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8/10

Foxcatcher regia di Bennett Miller

Drammatico
recensione di Francesco Ruzzier

Il film racconta la storia del multi miliardario John du Pont che decide di investire del denaro su un campione olimpico di lotta libera, facendolo trasferire nella propria villa ed instaurando con lui un rapporto morboso.

Dopo aver raccontato il dietro le quinte di una squadra di baseball con Moneyball, Bennett Miller ha deciso di portare sullo schermo la storia di una medaglia olimpica di lotta libera (Channing Tatum) e del suo rapporto con John du Pont, un eccentrico miliardario (Steve Carell) che, apparentemente appassionato alla disciplina, decide di investire molto denaro per consentire alla nazionale degli Stati Uniti di portare a casa il maggior numero di medaglie possibili. Chiunque dubitasse del talento di Miller, credendo che il successo di Moneyball fosse dovuto esclusivamente alla fantastica sceneggiatura di Aaron Sorkin, si è dovuto ricredere perché Foxcatcher si è dimostrato essere, oltre che migliore del film precedente del regista, uno dei migliori film sportivi degli ultimi anni. Ancora una volta, il regista newyorkese è riuscito a confezionare un racconto sportivo decisamente atipico, focalizzando l'attenzione quasi esclusivamente sul rapporto complesso e a tratti morboso tra il protagonista e du Pont, che sfoga le proprie frustrazioni personali investendo sull'atleta grandi somme di denaro, sperando di instaurare con lui il primo legame sincero della propria vita. Ciò che si rivela essere l'elemento più inquietante del film è il vedere come i rapporti e le persone mutano con l'accumularsi di eventi e situazioni, portando allo sviluppo di una relazione velatamente omosessuale tra i personaggi di Steve Carell e Channing Tatum, evidenziata soprattutto nel cambiamento di look del lottatore.

Miller sfrutta questa sportiva realmente accaduta per sviluppare in profondità il profilo psicologico di un uomo che investe quantità di soldi incredibili per farsi amare e per apparire amato da tutti, finendo col raccontare parallelamente una storia umana più ampia, fatta di figli abbandonati e di meteore sportive, di tradimenti familiari e di atti estremi per gelosia.

La regia, caratterizzata dalla grande quantità di silenzi (che spesso si rivelano essere molto più eloquenti dei dialoghi), è supportata da tre grandissime interpretazioni, dove Channing Tatum sfrutta la propria fisicità così come aveva già fatto in Magic Mike di Soderbergh, Mark Ruffalo, che interpreta il fratello/allenatore del protagonista, riesce ad essere convincente nella parte del personaggio carismatico portatore di valori positivi, e Steve Carell, irriconoscibile grazie ad un ottimo trucco, che si destreggia magistralmente in un ruolo drammatico inusuale per l'attore.

 

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