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9/10

Indivisibili regia di Edoardo De Angelis

Drammatico
recensione di Leda Mariani

A settembre è uscito in tutte le sale d’Italia Indivisibili, un interessante dramma di Edoardo De Angelis, sorprendente regista di film molto diversi, come Mozzarella Stories (2011) e Perez (2014), al suo terzo lungometraggio. Il film racconta, in un casertano totalmente trasfigurato, ed estremamente elegante nel suo essere gelido, sintetico e fuori dal tempo, la conquista di libertà ed indipendenza da parte di Viola e Daisy, due gemelle siamesi strumentalizzate dalla loro famiglia, chiaro omaggio alle Daisy e Violet Hamilton di Freaks, di Tod Browning.

Quella delle due sorelle è la storia di una separazione e lacerazione fisica ed emotiva, naturale conseguenza della crescita, ben espressa nell’estrema fisicità del rapporto raccontato dal film. Flirtando con il grottesco ed il surreale, in un ambiente contaminato da credenze popolari ed ignoranza, la vicenda delle giovani madonne della canzone napoletana, fenomeni da baraccone di Castel Volturno, racconta uno sviluppo necessario e difficile.

Il film è stato presentato al MFF di Milano, al Festival di Venezia nella sezione Giornate degli Autori, è stato estremamente apprezzato a Toronto, alla Casa del Cinema di Roma e al PÖFF di Tallin, e ovunque ha suscitato le medesime reazioni, ed emozioni, riuscendo a raccontare, anche se in un ambiente estremamente caratterizzato, sentimenti universali.

Daisy e Viola, rispettivamente Angela e Marianna Fontana - in questa pellicola al loro incredibile esordio cinematografico - tendono a sottrarsi alla ribalta, inseguendo una normalità priva di riflettori. La psicologia delle gemelle di fantasia è stata molto influenzata da quella delle attrici, che per il film si sono preparate moltissimo, a livello attoriale, fisico, ma anche di scrittura cinematografica, collaborando con il regista nella rifinitura dei personaggi, dinamica che peraltro ha fortemente contribuito a regalare al film una patina di particolare realismo. Le Fontana si sono sottoposte ad un lungo periodo di esercizio unite da una protesi fisica di silicone che le fondeva in un solo corpo, creata dagli specialisti di Makinarium (autori degli effetti speciali di Il racconto dei racconti, di Matteo Garrone). Le sorelle indivisibili si conquistano la possibilità di affermare la propria identità e lo fanno fuggendo dal reality perenne a cui la famiglia le sottopone: un percorso antitetico rispetto a quello tanto agognato dalle ragazzine di oggi, che cercano la ribalta e l’esposizione continua.

Ma il film ovviamente non parla solo dell’evoluzione esistenziale di due adolescenti, ed è molto più complesso e sofisticato nel trattare l’argomento della superstizione, sfruttata - come uno dei tanti strumenti psicosociali possibili, e sovente in particolare vicinanza al mondo della religione - per manipolare una popolazione povera e disperata, raccontandoci un Sud Italia che ancora esiste e che vive quotidianamente il feroce dramma del bisogno, della xenofobia e delle brutture ed usurpazioni morali e fisiche che la nostra società produce e coltiva, spingendo alla creazione di inutili bisogni (la casa della famiglia ne è l’emblema fisico: piccola, condivisa, piazzata in un luogo ameno ed imbruttito, se non violentato, ma allo stesso tempo ricolma di inutili strumenti tecnologici all’avanguardia).

Una pellicola che racconta anche il capolinea dell’arte, in una prospettiva post apocalittica che vede anche musica e poesia, forme perfette dell’evocazione artistica e morale, piegarsi al consumo più vile: declassate a strumenti di puro guadagno, o di nichilista sfogo esistenziale.

Dal mio punto di vista un piccolo gioiello. Un film affascinate e violento in una maniera tutta particolare, un’allegoria che è anche realismo estremo e che va ad unirsi a tutta una serie di lavori che disegnano una nouvelle vague del Centro-Sud che ancora sa raccontare, tra commedia e tragedia, la sua stessa natura.

V Voti

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alexmn 8/10

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