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7/10

Cracks regia di Jordan Scott

Drammatico
recensione di Alessandro Pascale

Nel 1934 in una scuola per sole ragazze, Miss G, insegna l'arte dei tuffi  ad un piccolo circolo di ragazze che si affezionano a lei al punto da farne il proprio principale punto di riferimento. L'arrivo di una ragazza spagnola come nuova collegiale sconvolge ogni equilibrio. Gelosie, invidie, passioni e malignità si accenderanno rendendo la situazione insostenibile.

Immaginate un misto tra l’attenzione plastico-formale di Leni Riefenstahl (regista di Olympia, film-documentario sulle olimpiadi di Berlino del 1936, tanto per intenderci), il romanticismo scandaloso e licenzioso alla Georges Sand e il puritanesimo educativo e scolastico tipico dell’epoca vittoriana britannica. Avrete grosso modo definito le principali direttrici di Cracks, esordio cinematografico di Jordan Scott, figlia nientepopodimeno che del ben più famoso Tony Scott, ma distantissima in tutto e per tutto dal suo stile.

La Scott più che vegetare su sparatorie e intrighi preferisce concentrarsi ad approfondire il mondo della psiche femminile, come una novella Virginia Wolf, andando a scavare in profondità nell’animo di personaggi complessi, costruiti senz’altro in maniera non banale, trovando nel trio di protagoniste Eva Green-Juno Temple-Maria Valverde una combinazione eccezionale in grado di tenere incollati allo schermo lo spettatore. È soprattutto Juno Temple che riesce a sorprendere di più, grazie ad una espressività psico-fisica accentuatissima eppure del tutto naturale e peculiare in una ragazzina quale quella che interpreta. La Valverde colpisce per la grazia e la leggerezza di un’interpretazione levigata, in tutto confacente al ruolo di elegante e squisita principessina mediterranea.

La sua perfezione è tale però da rompere con il suo arrivo il delicato equilibrio su cui si regge la vita in uno stimato collegio scolastico femminile inglese. Tale evento turba il piccolo gruppetto facente capo attorno alla “squadra” guidata dalla poliforme Eva Green, il personaggio che più di tutti subisce un vero e proprio percorso di degenerazione morale (in parallelo con quello estetico) pari a quello letterario subito da Dorian Gray nell’opera di Oscar Wilde. Si fa largo il tema dell’amore scandaloso che rende folli, sconvolge la quiete e fa sorgere problemi ben più grandi di quelli adolescenziali tipici di un’epoca difficile (nonché aggravati dal fatto di vivere in una condizione di semi-abbadono familiare).

Il messaggio morale che emerge dall’opera scorre quindi in parallelo nella metafora tra amore saffico proibito e miglioramento sportivo: le appartenenti alla squadra di tuffi raggiungono col tempo un livello di maestria eccellente, ma la maestra Eva Green non ne è mai completamente soddisfatta, e pretende che le sue allieve superino ogni limite. Nel momento in cui però ciò accade mette in serio pericolo la vita stessa della sua migliore ragazza, e lasciandosi trascinare dalla passione del proibito diventerà lei stessa il motore che condurrà ad una seconda parte del film sempre più drammatica e tragica.

È questa ansia di assoluto e di voler tutto che rende la figura di Eva così tipicamente romantica, in una misura che oggi con la nostra mentalità potremmo trovare patetica e degenerata. Buona infine la tenuta stilistica della giovane regista, che riesce a mantenere un buon piglio per tutto il film, nonostante l’apparente inconsistenza degli eventi che si spezza solo nel finale. I momenti migliori dal punto di vista formale si concentrano nelle riprese in slow-motion con cui la Scott, proveniente dal campo della pubblicità, offre momenti di splendida fotografia scenica, giocando ottimamente tra lineamenti, candore artistico, figure plastiche e giochi di luce

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