L'Uomo nell'Ombra regia di Roman Polanski
ThrillerL'ex Primo Ministro britannico Adam Lang è alle prese con la stesura della sua autobiografia. Dopo la tragica morte di un suo collaboratore, decide di assoldare un ghostwriter che possa scrivere il libro per lui. Arrivato sull'isola, lo scrittore verrà coinvolto in un complesso gioco di potere, che metterà a rischio la sua stessa vita, lasciando emergere sempre più sospetti sulla morte del suo predecessore
Lo ammetto, l'ultimo Polanski non era un autore che apprezzavo particolarmente. Prima di entrare in quella sala il pregiudizio era forte. Un soggetto interessante, un gossip d'altri tempi (con il regista agli arresti domiciliari) e molte parole buone attorno alla pellicola: elementi sufficienti per insinuare il dubbio, anche se non abbastanza consistenti per dimenticare la fase discendente del regista.
Il dubbio diventa certezza: il pregiudizio quasi sempre è stupido e qui siamo davanto ad uno dei migliori film di questo 2010, nonostante il progetto fosse una sorta di ripiego dopo l'idea di girare Pompei (non sviluppata per via dello sciopero che ha colpito il mondo del cinema al finire della prima decade del 2000). Neanche l'assenza forzata del regista durante alcune fasi del film ha penalizzato il risultato.
Le danze si aprono all'insegna dell'ironia con la pelata di James Belushi e un coinvolgimento immediato. Riuscire a immergere lo spettatore dentro alla storia in un paio di minuti è una dote di cui pochissimi registi possono vantarsi. Sarà l'esperienza del regista, sarà il clima gotico declinato sul noir politico, sarà che la trama ricorda il miglior Hitchock, sarà che quello che vediamo è una denuncia del reale, come fosse “un poemetto dall'incipit pasoliniano: Io so” (Mariuccia Ciotta).
Il punto di forza e nell'accennare, sfiorare e intravedere i contenuti politici, sempre tenuti a debita distanza, così da creare una situazione particolare adatta a varie intuizioni e ragionamenti. Un esempio su tutti è il Primo Ministro, capace di ricordare, in tutto e per tutto, il compianto (non da me) Tony Blair ma allo stesso tempo staccarsi dal singolo, allontanandosi da contesti specifici ed attaccando una situazione intesa nel suo complesso. Uno dei film più politici di Polanski, diretto ed esplicito (talvolta troppo).
Non si entra realmente negli intrighi, ci si limita ad insinuare il sospetto, si denunciano fatti esterni, si assiste all'impotenza del singolo davanti ad un sistema, con il ghost writer di cui non si conosce neanche il nome. Impegno civile e spionaggio al servizio del cinema, in un film di denuncia dove, come tipico del regista, conta, più che l'azione o la trama, l'interazione tra personaggi e ambiente. Centrale è il ruolo dell'apolide, privo di una casa, anonimo e inquieto, sul baratro della verità. Puro Polanski, con una marcia in più rispetto ai recenti lavori: l'hard boiled è da sempre un genere che si coniuga bene con i dialoghi essenziali e l'ironia (prevalente più nella prima parte, per poi cedere all'inquieto nel finale).
Tutta l'azione si sviluppa principalmente in una fortezza isolata, dove i personaggi principali si fronteggiano quasi fossero su un palco teatrale. Prevale Olivia Eilliams mentre l'imbalsamato Brosnan non sfigura, anzi riesce quasi perfetto (per una volta) per il ruolo affidatogli. Non resta che ringraziare la sorte per aver evitato il coinvolgimento di Nicolas Cage, come sembrava dovesse essere in un primo momento. Due statue interagiscono male, a meno che tu non le faccia scontrare fisicamente (violentemente). Il dubbio è che a questo giro la scelta degli attori non sia stata azzeccata: non fosse per le scenografia, la fotografia e la buona colonna sonora di Alexandre Desplat sarebbe difficile seguire con vivo interesse McGregor.
Un film da vedere, capace di inserirsi a pieno titolo nella filmografia di Polanski, rivendicando un ruolo di primo piano, capace di dimostrare che con una buona sceneggiatura (curata dall'autore dell'omonimo libro, Robert Harris), il regista apolide è ancora capace di regalare brividi ed emozioni.
Un film denso ma mai eccessivo, semplificato in alcuni passaggi, come la pubblicità della Hatherton (ogni riferimento alla Halliburton è casuale …), grottesco in alcune occasioni ma sempre in equilibrio tra un apparire minimale e una fastosità di contenuti (giustamente è stato fatto notare come si possa creare un parallelo tra il film e la casa sulla spiaggia).
Da lamentare la pessima traduzione in italiano, il negro che scrive le biografie per conto d'altri non può finire sotto l'etichetta “uomo nell'ombra”, titolo che richiama almeno un altro paio di pellicole che non c'entrano nulla con il film in questione... Tant'è.
Si testimonia ulteriormente come a livello diffuso si sia accettata la falsità di tutta la propaganda portata avanti sul terrorismo. Non è un caso se nello stesso periodo, in Italia, sono circolate pellicole come Green Zone e Fuori Controllo.
La politica occidentale ci ha beatamente preso in giro e manovrato, sfruttando anche quegli eredi della socialdemocrazia che pagano dappertutto la perdita di autonomia culturale e politica rispetto alle destre. Nelle sale cinematografiche questa è una verità palese, comunemente accettata. Guardi la televisione italiana e ti chiedi se non ci sia una sovrapposizione di piani temporali....
Sono contenuti politici relativamente importanti, così come si può tranquillamente ignorare le vicende personali del regista. È una pellicola che non può essere ignorata da chi ama il cinema, una prova d'autore che resterà negli anni.
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