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5/10

The Green Hornet regia di Michel Gondry

Azione
recensione di Allegra Mistretta

Jack Reid, editore del quotidiano "The Daily Sentinel" di Los Angeles, muore misteriosamente a causa di un'allergia ad una puntura di ape, lasciando nelle mani dell'irresponsabile figlio Britt una cospicua eredità. Ritrovandosi così in mano la gestione dello studio del padre, Britt sfrutterà il quotidiano per poter diffondere la leggenda di "The Green Hornet", supereroe dalla mascherina verde (ma niente tutina) da lui impersonato in incognito con il sostegno di Kato, brillante meccanico del padre. Nonostante la pessima fama di Green Hornet, visto dai media più come un criminale che come un salvatore di innocenti, i due andranno incontro ad una serie di peripezie puntando come finale obiettivo della loro missione la sconfitta del mafioso russo locale Chudnofsky, sulle cui orme stava già indagando il padre di Britt.

Per molti sarà quantomai improbabile immaginare il francese Michel Gondry alla regia di un lungometraggio inserito nel genere dell'action movie. Eppure, l'acclamato regista di Eternal sunshine of the spotless mind (titolo che preferisco riportare in inglese, considerata l'ignobile traduzione della versione italiana in "Se mi lasci ti cancello") e di pellicole minori, ma ben apprezzate dagli estimatori del suo tipico stile onirico e visionario (già emerso ai tempi della direzione di svariati video musicali e pubblicità), come Human Nature e L'arte del sogno ha deciso di dare una (temporanea, mi auguro io come tanti altri) svolta al percorso intrapreso fino ad adesso, per fiondarsi a capofitto nell'inesorabile pantano delle pellicole commerciali dei supereroi dei fumetti. Gondry ci ripropone infatti un personaggio cult americano in chiave di lungometraggio cinematografico, "Il Calabrone Verde" di un serial radiofonico (ed in seguito cinematografico, che consacrò Bruce Lee agli occhi del pubblico) diffusosi negli anni '40 contemporaneamente alla creazione di una serie di fumetti che si è sviluppata fino ai giorni nostri. Il lungometraggio mantiene il nome inglese The green hornet, a differenza della traduzione in italiano sfruttata nei media degli anni passati; il doppiaggio italiano è infatti costretto a giustificare questo cambiamento con il "suono migliore" della pronuncia inglese, su proposta di Britt Reid durante una riunione alla sede del quotidiano riguardo alle prime vicende riportate circa il personaggio.

Il supereroe che ci viene presentato è anticipatore di pochi anni della Golden Age dei fumetti iniziata con Superman: dietro al classico tema della doppia vita del supereroe (nel caso del Calabrone Verde, di giorno editore e di notte combattente del crimine) vi è una caratteristica peculiare, proposta dallo stesso Britt Reid (un dimagrito Seth Rogen) al compagno di avventure Kato (Jay Chou), che lo rende una sorta di "antieroe": la proposta di Britt è infatti quella di spacciare ai media le loro buone azioni sotto mentite spoglie come veri e propri atti criminali. A rafforzare questa tesi è il confronto tra Britt, nelle vesti del Green Hornet, e la sua spalla Kato; già nella prima parte del film è quest'ultimo ad emergere come la vera mente della coppia, grazie alle sue conoscenze di meccanico con competenze tecnologiche di rilievo (costruirà la Pantera Nera, un'automobile dalla carrozzeria infrangibile e ricca di optionals di ogni tipo, tra cui delle lame rotanti che fuoriescono dai cerchioni) e le sue doti nelle arti marziali. Britt si svela quindi la metò "di facciata" del duo, oscurando l'asiatico compagno per tutta la durata del film che, per temi e genere, forse esagera in durata (due ore spaccate).

Unico vero salvatore del lungometraggio è l'austriaco Christoph Waltz, che interpreta Chudnofsky. Dopo la tripletta di BAFTA, Golden Globe e Premio Oscar come miglior attore non protagonista per l'interpretazione del villain Hans Landa in Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino, Waltz viene arruolato nel cast (soffiando il ruolo rifiutato da Nicolas Cage per la sua non accolta volontà di interpetare un criminale dall'accento giamaicano - sì, possiamo tirare un sospiro di sollievo: poteva andare molto peggio) per interpretare il potente mafioso russo dai dubbi gusti estetici in fatto di abbigliamento, caratteristica che, unita all'età ormai non più giovane del personaggio ed alla difficoltà nella pronuncia del suo nome (che storpierà più avanti nella ridicola variante "Sanguinofsky", con tanto di vestito rosso e frase da pronunciare per incutere timore alle proprie vittime prima di farle fuori - la ridicola "Che sia del mio vestito o del tuo sangue, il rosso sarà l'ultimo colore che vedrai"), susciterà svariate osservazioni da parte dei suoi scagnozzi e di altri personaggi.

Nel cast del film è presente anche Cameron Diaz, nelle vesti di Lenore, la sveglia segretaria di Britt nel suo studio della sede del The Daily Sentinel, con studi di giornalismo alle spalle che la porteranno ad essere l'inconsapevole pianificatrice delle azioni di Green Hornet e compagno attraverso le ricerche richiestegli dallo stesso Reid, con la scusa di cercare scoop circa le presunte malefatte del misterioso personaggio mascherato.

Gondry non può eccellere in un genere di pellicola simile (certo, manca anche il tocco elegante ed introspettivo di Charlie Kaufman, che ha affiancato Gondry nelle sceneggiature dei succitati Eternal sunshine of the spotless mind e Human Nature) e riesce ad inserire giusto qualche sprazzo più creativo e visionario verso la fine che però non è sufficiente a salvare la pellicola dalla mediocrità, che non affonda solo grazie all'indiscussa abilità recitativa di Waltz nonché di quella dell'amico di Rogen James Franco, presente in un cameo non accreditato all'inizio del film nelle vesti del malavitoso proprietario di un locale notturno che Chudnofsky è intenzionato a controllare; nei suoi soli cinque minuti di durata è considerata da gran parte della critica l'unica parte esilarante della commedia. Per il resto ci sono soltanto una manciata di effetti speciali, tecniche di slow-motion nelle scene di combattimento ed una trafila di battute che convincono poco.

Mi auguro, e come me tanti altri, che un regista del suo calibro si riscatti in fretta senza rimanere intrappolato nella melma del cinema americano più commercialotto; non resta altro che sperare che la stramba trama de L'ecume de jours, che uscirà in Francia per fine aprile 2013, lo riporti sulla retta via.

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