R Recensione

8/10

Mustang regia di Deniz Gamze Ergüven

Drammatico
recensione di Giulia Betti

Siamo all'inizio dell'estate. In un remoto villaggio turco Lale e le sue quattro sorelle scatenano uno scandalo dalle conseguenze inattese per essersi messe a giocare con dei ragazzini tornando da scuola. La casa in cui vivono con la famiglia si trasforma un po' alla volta in una prigione, i corsi di economia domestica prendono il posto della scuola e per loro cominciano ad essere combinati i matrimoni. Le cinque sorelle, animate dallo stesso desiderio di libertà, si sottrarranno alle costrizioni loro imposte.

 “Il film ironizza in modo più che sardonico, su quella Sicilia in cui salvare il cosiddetto Onore è di importanza vitale, in cui sono le apparenze quelle che contano e le donne hanno l’importanza di un soprammobile

Queste erano le parole del compianto Morando Morandini, noto critico cinematografico che ci ha lasciato lo scorso 17 Ottobre, evidentemente non legate a Mustang, il film che rappresenterà la Francia ai prossimi Oscar, ma in commento ad uno dei gioielli della nostrana cinematografia, firmato Pietro Germi e risalente a cinquanta fa. 

Cosa lega Sedotta e Abbandonata a Mustang? Tutto, tranne la vicenda, e i toni, nella prima grotteschi, nella seconda più drammatici. Quindi rimane il “pensiero”, vero comune denominatore tra le due opere. Il pensiero morboso, rivolto nei confronti del pensiero altrui. Un pensiero che rincorre un pensiero, un uroboro mentale in cui l’opinione pubblica morde l’Onore infangandolo, quell’Onore che a sua volta è il motore della stessa pubblica opinione.

Femmine nelle mani degli uomini, destini che si chiamano Verginità, e possono essere di soli due tipi, felici (intatta e conservata) o perduti (ingenuamente ceduta, persa per sempre e talvolta usurpata).

È la Turchia contemporanea, come il Sud Italiano di mezzo secolo fa (e forse anche un po’ più recente) quella che fa da teatro all’esordio alla regia per Deniz Gamze Ergüven.

Cinque sorelle, che con il fragile personaggio della Sandrelli condividono solo la bellezza, il fascino, l’impotenza, i lunghi capelli scuri e naturalmente la triste condizione di sottomissione a regole patriarcali troppo severe, sono le protagoniste di Mustang.

Differentemente dalla sedotta e abbandonata Agnese Ascalone, le “vergini suicide” made in Turkey, sono mal disposte ad accettare le feroci imposizioni da parte dello zio autoritario e della nonna succube della precedente autorità, tutori di quelle “bambine” orfane di genitori, che si stanno accingendo ad abbandonare il guscio dell’infanzia per assaggiare il dolce sapore dell’adolescenza e della maturità sessuale.

Curiose di toccarsi, non nel senso malizioso a cui potrebbe alludere il termine, ma nel significato del contatto che pur involontario diventa “esigenza fisica naturale”. Ci vengono presentate in tante occasioni denudate, quasi a voler provocare con i loro corpi floridi e la loro pelle fresca, gli altri da se. Le vediamo spessissimo abbracciate, ammucchiate, come in una “simbolica” orgia saffica incestuosa ma innocente, pura, fatta da giovani cucciole che giocano e che poi esauste si sbracano al sole noncuranti degli spazi, e degli occhi altrui, sempre aperti sugli affari non propri, sempre avvezzi al malgiudizio, alla chiacchiera meschina, al velenoso verbo di paese.

Ma se Mustang voleva essere una denuncia dell’attuale ed anacronistica condizione della donna non troppo lontana da quell’occidente post-femminismo, di cui fa parte anche l’Italia, a mio avviso, il presente film in analisi riesce ad avere anche un’altra funzione, ugualmente interessante: evidenzia e palesa un eccesso per farci comprendere e accogliere come esistente, quell’esagerazione opposta, atrocemente ed inspiegabilmente accettata dalla nostra società “matura”.

Se nei paesi musulmani (ma non solo) la femmina è eccessivamente e brutalmente sottomessa a severe regole maschili (assurde ai nostri occhi), nel nostro Bel Paese, l’altra metà del cielo (quella nata dalla seconda metà degli anni ‘80 sino ai primi del 2000) appare totalmente indisciplinata, e “bisognosa” di una certa tirata d’orecchi (così come i maschi lor coetanei naturalmente, ma in questa circostanza ci interessiamo delle donne).

Ci è stata vietata qualunque cosa possa corromperci”, dice ad un certo punto una delle protagoniste di Mustang, alludendo ad oggetti come Computer, telefono, vestiti sobri e certe letture troppo sognatrici. Fa ridere pensare che alle nostre adolescenti italiane (per non giudicare quelle degli altri paesi a noi simili per stile di vita) l’utilizzo di questi stessi oggetti sia affiancato da “soprammobili” ben più pericolosi e corruttori quali le sigarette, gli spinelli, l’alcool e certi social media che paiono fatti a posta per creare complessi di inferiorità, fobie e istinti suicidi.

Ci toccava indossare vestiti informi dai colori di merda”, continuava poi una delle sorelle, stimolandoci ancora una volta il confronto con le nostre ragazzine che già a quattordici anni se ne escono in short attillatissimi, tacchi alti, trucco eccessivo, top scollati, pascolando come cagne accalorate e tentatrici fra immaturi e volgari coetanei (quando va bene…) allupati come bestie.

Le adolescenti turche non possono giocare completamente vestite a schizzarsi sulla spiaggia con degli amici maschi, che subito vengono etichettate come prostitute, mentre le ragazzine italiane (e se ne sentono e se ne vedono troppe) possono essere scoperte a fare pipì nude in mezzo alla strada nelle overdotiche notti bianche, possono essere riprese e messe su youtube mentre hanno rapporti orali con uno o più ragazzi alla volta, possono mettere su internet foto hard, posso ubriacarsi e rimanere incinte in discoteca di non si ricorda più chi, o quale dei tanti frequentatori di cessi abbia approfittato di loro trovandole poco lucide e disponibili.

Mustang è un film che fa una grande denuncia: non ci devono essere “estremizzazioni”.

Io aggiungo che non si può eccedere con le regole e le proibizioni, ma non si può nemmeno cedere a quell’anarchia tanto desiderata dai figli, perché avere troppe regole feroci è tanto sbagliato e pericoloso quanto non darne nessuna.

 

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