A A proposito di Suite Francese

A proposito di Suite Francese

 

«E domani? Domani?» mormorò, mentre un sorriso malizioso, spavaldo, voluttuoso la trasfigurava di colpo come il riflesso di una fiamma illumina e trasforma un volto. Nel bagliore di un incendio, i lineamenti più dolci assumono un’aria diabolica che attrae e spaventa"

Suite francese: ultima opera cinematografica del regista Saul Dibb ( The Duchess, The Line of Beauty) tratto dal romanzo di Irène Némirovsky, testo elogiato al momento della sua pubblicazione all'unanimità dalla critica, per la purezza della prosa, per la sua capacità di essere contemporaneamente brillante, crudele, audace e di notevole maestria.La scrittrice investita dalla degenerazione storica che condurrà alla legge del 2 giugno 1941( sostituirà lo statuto degli ebrei dell'ottobre 1940) , diviene preludio dell'arresto, dell'internamento, sino alla deportazione nei campi di sterminio nazisti che coinvolgeranno drammaticamente la stessa autrice. Irène Némirovsky  comprende che gli eventi avranno un esito tragicamente irreversibile, per questo leggerà e scriverà molto. Ogni giorno camminerà per circa 10 chilometri per trovare i luoghi, le ambientazioni naturalmente vissute e più adatte per poter lavorare alla stesura del suo romanzo, trascrivendo riflessioni, annotazioni, su quella Francia piegata presto dall'occupazione dei tedeschi, sino alla formazione del governo collaborazionista di Vichy. Il lavoro cinematografico viene tessuto sulla trama che la scrittrice ha strutturato nel filo idealizzato sul modello della Quinta Sinfonia di Beethoven: compila la lista ordinata dei suo personaggi, anela ad un romanzo di circa mille pagine diramato in 5 atti, appunto, come una sinfonia, e sarà lo stesso pentagramma di note a dettare il ritmo della relazione che scandirà il tempo combattuto nel contrasto sentimentale che avvicina e contrae i due protagonisti,  senza soluzione di continuità nel finale e appassionata ribellione ideologica. L'opera letteraria fu un testamento doloroso che la figlia della scrittrice decise di leggere solo dopo molti anni dal suo ritrovamento, affidando il testo all’Institut Mémoire de l’Édition Contemporaine, per poi essere pubblicato nel 2004. Emerge il volto di un'opera veemente e implacabile, una stesura dai colori arsi dalle strade dell'esodo, dal popolo assimilato dalla sopravvivenza e la convivenza stridente della nobiltà e il volgo. Un rapporto sociale schiacciante che un'istantanea lucida della Francia unirà demarcazioni sociali nella lettura delle sue limpide osservazioni , unendo vinti e vincitori, dominatori e resistenti, collusione e collaborazione, sino a forme di infamante delazione, scivolo di antichi contrasti provinciali, verso sognatori ribelli sradicati dal tempo in una forma salvifica cristallizzata labilmente. L'adattamento cinematografico, scritto da  Saul Dibb e  Matt Charman (autore della serie BBC "Our Zoo" e di un thriller sulla Guerra Fredda diretto da Steven Spielberg in uscita nel 2016)  é risultato di una ricerca documentaristica molto complessa per il regista, perché il romanzo rimasto drammaticamente incompiuto non presentava nessun suggerimento nel finale. La scelta registica é affascinata e attratta dalle coordinate narrative svelate dalla sensibilità femminile, veicolate dagli gli occhi di una donna che non insinua una struttura marciante e ritmata secondo una visione militarizzata e plumbea dell'occupazione, ma i fragili rapporti umani, mai denaturati dallo svelamento dell'altro accolto nella sua impossibilità di essere, inglobato tragicamente nel suo ruolo storico. Il racconto cinematografico si dispiega lungo la seconda parte del romanzo ("Dolce"), e il regista  coniugato alla lucidità della Némirovsky  registra l’impossibilità di assorbire sul fondo sentimentale delle due figure un rilievo di continuità, quasi astorica, dove proseguire  per brevi istanti, perché  collocate irrimediabilmente su fronti opposti senza alcuna sottrazione dal peso della loro condizione. Il regista però non riesce completamente a maturare la deflagrazione appassionante di questo incontro, e nello spostamento delle lancette secondo l'orario tedesco si determinano i tempi condizionati della vicenda storica, semplificando e contraendo l'immagine isolata dei due protagonisti entro un'impaginazione semplificata e una diminuzione che scade, per alcuni versi, nella riduzione di un punto di vista narrativo tipico della lunga serialità. Una scelta che trova le sue motivazioni entro il rifiuto per una facile tentazione eccessivamente romantica, percossa da vecchi stili registici, e semplice insediamento emozionale, allontanati da ogni strisciante forzatura, aderente e necessaria dimostrazione dell'atipicità del comportamento dei due protagonisti rispetto all'originario contesto di appartenenza. Una regia asciutta e composta. La composizione dell'immagine si declina verso scenografie essenziali ( curate da  Michael Carlin , nomination all’Oscar per The Duchess), dove i cieli tagliati dai voli aerei nemici si avvitano nei contesti rurali della piccola città entro inquadrature essenziali del quotidiano : la piccola fontana di Bussy, dove il corpo militare della Wehrmacht si riunisce attratto dal sole nella piccola piazza, osservando le giovani donne di passaggio nei loro abiti primaverili, per nascosti sguardi verso i profili algidi negli incarnati chiari dei soldati, come una perfetta inquadratura iconografica e propagandistica del Terzo Reich. I rintocchi delle campane di una piccola chiesa, antro simbolico di aggregante rifugio, e la natura che accende le cromie coloristiche della primavera nella composizione curata dei giardini ai piedi delle dimore, finestre oltre le decorazioni come feritoie nelle sue tende, lo spazio esiguo dei suoi ricami dove filtra il sole e prendono corpo le ombre dei suoi protagonisti : Lucile Angellier (Michelle Williams) e il soldato tedesco Bruno Von Folk ( Mathias Schoenaerts) che diminuisce la statura del generale occupante, per armonizzare con il suo profilo musicale, colto ed elegante, un rapporto che sfigura il dominatore verso la liberazione del proprio essere, umanizzato da questa duplice passione. “Posso suonare per lei?” E ogni spazio della casa diventa al suo ritorno un recupero sentimentale, gradualmente vivificante quanto disturbante, per una donna colta dalla solitudine di un compagno lontano, mortificata da una suocera  ( Kristin Scott Thomas) che la veste nel lutto intenzionale della sua vita per un figlio ormai prigioniero di guerra, innamorato di un'altra donna. Ogni passo soffocato nel cigolio dei pavimenti scruta spiragli, e tagli inquadranti un uomo dipinto di spalle verso il suo pianoforte,  quasi in penombra, creando inconsapevolmente la composizione musicale della loro storia : Suite Française. L'opera di Saul Dibb riconosce il suo talento nella creazione sensibile e affascinante, anche se a volte ridotta dei suoi personaggi, dimostra una padronanza raffinata nella messa in scena delle inquadrature, in crescenti registri di osservazione dall’alto, come  visione dominatrice della controparte, o dal basso, sviluppando una verticalità semantica nel rapporto dei protagonisti . Nei passaggi fluenti delle transizioni, nel linguaggio plastico delle sue immagini avvolte nel bagliore delle candele, nella scelta degli spazi naturali e le ambientazioni, soprattutto negli interni, valore del film ed elementi fondamentali del racconto emotivo di quest’opera. La direzione della fotografia, curata da Eduard Grau  ( A single man, Buried ) conduce la luce come veglia narrante, incidente, scena dopo scena, in maniera emotiva, raggiungendo, come il colore degli abiti che sondano i sentimenti delle figure che le indossano ( i costumi sono curati da Michael O’Connor premio Oscar, BAFTA e Costume Designers Guild Awards per The Duchess), un linguaggio meno ermetico delle parole non comunicate, ma decodificante, e l'incontro ravvicinato delle due figure viene avvolto da un raggio di sole che annulla, in maniera quasi errata ma profetica, i due amanti. Una lacerazione luminosa, unificante quanto tagliente anticipazione di una sorte inevitabile che li inquadra dal basso verso l'alto, rendendo monumentale una scelta umana, annullando lo spazio circostante, oscurante il conflitto storico. La musica, musa espressiva e colpevole presenta in maniera sofisticata e affascinante un quadro di raffinata fattura, e squisito gusto estetico, umorale con la storia e suoi effetti imprevedibili, viscerale nelle passioni laceranti e indesiderate dei suoi personaggi, suoni e segni di un pentagramma, composti dall'eccellente Rael Jones , riesce ad assorbire nella materia musicale l'inafferrabile inevitabilità della guerra e il suo destino sentimentale.

Potere tellurico dell'opera di S. Dibb, é il coinvolgimento emotivo dello spettatore condotto nel dramma storico a ricercare sensibilmente la memoria di Irène Némirovsky, mentre in assolvenza si aprono le immagini degli scritti originali e il volto radioso di una donna rapita al tempo nella storia dalla quale non fu mai sconfitta, e nella scelta resistente della sua protagonista, il regista la rende finalmente libera.

C Commenti

Non c'è ancora nessun commento. Scrivi tu il primo!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.