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R Recensione

7/10

Carlos regia di Olivier Assayas

Azione
recensione di Alessandro Pascale

La storia romanzata di Ilich Ramírez Sánchez, detto Carlos, un terrorista marxista e mercenario venezuelano, dai primi attentati nel 1973 fino al suo arresto nel 1994.

(la presente recensione è stata svolta sulla visione della versione cinematografica “inglese” di 165 minuti. È bene quindi tenere presente che Carlos nasce come miniserie di tre episodi, per un complesso di 330 minuti)

Carlos appare di fatto una splendida sintesi tra due opere che hanno segnato il cinema biografico-politico contemporaneo: La banda Baader Meinhof da un lato il doppio “Che” di Soderbergh dall'altro.

I due film di Soderbergh dedicati alla figura di Ernesto Che Guevara rappresentavano rispettivamente l'ascesa (Che L'argentino) e il declino (Che Guerrilla) del combattente argentino, riuscendo a raggiungere gli apici emotivi e narrativi nel primo episodio, sulla scia delle gloriose vittorie rivoluzionarie.

Alla stessa maniera Carlos (impersonato da un sorprendente Edgar Ramirez, premiato con un César come miglior promessa maschile) presenta una prima parte in cui il richiamo al Che è palese sia per lo sfondo storico ed il linguaggio utilizzato, sia soprattutto per l'evidente ricerca di una somiglianza fisica, stilistica e simbolica. Chiaramente però emerge netto il distacco tra le foreste di Cuba e della Bolivia rispetto alle lotte armate condotte tra le metropoli europee. Qui diventa essenziale il richamo a La banda Baader Meinhof, di cui peraltro vengono riproposti richiami ed eco molto forti.

Come Che L'Argentino e l'inizio de La banda Baader Meinhof, Carlos presenta una prima parte eccezionale, in cui l'intreccio narrativo si svolge fluido, lineare, coeso, fondato su una fotografia d'autore, su scenografie e costumi accattivanti (quali sono quelli della controcultura europea degli anni '70) e su una colonna sonora a tratti straripante.

Come entrambe le opere citate però nella seconda parte Carlos cala nettamente, a tratti si perde. Il filo narrativo si rompe spesso e si avanza a scossoni, in maniera spesso confusa e disordinata.

Pesa probabilmente troppo la scelta del montaggio rispetto alla versione integrale dell'opera (che, ricordiamo, è di 330'). Ciononostante rimane evidente e lampante come la rappresentazione del declino del protagonista, non riesca a prendere la piega grottesca, eroica e cripto-religiosa che caratterizzava le opere di Soderbergh e di Uli Edel e non solo (si potrebbe citare anche la lunga trafila di precedenti “di genere”, da Prima Linea di Renato De Maria a La terza generazione di Fassbinder). Quello che risulta infatti è un declino asfittico, inerziale, privo di qualsiasi spunto e riflessione decisiva.

L'interesse rimane catturato dalla capacità di creare personaggi, dialoghi e situazioni avvolgenti, nonché dalla capacità di ritrarli con una regia vivace e degna del miglior cinema d'azione in circolazione. È indubbio però che questa “riduzione” di Carlos si perda molto per strada, mancando l'obiettivo di rendere giustizia al Golden Globe vinta per la miglior miniserie del 2011. Peccato perchè il materiale girato è davvero eccellente. Tanto vale dunque guardare la miniserie per intero.

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