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4/10

Django regia di Etienne Comar

Biografico
recensione di Francesco Ruzzier

 

Parigi, 1943. Il chitarrista belga Django Reinhardt è uno degli artisti di maggior successo nel panorama musicale dell'epoca. Nonstante la sua musica non sia apprezzata dagli alti gerarchi nazisti, viene invitato dall'esercito del terzo Reich ad intraprendere un tour per intrattenere le truppe tedesche. Il jazzista belga si rifiuta categoricamente di appoggiare il nemici fallisce la fuga verso la Svizzera, ritrovandosi così costretto a rifugiarsi in un piccolo villaggio di rumeni, anch'essi perseguitati dalle leggi razziali.

 

Siamo nel 1943 nella Francia occupata dai nazisti. Ogni notte il chitarrista Django Reinhardt intrattiene la popolazione parigina con il suo celebre "gypsy swing". Nonostante la sua musica non sia apprezzata dagli alti gerarchi nazisti, viene invitato dall'esercito del terzo Reich ad intraprendere un tour per intrattenere le truppe tedesche. Il jazzista belga si rifiuta categoricamente di appoggiare il nemici fallisce la fuga verso la Svizzera, ritrovandosi così costretto a rifugiarsi in un piccolo villaggio di rumeni, anch'essi perseguitati dalle leggi razziali.

Selezionato, un po' a sorpresa, come film d'apertura della 67ª Berlinale, Django dell'esordiente Etienne Comar è un film biografico un po' atipico, che vorrebbe raccontare il potere evasivo della musica (e dell'arte in generale), capace, anche in una situazione tragica come poteva essere quella dell'occupazione nazista, di far star bene le persone. Il problema è che il film non sa mai scegliere quello che vuole davvero essere: le lunghe sequenze musicali della prima parte del film non vengono mai veramente sviluppate né portate avanti per tutta la narrazione, la storia particolare del protagonista non viene mai approfondita e il contesto storico-culturale in cui il film è ambientato sembra davvero troppo semplificato. Se il punto di partenza poteva essere sicuramente interessante - con gli effetti benefici della musica sulle persone, stimolate a trovare la speranza dal ritmo contagioso del celebre chitarrista - dopo pochi minuti, dopo il continuo apparire di personaggi secondari trattati come macchiette mai credibili, con la mancanza di una forza narrativa convincente e di un protagonista senza nessun tipo di carisma, ci si accorge che il film, purtroppo, non ha quasi nulla da dire. Django è l'ennesima dimostrazione che, anche se sulla carta gli ingredienti giusti ci sono, non saperli dosare a dovere significa non poter costruire un prodotto appetibile sotto nessun punto di vista.

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