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6/10

Walesa L'Uomo della Speranza regia di Andrzej Wajda

Biografico
recensione di Gianluca Bonanno

Le vicende di Lech Walesa dagli scioperi degli anni '70, la fondazione di Solidarnosc, alle libere elezioni.

Pensato come il terzo capitolo di una trilogia dal regista Wajda, l'uomo dei sogni è dedicato all'ascesa di Lech Walesa, uomo centrale nella transizione alla democrazia polacca, ma anche nello scacchiere mondiale precedente la caduta del muro. Le vicende biografiche di Walesa sono mediate dalla cornice di una famosa intervista rilasciata a Oriana Fallaci (Rosaria Omaggio) precedente la concessione delle libere elezioni in Polonia che portarono Solidarnosc in parlamento, durante gli scioperi di Danzica. L'intervista sebbene molto ridotta (l'originale durò 4 ore), è calata nella sceneggiatura senza riscritture, aumentando la realtà di essa anche grazie all'ovvio inserimento di materiale d'archivio della Polonia di quegli anni. L'opera evita ogni controversia o riflessione postdatata sull'iter politico che portò la Polonia da paese comunista a democrazia europea capitalista, mostrando come la figura di Walesa sia perfettamente assorbita dal discorso nazionale della Polonia di oggi. Walesa viene ritratto parimenti negli scioperi, ai tavoli di trattativa del governo, e nel suo privato con la moglie Danuta costruendo sì un personaggio più rotondo, ma questa operazione di completa fluidità fra l'uomo in famiglia ed il leader carismatico dimostra come il leader di Solidarnosc faccia parte della mitologia nazionale, anche col suo privato, cellula in scala dello stato nazione. La sequenza domestica dell'invasione mediatica di casa Walesa, con il salone che diventa ufficio stampa del movimento serve agli autori a due scopi. Oltre che ovviamente sottolineare l'intuito del leader polacco nel comprendere il carattere immateriale e mediatico con cui le rivoluzioni moderne devono certamente fare i conti, dando una coloritura homemade al terremoto Solidarnosc, quando i giornalisti vengono cacciati su ordine di Danuta, figura l'ennesimo territorio da difendere ad ogni prezzo, stavolta il focolare del privato. Anche la sequenza della carrozzina (qui ogni riferimento a cineasti sovietici è davvero casuale) che vede Walesa arrestato dalla polizia per propaganda antirivoluzionaria per aver nascosto volantini in essa, coniuga micro e macro Storia senza grumi. Quindi sul doppio livello pubblico/privato, necessario alla narrazione del leader per la sua appartenenza popolare, sceneggiatore e regista costruiscono un mito coerente, di una rivoluzione riuscita forse, continuando con malizia su questa linea, perchè guidata da un uomo che non ha perso mai i valori della famiglia, che viene sempre prima di patria decostruendo la nazione. Quella di Solidarnosc è una rivoluzione che è difficile non guardare con passione e rispetto, ma che comunque si inquadra in piena Perestroika, in un periodo di remissione dell'apparato sovietico e che quindi va osservata in un'ottica che travalichi il nazionale, non si chiede a Wajda di farlo. I carri armati rossi evocati dalla Fallaci nell'intervista, Walesa è stato capace di sconfiggerli soprattutto strategicamente, capendo che non sarebbero mai arrivati. Ma la Polonia oggi è nello scacchiere europeo un paese come gli altri con al suo interno una storia di autodeterminazione eccezionale, tralasciando il collante cattolico di Solidarnosc. Walesa comincia l'intervista con la stampa chiarendo che a suo parere ogni rivoluzione fa l'errore di ricostituire un apparato di potere, ma alla domanda di uno dei giornalisti, un fotografo di origini polacche per la precisione, che gli ricorda che secondo le sue dichiarazioni il suo sindacato non avrebbe mai permesso il capitalismo, risponde: "Non esisteva una terza via". Io non lo so, sono nato quell'anno. D'altronde è lui l'uomo della speranza.

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