Religiolus - Vedere per Credere regia di Larry Charles
AzioneUn viaggio impietoso nel mondo intriso di superstizioni, dogmi e rituali più o meno irrazionali delle varie religioni.
"Hanno fatto una ricerca in Italia: hanno chiesto alla gente aquali santi si rivolgessero ne momenti di difficoltà. Al sesto posto figurava Gesù."
Meraviglioso. Poco da dire, l’opera di Larry Charles è davvero sublime. Avevamo riso moderatamente con Borat, in cui Charles sfruttava le gestualità e ingenuità stravaganti del protagonista Sacha Baron Cohen e ora ci ritroviamo per le mani un altro documentario-fiction che per la sua attitudine comico-satirica può essere fatto tranquillamente rientrare nel cosiddetto filone mockumentary.
L’evoluzione stilistica tra i due lavori è comunque sorprendente, con un’attenzione certosina dedicata al montaggio, curato in modo da eliminare ogni tempo morto e concentrare tutta l’attenzione sul ritmo delle battute e dei dialoghi, sapientemente alternati con brevi inserti di immagini ed estratti vari a creare una vivacità talmente sfrenata da portare alla mente la carica surrealista dei Monthy Python, con tanto di utilizzo di una certa multimedialità tesa a smontare istantaneamente ogni bugia, con conseguente effetto comico.
Un montaggio che per certi versi potrebbe essere collegato al nostrano programma Blob, ugualmente dissacrante e competente negli accostamenti visivi e uditivi più impensati. Al di là dell’enorme salto in avanti compiuto da Charles bisogna però dare atto che il vero miracolo è compiuto da Bill Maher, probabilmente il più unpolitically correct comico americano di tutti i tempi. Con la sua ironia e la sua capacità di mettere in ridicolo ogni tipo di verità precostituita Maher diventa il modello di Socrate moderno, di colui cioè, che facendo domande continue all’interlocutore riesce a far emergere le numerose contraddizioni insite nelle diverse convinzioni religiose.
Non siamo proprio alla maieutica, in quanto non vi è un intento costruttivo di Maher, che lungi dal voler far cambiare idea agli interlocutori si pone appositamente in maniera indisponente, andando per altro a pescare i conversatori tra i più radicali e assurdi dei vari mondi religiosi (e quindi tra i meno disposti allo spirito critico): dall’attore che recita Cristo in una Terra Santa californiana al rapper britannico musulmano, dall’ebreo negazionista della Shoah al presunto nuovo avvento portoricano di Cristo, dalle saghe fiabesche di Mormoni e Scientology all’ex gay ora convertito e direttore di una clinica per guarire gli omosessuali dalla loro malattia .
Ne deriva ovviamente un ritratto impietoso e spesso totalmente gratuito nei suoi attacchi, senonchè Maher accompagna sempre le sue disanime offrendo concreti dati storici a suo sopporto, o semplici ragionamenti illuministi sempre attuali.
La risposta alla Grande Domanda per lui non può essere raggiunta, e l’unico atteggiamento sensato da parte dell’uomo è quello del dubbio, arrendendosi al famoso “non so” scettico. La superiorità della sua figura che emerge dal suo confronto con i mondi spesso caricaturali ed estremistici della religione è quindi in un certo senso negativa. Maher sa perché sa di non sapere. E in questo si mostra apparentemente superiore a tutti colori che credono di sapere perché accettano come punto di partenza l’assoluta veridicità di un libro inteso come parola di Dio.
Da un punto di vista strettamente etico e culturale quello che Maher e Charles dimenticano è di far emergere esplicitamente la distanza che può esserci tra religione storica e senso della spiritualità. Se è facile sparare bordate sulla prima (e giustamente, mi permetto di aggiungere) il rischio che emerge per uno spettatore poco attento è quello che il film sia un manifesto dell’ateismo. Non è così: Maher distrugge in maniera certosina ogni dogma e rito totalmente irrazionale ma non smentisce mai la possibile presenza di Dio o di un mondo sovrasensibile.
Quello che mette in ridicolo è il modo con cui gran parte dell’umanità cerca di relazionarsi con tale mondo. Non mettendo bene a fuoco questa differenza il film rischia però di perdere credibilità presso gran parte del pubblico, che tenderebbe a rifiutarne a priori una visione in quanto opera tendenziosa e miscredente. E questo è un peccato perché un film del genere è fatto talmente bene che meriterebbe di esser fatto vedere nelle scuole.
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