A Bernardo Bertolucci

Bernardo Bertolucci

 

I fascisti non sono mica come i funghi, che nascono così, in una notte. No. I fascisti sono stati i padroni a seminarli: li hanno voluti, li hanno pagati. E coi fascisti i padroni hanno guadagnato sempre di più, al punto che non sapevano più dove metterli, i soldi. Così hanno inventato la guerra , ci hanno mandato in Africa, in Russia, in Grecia, in Albania, in Spagna…ma chi paga siamo sempre noi.

(Novecento- Atto secondo Bernardo Bertolucci)

Bernardo Bertolucci è un regista assolutamente non convenzionale per le tematiche trattate nei suoi film, che hanno al centro l’individuo, mostrato spesso in chiave psicanalitica. I protagonisti dei suoi film sono infatti tormentati da traumi e imprinting familiari più o meno consci che spesso diventano la causa delle azioni compiute e delle scelte attuate.

Il regista parmense ha spesso avuto a che fare con la censura a causa di scene di nudo e rappresentazioni di rapporti sessuali piuttosto espliciti che presenti in gran parte dei suoi lungometraggi; pur essendo indubbie manifestazioni artistiche queste gli hanno causato numerosi problemi, come nel caso di Ultimo tango a Parigi per il quale venne condannato per offesa al comune senso del pudore e  privato dei diritti civili per cinque anni. I suoi film sono spesso ambientati nelle terre a lui care, come la natia Parma per Prima della rivoluzione e l’Emilia Romagna per Novecento e Tragedia di un uomo ridicolo. Non mancano le opere girate a Parigi (Il conformista, Ultimo tango a Parigi e The dreamers) e Roma (L’assedio, Io e te), città nelle quali Bertolucci ha vissuto mentre meritano un capitolo a parte i pluripremiati lungometraggi girati tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta L’ultimo imperatore, Un thè nel deserto e Il piccolo Buddha che come ambientazioni e tematiche si discostano dal resto della produzione del regista parmense.

Questi tre film, girati nell’arco di sei anni, hanno in modo diverso al centro l’Oriente visto in aspetti diversi della sua cultura e rappresentato sottoforma di arte cromatica e rappresentativa, in alcuni casi scegliendo uno sguardo da antropologo. È evidente come, a differenza degli altri suoi film, Bertolucci punti più sull’immagine che sui contenuti per arrivare a un’opera grandiosa e allo stesso tempo barocca. Non a caso sia L’ultimo imperatore che Piccolo Buddha sono state le sue opere che hanno ottenuto maggiori riconoscimenti. Meritano una menzione particolare i colori scelti in queste due opere: ne L’ultimo imperatore si sceglie un colore differente per ogni fase della vita del sovrano mentre in Piccolo Buddha vi è una netta contrapposizione tra il freddo e distante blu di Seattle e i coinvolgenti colori caldi che rappresentano la vita di Siddharta in Nepal e Buthan. L’ultimo imperatore, oltrechè uno stupendo esercizio accademico, è l’espressione dell’imprevedibilità della vita umana e di come, a seconda di eventi che esulano dalle nostre possibilità o dalla nostra volontà, ci si trovi ad essere per gli altri una parte con tanti ruoli differenti. Proprio per evidenziare questa contrapposizione nella vita del sovrano Pu Yi  Bertolucci sceglie un intreccio non lineare in cui i diversi momenti della sua vita si sovrappongono fino a formare un ritratto frammentario e contraddittorio. In fin dei conti L’ultimo imperatore e Piccolo Buddha vogliono entrambi insegnarci che non esiste una verità unica e indissolubile ma un percorso, perfettamente rappresentato dalla vita di Pu Yi e dalla storia di Siddharta, che ci porta ad affrontare tante cose e a creare un nostro orientamento personale in una realtà in perenne e continua evoluzione

Non mancano in Bertolucci i riferimenti letterari contemporanei, prendendo ispirazione dai alcuni grandi autori del novecento come Pasolini (per La commare secca ispirata da dall’ultimo capitolo di Ragazzi di vita), Borges (per Strategia del ragno tratta da Tema del traditore e dell’eroe), Dostoevskij (per Partner che si rifà a Il sosia) e Moravia (per Il conformista, tratto dalla sua omonima novella). Il regista parmense ha preso spunto da alcuni romanzi anche per gli ultimi film come L’assedio del 1998 si rifà al racconto The siege di James Lasdun, The dreamers del 2003 è ispirato al libro The Holy Innocents di Gilbert Aldair (che ha partecipato alla stesura della sceneggiatura) e infine l’ultimo Io e te, film del 2012 tratto dal best seller di Niccolò Ammaniti. È particolare la scelta fata per Il tè nel deserto del 1990 in cui Paul Bowles, autore del romanzo a cui si rifà il film, compare nel finale interpretando sé stesso.

I luoghi hanno un ruolo importantissimo  nelle vicende narrate nei diversi lungometraggi e vengono rappresentati con immagini di grandissimo impatto estetico ed emotivo; esempio lampante da questo punto di vista è il capolavoro Novecento, in cui la campagna emiliana viene mirabilmente mostrata enfatizzando gli aspetti poetici e drammatici del film.. i luoghi natii sono al centro anche di Prima della rivoluzione in cui si presenta una natura crudele, legata alle origini e vista da Bertolucci come parte integrante dell’individualità di ogni uomo.   L’abilità nell’utilizzo della macchina da presa da parte del regista romagnolo si manifesta anche nei giochi prospettici e cromatici che amplificano il contenuto drammaturgico dei diversi film, come ne L’assedio del 1998 in cui gli stati d’animo della protagonista vanno di pari passo con le inquadrature del regista che rappresenta le diverse situazioni scegliendo prospettive assolutamente originali, in un’opera che in alcuni momenti si trasforma in una prova d’orchestra, come manifestato dalla perfetta armonia tra il suono del piano di mister Kinski e il modo di svolgere le pulizie domestiche della protagonista femminile. Anche ne L’ultimo imperatore la vicenda del protagonista va di pari passo con la grandiosità e l’immensità dello spazio in cui egli è paradossalmente imprigionato. Metaforicamente egli si troverà a morire da ospite nel posto dove è nato Se nei due film romani di Bertolucci sono predominanti le scene ambientate negli spazi interni ne Il tè nel deserto c’è invece la predominanza degli spazi ampi con uno stile a metà tra il documentaristico e il film western a mostrare la grandezza e il mistero delle stupende terre africane, mentre in Piccolo Buddha la descrizione dei luoghi evidenzia le differenze tra la cultura occidentale, rappresentata dai grattacieli della caotica Seattle e quella buddhista con i favolosi prodigi ambientali di Katmandu e del Tibet.

Bertolucci non ha mai nascosto le proprie idee politiche, spesso mettendo in mostra manifestazioni popolari nei suoi film come ne Il conformista e in Novecento (in cui non a caso la locandina raffigurerà Il Quarto stato di Pellizza da Volpedo quadro rappresentativo delle manifestazioni contadine) e girando un documentario intitolato  L’addio a Enrico Berlinguer sui funerali del leader del PCI scomparso nel 1984, mentre i cortei studenteschi sono il fulcro di The dreamers e Ultimo tango a Parigi, due film che oltre al luogo di ambientazione condividono anche il fatto di essere incentrati sulla creazione da parte dei protagonisti di una realtà artificiale parallela come antidoto alla vita reale che ha come luogo simbolico  per i personaggi di The dreamers la casa dei genitori assenti mentre in Ultimo tango a Parigi il centro è il rapporto che si viene a creare tra Jeanne e Paul. In entrambi i film il sesso ha un ruolo centrale e viene vissuto con modalità assolutamente non convenzionali, sia nel rapporto incestuoso tra i giovani Isabelle e Theo in The dreamers che nella sessualità primitiva e animale dei due sconosciuti Paul e Jeanne in Ultimo tango a Parigi; in entrambi i lungometraggi, però, Bertolucci mostra come queste realtà alternative siano delle utopie incentrate sul presente, inevitabilmente destinate a una breve durata, come narrato nella brusca uscita di casa dei tre giovani che vedranno la fine del loro menage à trois nel mezzo dei moti del maggio francese in cui Matthew, figura più sana ed equilibrata, rinuncerà alla violenza e si vedrà escluso dal rapporto malato tra i due fratelli; in Ultimo tango a Parigi invece la famosissima scena del ballo di Paul e Jeanne è il simbolo della violenta disperazione del personaggio maschile che sul fantastico rapporto con la giovane ragazza aveva in qualche modo tentato di riscattare la propria vita e nemmeno il tentativo di trasformarla in un “rapporto normale”, basato sulla conoscenza, riuscirà a mantenere in vita il protagonista, a simboleggiare la potenza e l’inafferrabilità della loro incredibile storia.

Il sesso come tentativo estremo di salvataggio è presente anche ne La luna del 1979,il film più esplicitamente psicanalitico di Bertolucci, in cui il personaggio interpretato da Jill Clayburgh ha un rapporto incestuoso con il figlio Joe, interpretabile come l’estremo tentativo da parte della figura materna di salvarlo dall’autodistruzione ponendosi come l’oggetto di un amore totalizzante. In realtà più che sul rapporto incestuoso in sé è importante porre l’attenzione sul complesso personaggio di Caterina, che anche nei suoi tentativi di aiutare il figlio si ergerà sempre a protagonista, mettendo al centro sé stessa più che le necessità di Joe, il quale oltre agli abbandoni delle figure maschili (la fuga del padre naturale, la tragica morte del padre acquisito) si trova ad essere poco considerato dalla madre che, probabilmente per istinto di sopravvivenza, incentra la sua vita unicamente sulla sua carriera di attrice. Solo nella stupenda scena dello spettacolo finale con sullo sfondo Caracalla, Caterina dovrà accettare la presenza della figura paterna nella vita del figlio, che non a caso darà a Joe il simbolico schiaffo che lei non è mai riuscita a dargli. Il fatto che riesca a mettersi da parte, recitando non più come protagonista ma come parte organica di uno spettacolo armonico le permette di mostrarsi prima di tutto come una donna estremamente fragile e  bisognosa dell’amore di suo figlio e del suo pubblico. Il tema della tossicodipendenza legato alla famiglia ritorna anche nel film Io e te del 2012, tratto dall’omonimo libro di Niccolò Ammaniti,  che segna il ritorno del regista parmense dietro la macchina da presa dopo quasi dieci anni. In quest’opera i due fratellastri Lorenzo e Olivia si abbandonano a una conoscenza reciproca, nonostante le problematiche di entrambi  e le reciproche diffidenze, ma se mentre ne La luna il finale è più esplicito in Io e te Bertolucci, discostandosi da Ammaniti, lascia allo spettatore la scelta della salvezza di Lorenzo e Olivia; a differenza delle precedenti opere di Bertolucci in cui i personaggi cercano, in qualche modo, della risposte all’interno della società, Lorenzo e Olivia colpiscono per la loro solitudine adolescenziale e non a caso il regista parmense sceglie come luogo del loro incontro la cantina, ambientazione per sua natura buia, oscura e dimenticata.  

È però evidente l’importanza che Bertolucci dà al trauma per ricostruire l’agire umano e il corso degli eventi. Sono profondamente traumatizzati da eventi drammatici i già citati personaggi di Paul in Ultimo tango a Parigi  che ha alle spalle il suicidio della moglie adultera, di Joe ne La luna e il giovane borghese Fabrizio in Prima della rivoluzione che vede affogare il giovane amico nel fiume. Il tema del trauma si rivela però centrale ne Il conformista del 1970, tratto da una novella di Alberto Moravia ambientata durante il ventennio fascista. Il tentativo di abuso subito dal protagonista da parte dell’autista di famiglia e il senso di colpa per averlo ucciso difendendosi segneranno per sempre la vita del personaggio interpretato da Jean Luis Trintignant, che sentirà il bisogno di uniformarsi alla normalità del suo tempo, diventando una spia fascista e cercando di uccidere il suo vecchio professore dell’università. La caduta del regime fascista il 25 luglio 1943 e la scoperta che il personaggio che aveva tentato di abusare di lui non è morto faranno cadere questa “astrazione conformista” che l’aveva in qualche modo mantenuto in vita e lo porteranno ad accusare l’autista di tutte le sue malefatte, come se da un certo punto di vista egli fosse il colpevole della sua mancata realizzazione come essere umano. Si legge quindi tra le righe una sorta di fatalismo che impedisce ai personaggi di essere quello che vorrebbero, a causa di una serie di circostanze che ne impediscono loro di realizzarsi; questa caratteristica accomuna il protagonista de Il conformista con altri due personaggi dei film di Bertolucci che si riveleranno essere da un certo punto di vista incompiuti rimanendo nel limbo delle loro intenzioni,  ovvero Alfredo in Novecento e Fabrizio in  Prima della rivoluzione  che si adegueranno alle convenzioni sociali della società di cui fanno parte; Alfredo si ritroverà ad essere molto simile ai genitori che disprezzava, in un percorso che lo discosterà sempre di più dall’amico Olmo, mentre Fabrizio non riuscirà ad essere coerente con i suoi ideali, adeguandosi allo standard borghese della società di cui fa parte. Con questi due personaggi il regista parmense mostra quanto sia complicato mettere in pratica il proprio desiderio di cambiamento, soprattutto se si prendono le parti di una classe sociale alla quale non si appartiene. È però evidente come le intenzioni di questi due personaggi rimangano in una dimensione ideale, soprattutto a causa del condizionamento delle rispettive famiglie, che si rivela più efficace degli ideali dei due personaggi mostrandoci l’inconscia e inafferrabile forza dell’imprinting familiare sull’agire umano. Il tema del rapporto padre-figlio è trattato in modo più specifico e psicanalitico in altri due film Strategia del ragno e Tragedia di un uomo ridicolo. Strategia del ragno è un film del 1970 con tratti palesemente autobiografici evidenti nei riferimenti alle origini con le immagini di Parma e di Verdi (che sarà presente anche ne La luna) inserite in un racconto surreale in cui risultano evidenti le tematiche affrontate da Borges nel suo racconto. il protagonista Athos Magnani sentirà il bisogno di scoprire la verità sulla morte di suo padre, eroe antifascista: l’importanza del legame di sangue è descritta nell’omonimia e nell’incredibile somiglianza tra i due personaggi e nel parallelismo con il rapporto ambivalente con la cittadine parmense Tara, che il giovane disprezza ma allo stesso tempo non abbandona fino all’onirica scena finale in cui è la città stessa a scomparire. Athos sceglierà di perdonare il padre, non cancellando il suo disegno diabolico mantenendo in vita il suo culto di eroe-leggenda diventato base fondamentale della vita del piccolo paese. Tara è infatti una cittadina fittizia in cui, come ripeteva più volte il paesano incontrato da Athos, erano tutti amici vivendo nel passato, staccati da ogni tipo di realtà. Il giovane nella sua ricerca era un ostacolo a questa realtà distaccata e infatti inizialmente viene malvisto dalla popolazione, fatta esclusione per l’amante sedotta e abbandonata. Lo stesso Athos figlio però rimarrà ancorato lì, in quel posto inesistente, a testimonianza di come sia impossibile staccarsi veramente dalla figura paterna.  Nell’assurdo e tragicomico giallo Tragedia di un uomo ridicolo, invece, il regista sceglie un finale assai diverso descrivendo il personaggio di Primo Spateri, borghese arricchito e ignorante, si vedrà derubato dal figlio che ucciderà simbolicamente il padre cercando di privarlo di ciò a cui tiene di più ovvero al sua azienda. Il personaggio di Primo Spateri è assolutamente paradossale, ricorda quasi il protagonista della novella di Verga La roba .. entrambi infatti hanno basato il loro mondo esclusivamente su ciò che possiedono e quando questo viene messo in pericolo, anche la paura della morte o il dolore per la scomparsa di un figlio vengono messi in secondo piano.

Il film-manifesto di Bertolucci è però senza dubbio Novecento del 1976, film della durata complessiva di sei ore che si divide in due atti. Il cast è stellare, con attori del calibro di Gerard Depardieu, Robert De Niro, Donald Sutherland, Burt Lancaster, Stefania Sandrelli e Dominique Sanda ed è stato girato in oltre un anno nelle campagne emiliane. Il film è una sorta di romanzo storico popolare e rappresenta un secolo di cambiamenti dal punto di vista della campagna. È un’opera intensa e matura, con momenti di pura e autentica utopia militante, come il processo al padrone alla fine della seconda guerra mondiale terminato con la simbolica condanna di Alfredo o intrisi di profondo dramma nella scena dell’uccisione del piccolo.. e dell’incendio alla casa del popolo da parte del terrificante Attila o ancora con toni quasi documentaristici come si vede nella famosissima scena dell’uccisione del maiale che sembra un’anticipazione della rappresentazione del mondo contadino fatta da Ermanno Olmi nel suo capolavoro L’albero degli zoccoli. Ciò che resta più di ogni altra cosa è però l’amicizia che nonostante tutto va oltre le differenze, nel rapporto di amore-odio tra Alfredo e Olmo e la visione quasi idilliaca di un popolo continuamente sottomesso prima ai proprietari terrieri che fanno lavorare i contadini come bestie, poi alla brutalità fascista che li priva di ogni libertà e infine al Comitato di Liberazione Nazionale che impone loro di restituire le armi, nel momento in cui sembra essere padrone della propria rivoluzione.. ma se nella realtà il popolo è destinato ad essere sopraffatto per l’eternità, nell’ideale trionferà sempre come simboleggiato dalla corsa nei campi sotto la gigantesca bandiera rossa. Un paragone interessante è il fatto che Strategia del ragno e Novecento inizino e terminino con una ferrovia, descrivendo un percorso comune che parte dalla rielaborazione adulta di ideali  legati alle origini e ritenuti intoccabili, come la rivoluzione e l’eroismo dei partigiani che, come ci mostra la storia di Athos, corrispondono alla continua ricerca di equilibrio nel rapporto con la figura paterna.

Oltre al cast stellare presente in Novecento numerosi attori di fama internazionale hanno partecipato a diversi film di Bertolucci con interpretazioni che spesso entrano di diritto nella storia del cinema basti pensare a Marlon Brando (Ultimo tango a Parigi), Jean Luis Trintignant (Il conformista), Ugo Tognazzi (Tragedia di un uomo ridicolo), Stefania Sandrelli (presente oltre che in Novecento in Partner e ne Il conformista), Dominique Sanda (Il conformista  oltre a Novecento), Alida Valli (Strategia del ragno oltre a Novecento)

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