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8/10

The Fall regia di Tarsem Singh

Drammatico
recensione di Cristina Coccia

In un ospedale di Los Angeles, nei primi anni del Novecento (si presume), nasce un’amicizia tra Alexandria, una bambina con un braccio rotto e uno stuntman di nome Roy, costretto a letto per un lungo periodo di degenza. Roy inizia a raccontare ad Alexandria una storia di amore e vendetta che riflette il suo stato d’animo, particolarmente precario in un momento delicato della sua vita e della sua carriera. Il racconto che inventa è la storia di un gruppo di giustizieri che cercano di vendicarsi dei torti subiti dal governatore Odius e Roy, nella narrazione, attribuisce a tutti i suoi personaggi, il volto di dottori, infermieri e pazienti: lui stesso è il Giustiziere Mascherato e Alexandria è sua figlia, che gli salverà la vita in molte occasioni.

L’immaginazione e l’ingenuità infantile possono essere l’ultima speranza a cui aggrapparsi quando la vita continua a deludere tutte le nostre aspettative? In un elegantissimo inno alla fantasia, Tarsem Singh (o soltanto Tarsem), regista della bizzarra pellicola The Cell, e di numerosi video musicali, realizzati per gruppi famosi come i R.E.M., racconta una storia nella storia, intreccia i fili di due narrazioni parallele per dare forma ad uno stato mentale, servendosi di immagini raffinate, simboli e colori che ci conducono in un mondo esotico dove la finzione parla molto più della realtà.

Collocabile nel genere fantasy, The Fall è indiscutibilmente al di sopra di ogni aspettativa, e il merito va sia alla raffinatissima fotografia di Colin Watkinson influenzata dai colori e dai soggetti dei quadri di Magritte e di Dalì (a cui sembrano ispirati anche i bellissimi titoli di testa in bianco e nero), sia ad una sceneggiatura che affianca realtà e finzione lasciando che l’immaginazione si fonda con le emozioni per curare le ferite dell’anima, sublimandole in una fiaba in cui tutto può accadere e in cui ognuno può avere la propria rivincita. Ci sono voluti quattro anni per terminare le riprese di questa pellicola girata in 26 paesi diversi (tra cui Brasile, Cina, Romania, Italia, Egitto e Sudafrica) con attori non professionisti, tra cui spiccano Lee Pace (interprete principale della serie tv Pushing Daisies), Catinca Untaru, Justine Waddell e Julian Bleach. Ulteriore pregio del film sono i bellissimi costumi della giapponese Eiko Ishioka che donano doppia vita a tutti gli interpreti principali delle due narrazioni parallele.

Nelle ultime scene, quando il racconto sta per volgere ormai al termine, diventa inevitabile commuoversi, immedesimarsi nella storia, sentire la solitudine di Roy e la forza con cui Alexandria riesce a confortarlo, immaginando con lui l’epilogo e la vittoria del Bandito Mascherato e di sua figlia sulla malvagità di Odius. La storia inizia con la bellissima frase “Can you see the stars?” (“Riesci a vedere le stelle?”), e finisce con una dolcissima bambina che dimostra al narratore che le stelle, talvolta, possono essere più importanti di quanto si creda, perché non bisogna mai sottovalutare l’importanza dei sogni, delle favole, e con esse della potenza della narrazione, capace, spesso, di salvare un’anima molto più di qualsiasi fatua e fittizia credenza religiosa.

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