A A proposito di La legge del mercato

A proposito di La legge del mercato

Brizé porta al centro della sua opera La legge del mercato il tema del lavoro e dei rapporti umani. Ne esce fuori un quadro desolante, fatto di silenzi assordanti e perenni esaurimenti nervosi. Il film è incentrato sul protagonista e sulla sua solitudine: la famiglia, il figlio disabile sono aspetti marginali, che il regista volutamente lascia sullo sfondo per concentrarsi sulla solitudine di Thierry e anche quando i suo cari entrano nella narrazione non vengono approfonditi ma visti solo come aspetti della quotidianità del protagonista. Ciò che il regista descrive perfettamente con sguardo asettico (che ricorda quasi Carver) è la bruttezza di un mondo che si mostra nel suo lato peggiore. Gli ambienti non sono caratterizzati e sono semplicemente orripilanti, lo sguardo dei protagonisti è spento e apatico, i sorrisi falsi e forzati. Viene descritto un mondo di gente altrove, talmente grigia da rendere il grigio l'unico colore. E Thierry, come si pone in tutto questo? Cosa ne pensa dell'anziano che viene portato via dalla polizia per un pezzo di carne? Cosa ne pensa della sua collega suicida? Come vive la disabilità di suo figlio? Lo spettatore non lo sa e si porta in dote la maschera del volto tirato del protagonista, imprigionato da continue umiliazioni. L'opera è un ritratto dell'impotenza di fronte alle ingiustizie della vita, di un mondo che vuole i suoi personaggi vivere per continuare a far finta di niente, anche di fronte alla morte. Grande prova di Vincent Lindon, premio come migliore interpretazione maschile all'ultimo Festival di Cannes, da sottolineare la presenza di diversi attori non protagonisti. Da vedere.

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