A Piazza Fontana e il mito della strategia della tensione di Massimiliano Griner

Piazza Fontana e il mito della strategia della tensione di Massimiliano Griner

Pubblichiamo questo articolo come contributo riguardante il dibattito sulle questioni extracinematografiche affrontate nel film Romanzo di una strage di Giordana offrendo un commento su una lettura della strage e della strategia della tensione opposta a quella sostenuta da Giordana che ha ispirato il suo film alla ricostruzione elaborata da Paolo Cucchiarelli nel libro "Il segreto di piazza Fontana". Il punto nodale del libro di Cucchiarelli è l'esistenza della doppia bomba di cui una a basso potenziale che doveva scoppiare a banca chiusa e che era stata messa da Valpreda ed un'altra ad alto potenziale che scoppia a banca aperta e che era stata messa dai neofascisti di Freda:

La tesi di fondo dell'autore è quella che le stragi accadute in Italia nel dopoguerra non siano affatto il frutto di una strategia unica ma il semplice susseguirsi di azioni autonome e indipendenti. Per accertare l'ipotesi che a sovrintendervi possa esserci stato un disegno generale egli individua tre presupposti: la strage di piazza Fontana doveva essere voluta, il piano per addossare agli anarchici la colpa doveva essere preventivamente predisposto, i depistaggi sulle indagini dovevano essere sistematici. Gli ultimi due punti risultano ragionevoli, il primo lo è meno in quanto l'esplosione di una bomba in un luogo pubblico ha un proprio potenziale terroristico anche nel caso in cui sia pianificata per esplodere in orari in cui non faccia vittime (all'autore sarebbe bastato ricordare le bombe piazzate dalla mafia del '93, che per la loro collocazione non miravano a fare morti ma di cui nessuno dubita che facessero parte di una strategia).

Tuttavia, anche volendo seguire lo schema proposto dall'autore, egli non trova nessuna prova, nessun indizio nuovo, nessun ragionamento davvero convincente per dimostrare che effettivamente la bomba fu piazzata senza mirare all'uccisione di persone. L'unico flebile indizio che ripropone è che la bomba scoppia ad un'ora in cui la banca sarebbe dovuta essere chiusa ma egli stesso ricorda che di Venerdì era consueto che a quell'ora ci fossero persone nella banca. Dunque dobbiamo pensare che gli autori della strage non avessero fatto neppure una settimana di ricognizione? Senza parlare poi dell'ipotesi che la (o una delle) bomba fosse stata innescata da un miccia, nel qual caso la consapevolezza della strage sarebbe stata ovvia.

Anche sugli altri due punti l'autore non porta nessun serio sostegno alla sua tesi ma solo deboli ragionamenti basati su personalissimi e poco convincenti deduzioni. Quali ad esempio il fatto che in merito alla bomba di piazza Fontana non fosse del tutto assurdo indagare sugli anarchici, che comunque la pista nera fu presto imboccata, che in alcuni casi il depistaggio non funzionò, che in altri casi fosse funzionale anche ad altri fini, quali l'occultamento di Gladio. Insomma, niente di serio, niente di nuovo.

E non serve a smuoverlo da questa posizione la consapevolezza che tutte le stragi fossero fasciste, che tutte godettero da subito di protezione e di supporto logistico di forze di governo e servizi segreti italiani ed esteri. Griner preferisce credere che le gesta dei terroristi fascisti fossero prevalentemente autonome, senza chiedersi come potessero scattare nell'immediatezza le protezioni dei servizi se quelle azioni non fossero state con questi preventivamente concordate.

Per avvalorare questa convinzione si dilunga anche in una esposizione delle teorie fondative dei vari gruppi fascisti, quasi a volerne ribadire una dignità che mal si concilierebbe con il ruolo di gregari del più becero atlantismo. Invece che inseguire il suo intuito, Griner potrebbe fondare le sue elucubrazioni sulle risultanze processuali che ben evidenziano lo stretto rapporto tra i servizi e le stragi; sarebbe meno di una personale scoperta ma sempre più di una suggestione.

Con lo stesso metodo vengono esposti anche tutti gli altri fatti, dalla morte di Pinelli alla rivolta di Reggio del 70, passando per la strage della questura di Milano del 73, aderendo alle interpretazioni più funzionali al suo teorema, ma sempre in modo totalmente inconvincente, almeno per chi non sia già aprioristicamente e irrealisticamente convinto dell'autonomia delle imprese terroristiche della destra italiana.

Alcune contraddizioni logiche o imprecisioni presenti nel libro sono comunque irrilevanti al fine del giudizio complessivo, in quanto l'operazione non si distingue per la sua razionalità e neppure per la documentazione, rimanendo, sui nodi cruciali, sul piano della mera suggestione che è un buon ingrediente per la poesia ma lascia sgomenti quando produce una lettura storica che lascia fuori dal banco degli imputati i livelli più alti (le intelligenze che pianificarono la strategia) dei responsabili del più sanguinoso periodo della recente storia italiana.

Con buona pace di Griner, in Italia la strategia della tensione è esistita, non è un mito ma una drammatica realtà ed è bene che i cittadini più consapevoli ne siano consci affinchè questa storia non si abbia a ripetere, in special modo in un momento come questo di grande e crescente crisi economica e politica.

 

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