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9/10

The Homesman regia di Tommy Lee Jones

Western
recensione di Francesco Ruzzier

Nel 1854, tre donne malate di mente vengono affidate a Maria Bee Cuddy, una pioniera forte e indipendente originaria del Nebraska. Nel loro viaggio verso l'Iowa, dove sperano di trovare rifugio, incrociano la strada di George Briggs, rude vagabondo al quale salvano la vita. Decidono così di unire le loro forze per affrontare insieme i pericoli che li attendono nelle vaste distese della Frontiera.

La seconda fatica da regista di Tommy Lee Jones contiene, come Le tre sepolture, tutti gli elementi caratteristici del cinema western, come la frontiera, i cavalli, le pistole, e perfino gli indiani, ma, in questo caso, come ha dichiarato lo stesso attore/regista, non si tratta di un tipico film western.

The Homesman racconta la storia di una donna del Nebraska che si prende la responsabilità di portare verso est tre donne, impazzite dopo la morte dei propri figli, nel tentativo di farle arrivare in una realtà dalla mentalità più aperta con la speranza delle persone pronte a prendersi cura di loro. Il punto di partenza è rappresentato quindi da un mondo culturalmente arretrato e oltremodo maschilista, in cui le donne non vengono considerate nulla di più che oggetti utili a soddisfare i bisogni degli uomini. Non a caso Mary Bee Cuddy, interpretata da una Hilary Swank che rievoca alla mente la sua interpretazione in Million Dollar Baby di Clint Eastwood, è una zitella di 31 anni dal carattere forte e determinato, che decide di voler far di tutto pur di garantire alle tre donne di cui si prende carico la possibilità di un'esistenza felice che lei stessa ha sempre ricercato, ma mai ottenuto. A fare da accompagnatore alla carovana tutta al femminile c'è George Briggs (Tommy Lee Jones), un fuorilegge a cui la protagonista salva la vita, che accetta l'incarico solamente per i 300 dollari offertigli come ricompensa. In questa sorta di pellegrinaggio verso la felicità promessa, Biggs avrà modo per la prima volta nella vita di rendersi conto di quanto sia arretrato il modo di pensare del mondo in cui vive, di quanto le donne vivano in condizioni disumane e quindi di quanto sia importante portare a compimento la missione. The Homesman può essere quindi letto come un percorso di crescita personale in cui il personaggio di Tommy Lee Jones scopre progressivamente l'importanza di valori di cui per ignoranza non era a conoscenza e che muteranno profondamente il suo modo di approcciarsi alla vita.

La regia del film ricorda molto le atmosfere ricreate dai fratelli Coen nel loro remake de Il Grinta e, per l'efficacia con cui colpisce in maniera diretta lo spettatore fa venire in mente il Clint Eastwood di Million Dollar Baby e di Gran Torino. Con questa seconda regia decide inoltre ad azzerare l'epica tipica del genere, favorendo la messa in scena di situazioni più ordinare, ma anche più sincere.

Come ne Le tre sepolture, anche in The Homesman il regista sembra voler inserire i propri personaggi in un contesto dove il concetto di giustizia non è intrinseco nella società e li mette nelle condizioni di trovarsi costretti a farsi giustizia da soli. In entrambi i film l'ambiente di partenza è un luogo moralmente ingiusto e solo con il contributo di personaggi portatori di valori da imitare può rinnovarsi la speranza nello spettatore. L'unico rimpianto è che Tommy Lee Jones non abbia iniziato prima a dedicarsi alla regia.

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