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7/10

Il Sol Dell'Avvenire regia di Gianfranco Pannone

Documentario
recensione di Alessandro Pascale

Sulla scia dei movimenti del ’68 un gruppo di ragazzi di estrazione comunista, anarchica, socialista e cattolica dà vita ad una comune “rivoluzionaria” nel centro di Reggio Emilia. È l’esperienza dell’Appartamento, da cui uscirà il nucleo fondatore delle Brigate Rosse (tra cui è qui presente Alberto Franceschini, oltre ad altri semplici “aderenti” come Loris Paroli e Roberto Ognibene) ma da cui passarono anche individui che seppero incanalare quell’esperienza lungo i binari della politica istituzionale (Paolo Rozzi, oggi nel PD) e sindacale (Annibale Viappiani). Pannone raduna questi idealisti e sognatori a distanza di quarant’anni radunandoli attorno a una tavola imbandita per catturarne i dialoghi e i ricordi, ricostruendo i fatti anche con le testimonianze di Corrado Corghi (ex dirigente della Democrazia Cristiana) e Adelmo Cervi, figlio di Aldo, uno dei sette fratelli-partigiani-comunisti uccisi per contrappasso dai nazifascisti nel 1943.

Dicono che quando Sandro Bondi, ministro dei beni e delle attività culturali nonché poeta a tempo perso, ha visto il film-documentario di Pannone al festival di Locarno sia uscito sbraitando qualcosa sul fatto che non fosse possibile usare soldi pubblici per finanziarie schifezze del genere. Probabilmente gli stava sul groppone l’aver pagato indirettamente un gustoso pasto casereccio a un manipolo di movimentisti sinistroidi (di cui buona parte terroristi-combattenti). Io fossi in Franceschini invece mi chiederei se non valga la pena riprendere in mano le armi piuttosto che accettare un governo in cui Bondi è ministro dei beni culturali…

No beh, scherzi a parte è ovvio che la materia affrontata da Pannone fosse alquanto delicata ma tanto più legittima, in quanto era ed è tuttora fondamentale fare un po’ di chiarezza sui caratteri peculiari non solo dell’humus socio-culturale dei terrorismi “rossi” degli anni ’70, ma anche sui movimenti stessi postsessantottini da cui gruppi come le Brigate Rosse hanno tratto linfa. Ne emerge un quadro nitido e affascinante, in cui si spiegano le ragioni che hanno potuto portare a prendere in pugno le armi per risolvere da sé quello che molti sembravano aver dimenticato. Il nemico dichiarato in tal caso è paradossalmente il Partito Comunista Italiano, reo di non aver portato a termine il progetto della Resistenza, tradendo così la memoria dei tanti compagni caduti nella lotta.

E tra questi anche quelli di Genova nel 1960, quando la gente manifestò pagando col sangue contro l’MSI e il governo Tambroni. Colpevole pure di essersi irrigidito culturalmente al punto da essere individuato come un corpo estraneo alla cultura giovanile identificatasi con l’ideale della Rivoluzione. Pannone alterna sapientemente estratti di interviste a fotografie d’epoca, riprese “rubate” di momenti di vera commozione e foga a brevi comparsate musicali degli Offlaga Disco Pax, cui è affidata gran parte della colonna sonora (con particolare risalto dato al loro cavallo di battaglia Robespierre).

Il giudizio è quindi positivo sia per il contenuto (reso leggero anche dalla minima durata) che per la forma, alquanto accattivante pure nei ritratti “americani” con cui vengono immortalate le figurine di anzianotti ormai imbelli che a guardarli ci si chiede come abbiano fatto a tenere in scacco per anni uno Stato pur disastrato come il nostro. Ma lotta armata a parte una lacrima di nostalgia e di simpatia non può non scorrere per l’incantevole piazza Lenin di Cavriago, con tanto di statua del leader sovietico. Tra falci e martelli ovunque e quartieri dove il PCI prendeva il 74% per cento, si può anche capire come un gruppo di giovincelli scalmanati abbia considerato quel partito troppo moderato. Certo che a ripensarci oggi a una situazione del genere fa male al cuore… Troppo spudoratamente di parte sta recensione? Sì in effetti non avete tutti i torti...

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