Inception regia di Christopher Nolan
FantascienzaDominic Cobb è un ladro, abile nel prelevare sogni e informazioni da soggetti in fase R.E.M., penetrando nella loro psiche a livello inconscio. Negli Stati Uniti è ricercato e costretto a lasciare i figli perché accusato dell’omicidio di una persona a lui molto cara. Tormentato dall’idea di rivedere ancora i suoi bambini e dai sensi di colpa radicati in profondità nei suoi sogni, Cobb decide di accettare un incarico differente dai soliti: su richiesta del plurimiliardario Saito, dovrà impiantare un’idea nella mente di un individuo. In cambio, Cobb otterrà la possibilità di tornare in patria. Così inizia a mettere insieme una squadra: gli serve un creatore che pianifichi l’architettura dei sogni, un falsificatore, un esperto di sedativi e ovviamente un piano perfetto per scavare sotto tre livelli di inconscio e creare, emotivamente, l’origine dell’idea che devono impiantare.
Christopher Nolan si conferma uno dei talenti assoluti del cinema contemporaneo: la sua arte sta nel presentare concetti totalmente astratti in maniera accessibile, riuscendo ad essere lineare anche nella più incoerente complessità. È ormai, senza dubbio, il regista dell’intangibile, il creatore di narrazioni al limite dell’immaginabile, un perfetto illusionista che sa spingere l’occhio della cinepresa al di là della mente umana. Forse, dopo il bellissimo Memento, questo suo nuovo gioiello è la più naturale evoluzione della sua arte: fortunatamente, ancora una volta, è riuscito a stupirci!
Inutile sottolineare quanto sia incredibile la scenografia di un film che già parte da un’idea estremamente articolata: ricreare visivamente l’architettura di un sogno e poi di un sogno nel sogno. Ma soprattutto non è sufficiente descrivere a parole la colonna sonora di Hans Zimmer per dare una vaga idea di quanto sia stupefacente. La sfida di Nolan era proprio questa: realizzare un film d’azione che fornisse, con combattimenti, inseguimenti e scene ad alto contenuto adrenalinico, l’idea della complessità della mente umana, della sua struttura e delle sue regole, senza risultare eccessivamente artefatto.
A questo punto ci si rende conto di trovarsi dinanzi ad un vero artista che plasma sapientemente montaggio, effetti speciali e trucchi cinematografici di ogni tipo, per dare forma ad un labirinto, per lasciare che lo spettatore si perda, venga travolto dal subconscio dei protagonisti, dai loro sensi di colpa, dalle loro scelte.
Le scene più belle, ma anche più difficili da descriver, sono: il combattimento in assenza di gravità nel corridoio dell’hotel, ma soprattutto quelle che prendono forma nella mente di Cobb, che lasciano trasparire tutto quello che ha deciso di seppellire nella zona più profonda della sua psiche, dove tiene nascosto un vero e proprio mondo alternativo. In ogni scena ci sono messaggi nascosti, simboli, citazioni (una su tutte il tema musicale basato sulle note di “Non, je ne regrette rien”, chiaro omaggio alla protagonista Marion Cotillard, Oscar per l’interpretazione di Edith Piaf ) che rimandano tutti all’idea principale e allegorica di un labirinto dove la cosa più importante è trovare l’uscita nel minor tempo possibile.
In realtà il vero antagonista di Cobb è proprio il tempo, contro cui combatte continuamente, dilantandolo e rallentandolo sempre di più, ad ogni livello d’ inconscio (dove 5 minuti reali corrispondono ad un’ora), senza avere mai la sensazione di possederlo completamente. Il tempo che Cobb deve trovare è esclusivamente il suo, quello che ha smarrito lottando con il suo subconscio.
Il cast poggia su attori eccellenti, del calibro di Michael Caine, Kate Watanabe, Tom Berenger, Pete Postlethwaite, e Cillian Murphy, ma sono soprattutto i protagonisti a dare il maggior contributo a questa bellissima trama. Di Caprio è decisamente cresciuto artisticamente su tutti i fronti, dosa ogni espressione, ogni battuta, a servizio della narrazione, non è mai eccessivo e risulta in perfetta sintonia con gli altri, su tutti la bellissima Marion Cotillard e l’affascinante Ellen Page. Il meno convincente è forse il giovane Joseph Gordon-Levitt, certamente non al livello degli altri interpreti.
Difficile trovare punti deboli in un film del genere, che meriterebbe di essere guardato tralasciando i piccoli difetti, ma, ad essere pignoli, c’è da dire che ci sono scene secondarie eccessivamente dilatate, qualcuna anche inutile, ad esempio inseguimenti che fanno perdere suspense, soprattutto nelle scene ambientate sulla neve , ma a grandi linee tutto il montaggio e la struttura della narrazione sono fluidi, ben congegnati, appunto come un labirinto ideale dove alla fine si riesce ad intravedere l’uscita. In più, la sceneggiatura è talmente solida da giustificare ogni paradosso, ogni incongruenza tra mondo reale e virtuale.
Nolan ci rende vittime e allo stesso tempo creatori delle visioni, ci dà la facoltà di calarci idealmente nelle sue creazioni oniriche, di ritrovarci in tutte le sensazioni e in tutti gli stati d’animo che ci propone nel corso della storia. E infine, tenendoci con il fiato sospeso per più di due ore, ci fa calare in una sorta di incubo, ci dà il tempo di renderci conto delle inquietanti prospettive che abbiamo davanti e ci illude, fino alla fine, di riuscire ad essere consapevoli dei nostri sogni. Ora è lecito chiedersi: come non essere affascinati dalla possibilità di esplorare le illusioni che crea la nostra mente, come non desiderare di possedere, per almeno un attimo, l’inganno di raggiungere, in un universo ideale, la realizzazione dei nostri desideri? “Un’idea può trasformare il mondo e riscrivere tutte le regole” , le idee sono tutte differenti, ci caratterizzano, ci condizionano, così come questo film è capace di scuotere anche il più assopito degli spettatori, lasciando la possibilità di un’interpretazione personale della storia. Non esiste un modo monodirezionale di vedere e giudicare Inception, ne esistono infiniti, almeno tanti quanti sono i livelli del nostro astrattissimo e complicatissimo subconscio.
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