A Intervista a Tom Courtenay - A proposito di 45 anni

Intervista a Tom Courtenay - A proposito di 45 anni

In occasione dell'uscita italiana del film 45 anni (giungerà nelle sale il 5 novembre), l'attore inglese Tom Courtenay ha concesso una sessione di interviste nell'elegante (ancorchè un poco rumorosa) cornice del bar dell'hotel Sheraton Diana Majestic di Milano.

Il film segna per Courtenay un ritorno al cinema in grande stile dopo quello che, come lui stesso ammette, è stato il flop di Gambit (2012, di Michael Hoffman), in cui ha recitato con Colin Firth, il quale gli ha scherzosamente detto che 45 anni rappresenta "la sua risurrezione". Prima di entrare nello specifico del film Courtenay ha ricordato l'emozione e l'orgoglio di aver preso parte ad alcuni fondamentali film del free cinema inglese, che hanno rappresentato una parte importante della sua carriera. A proposito dei ruoli in Gioventù, amore e rabbia (The Loneliness of the Long Distance Runner, 1962) di Tony Richardson e Billy il Bugiardo (Billy Liar, 1963) di John Schlesinger: "Devo dire che è stata una cosa enorme per me, soprattuto perchè ero molto giovane e non avevo molta esperienza. Questo tipo di situazione può rischiare di essere una lama a doppio taglio, quando ci si imbarca in progetti verso cui non si ha esperienza alle spalle. Infatti subito dopo sono tornato al teatro perchè sentivo di aver ancora bisogno di imparare. Questo vale soprattuto per il primo dei due film, dato che avevo già interpretato il personaggio di Billy a teatro. Credo comunque che ci fossero anche dei lati positivi in questa situazione, poichè il mio personaggio acquisì una bella naturalezza". Ricorda anche come il successo di questi film non fosse scontato: "quando Billy il bugiardo fu presentato a Venezia, ricordo che John [Schlesinger] mi disse 'Non riescono a capirlo, vero?' Ciò a causa dell'umorismo british molto particolare di quel film". Andò meglio quando fu presentato, sempre a Venezia, Per il re e per la patria (King and Country, 1964), di Joseph Losey: "Fu molto ben accolto e io vinsi anche la Coppa Volpi. Purtroppo però me la rubarono!".  Courtneay ha anche ricordato qualcosa dell'esperienza sul set de Il Dottor Zivago (1965) di David Lean: "Non mi piacque molto prendervi parte, i tempi di lavorazione erano interminabili, David [Lean] non voleva girare finchè non c'era persino la nuvola giusta! Inoltre io mancavo da tempo a teatro e avevo nostalgia del palcoscenico". Esperienza molto positiva fu invece sul set di Servo di scena (The Dresser, 1983) di Peter Yates, che aveva già interpretato a teatro svariate volte: "Fu cruciale per il mio incontro con Albert [Finney, attore britannico]. Non siamo mai stati propriamente amici, ma egli ha avuto una profonda influenza su di me". La suddetta passione per il teatro ha fatto sì che non seguisse le orme di molti altri attori inglesi trapiantati a Hollywood: "Non mi attira per niente Hollywood o Los Angeles, pur essendoci stato in'occasione di un film. E' un luogo adatto giusto per farci una passeggiata, mi fa venire nostalgia di casa! Mi è capitato invece di andare varie volte a New York, ma per lavori teatrali".

Venendo al film 45 anni, Courtney ha raccontato come l'esperienza sia stata piacevole e la preparazione del persoanggio molto fluida e senza intoppi: "Tutto è andato molto bene. Quando ho letto la sceneggiatura mi sono subito sentito dentro il personaggio. Non c'è stato bisogno di grandi discussioni a riguardo con il regista [Andrew Haigh]. Lui ha un suo stile naturalistico non particolarmente focalizzato sui primi piani, che ho apprezzato. Inoltre l'ha scritto quasi del tutto lui, prendendo solo come ispirazione in il racconto breve In Another Country [di David Constantine]. Anche con Charlotte Rampling c'è stata molta sintonia, mi sono abituato al fatto che lei fosse sempre in ritardo! Assieme abbiamo provato un solo giorno, per il resto ho lavorato al mio personaggio in modo totalmente autonomo". Il film si focalizza sul rapporto di coppia e parla essenzialmente di rapporti umani: un tema abbastanza universale. Alla domanda se nel film abbia un peso specifico la sua britannicità, se riveli qualcosa sulla società inglese, Courtenay si è detto incerto: "Difficile dirlo. Io ho stesso ho ricevuto feedback contrastanti: mi è arrivata una mail da un regista mio amico che ha elogiato il film per essere finalmente un film 'continentale', più europeo che inglese, focalizzato su temi più generali. Quando poi ne ho parlato con dei giornalisti, sottoponendo loro la questione, mi hanno risposto 'Oh, no! Secondo noi invece è un film totalmente british'! Credo dipenda dal fatto che i personaggi trattengono dentro di sè le emozioni e questo viene giudicato un comportamento molto inglese; io però tendenzialmente quando parlo lascio trasparire le mie emozioni, perciò non saprei proprio dare un giudizio definitivo sulla questione! Potremmo considerarlo un film britannico 'cresciuto'.".

Infine, Courtenay non si sbilancia nella valutazione dei giovani attori inglesi contemporanei: "Ho difficoltà a valutare anche perchè purtroppo non vado spesso al cinema!"

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