alla fine la regia è toccata in sorte a Robert Stromberg, famoso ed eccellente supervisore di effetti visivi e scenografo. Lì dove la spettacolarità del film pare risvegliare i sensi, c'è sempre poi però a fare da contrappeso la pesantezza di dialoghi poco significativi, di una narrazione che tende ad essere a suo modo lenta, di un montaggio che permette un alternarsi indistinto di ritmi e toni troppo differenti.

Ne esce infine il classico prodotto di intrattenimento contemporaneo: spettacolare, mix più o meno digeribile di varie storie e correnti di pensiero, ricucito insieme nelle sue incoerenze fino al raggiungimento della sufficienza e della decenza: il classico film adatto a sbancare il botteghino, ma che al tempo stesso risulta poco memorabile.

V Voti

Voto degli utenti: 2,3/10 in media su 3 voti.
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1

C Commenti

Non c'è ancora nessun commento. Scrivi tu il primo!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.