A A proposito di Per amor vostro

A proposito di Per amor vostro

Il film di Giuseppe Gaudino ha riscosso molto successo di critica e di pubblico, e non poteva essere altrimenti. Episodi di violenza domestica subiti da donne tra le mura di casa, in particolare i cosiddetti “femminicidi”, riempiono le pagine dei giornali da qualche anno a questa parte, e Per amor vostro è stato pubblicizzato come una sorta di film-denuncia sulla violenza domestica. Tuttavia il tema della violenza sulle donne è solo uno dei tanti temi del film, e forse nemmeno il principale. La protagonista, Anna, si trova costantemente tra l’incudine e il martello, ovvero tra un marito arrogante e violento e la necessità di provvedere ai figli. Da qualsiasi parte si volti, in qualunque luogo si trovi, Anna è braccata da qualcuno, come se l’intera città, o addirittura l’intero universo, si fossero uniti contro di lei per mettere alla prova la sua pazienza e la sua integrità morale, un po’ come Dio con Giobbe.

In effetti Napoli è l’universo nel quale l’intera storia si svolge, e solo la televisione e la radio fanno intravedere sprazzi del mondo esterno. Si tratta tuttavia di un riflesso pallido e illusorio della realtà, perché radio e tv continuano a trasmettere spezzoni di vecchi programmi e canzoni d’antan che riportano Anna alla sua infanzia, quand’era una bambina coraggiosa fino alla sfrontatezza. È chiaro che Anna rimpiange l’innocenza e l’ingenuità di quella bambina boccoluta ingiustamente incolpata del furto commesso dal fratello, ma il passato non si può ripetere. Nemmeno le (apparentemente) spensierate canzoni del Quartetto Cetra offrono ad Anna un conforto sicuro, ma sembrano piuttosto commentare ironicamente la sua scelta di cedere alle lusinghe di un mediocre attore di soap opera, o lanciarle un avvertimento prima che sia troppo tardi. Avvertimento che Anna però non coglie: sullo sfondo infernale della solfatara di Pozzuoli, Anna è costretta a prendere atto della realtà ma, per sua fortuna, si salva per miracolo. Infatti anche nell’universo degradato e criminale di Napoli la Provvidenza esiste, e si manifesta sotto forma di miracoli, anche se non è dato sapere se il rispetto del famoso culto dei morti possa costituire un titolo preferenziale. Quel che è certo è che i morti male non fanno, mentre è dai vivi che ci si deve guardare, in particolare dagli uomini. Nel film l’unico personaggio maschile positivo è il figlio sordomuto di Anna, che tra l’altro ama travestirsi da donna per prodursi in divertenti imitazioni. Tutti gli altri uomini che circondano Anna sono violenti e sprezzanti (il marito), falsamente romantici (l’amante), assillanti (l’amico Ciro), pigri e menefreghisti (il fratello, il quale non ne vuole sapere di prendersi cura dei genitori) o dediti al gioco (l’amante e Ciro).

Quanto detto finora farebbe pensare ad una sorta di film neorealista dei nostri tempi. Gaudino ha scelto invece uno stile che mescola la sperimentazione al neorealismo, dando vita ad un ibrido spesso poco convincente perché troppo autocompiaciuto. In alcuni punti, l’insistito ricorso a simbologie astruse in stile Sorrentino (regista conterraneo di Gaudino, tra l’altro) sconfina nel kitsch, per esempio nella scena in cui si allude all’ignavia della protagonista facendo ricorso – manco a dirlo – alla Divina Commedia. L’uso di strani effetti speciali si concentra soprattutto attorno al climax del film, quando Anna apre gli occhi sulla realtà. Qui Gaudino sembra essersi ispirato a Requiem for a Dream di Aronofsky, film in cui l’uso di tecniche non convenzionali era, seppur esagerato, funzionale alla trama. Invece si ha l’impressione che, in fin dei conti, Gaudino avrebbe potuto fare a meno dei virtuosismi, dato che i punti di forza del film sono altri, vale a dire gli attori, la storia e l’ambientazione. Dell’interpretazione di Valeria Golino, che le è valsa la Coppi Volpi a Venezia, molto si è detto, ma Massimiliano Gallo nei panni del marito picchiatore e Adriano Giannini in quelli dell’attore di serie B non sono da meno. Infine Napoli, con le sue contraddizioni, la sua lingua, le sue superstizioni, è già di per sé un personaggio.   

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