T Trailer

R Recensione

8/10

Religiolus - Vedere per Credere regia di Larry Charles

Azione
recensione di Alessandro Pascale

Un viaggio impietoso nel mondo intriso di superstizioni, dogmi e rituali più o meno irrazionali delle varie religioni.

"Hanno fatto una ricerca in Italia: hanno chiesto alla gente aquali santi si rivolgessero ne momenti di difficoltà. Al sesto posto figurava Gesù."

Meraviglioso. Poco da dire, l’opera di Larry Charles è davvero sublime. Avevamo riso moderatamente con Borat, in cui Charles sfruttava le gestualità e ingenuità stravaganti del protagonista Sacha Baron Cohen e ora ci ritroviamo per le mani un altro documentario-fiction che per la sua attitudine comico-satirica può essere fatto tranquillamente rientrare nel cosiddetto filone mockumentary.

L’evoluzione stilistica tra i due lavori è comunque sorprendente, con un’attenzione certosina dedicata al montaggio, curato in modo da eliminare ogni tempo morto e concentrare tutta l’attenzione sul ritmo delle battute e dei dialoghi, sapientemente alternati con brevi inserti di immagini ed estratti vari a creare una vivacità talmente sfrenata da portare alla mente la carica surrealista dei Monthy Python, con tanto di utilizzo di una certa multimedialità tesa a smontare istantaneamente ogni bugia, con conseguente effetto comico.

Un montaggio che per certi versi potrebbe essere collegato al nostrano programma Blob, ugualmente dissacrante e competente negli accostamenti visivi e uditivi più impensati. Al di là dell’enorme salto in avanti compiuto da Charles bisogna però dare atto che il vero miracolo è compiuto da Bill Maher, probabilmente il più unpolitically correct comico americano di tutti i tempi. Con la sua ironia e la sua capacità di mettere in ridicolo ogni tipo di verità precostituita Maher diventa il modello di Socrate moderno, di colui cioè, che facendo domande continue all’interlocutore riesce a far emergere le numerose contraddizioni insite nelle diverse convinzioni religiose.

Non siamo proprio alla maieutica, in quanto non vi è un intento costruttivo di Maher, che lungi dal voler far cambiare idea agli interlocutori si pone appositamente in maniera indisponente, andando per altro a pescare i conversatori tra i più radicali e assurdi dei vari mondi religiosi (e quindi tra i meno disposti allo spirito critico): dall’attore che recita Cristo in una Terra Santa californiana al rapper britannico musulmano, dall’ebreo negazionista della Shoah al presunto nuovo avvento portoricano di Cristo, dalle saghe fiabesche di Mormoni e Scientology all’ex gay ora convertito e direttore di una clinica per guarire gli omosessuali dalla loro malattia .

Ne deriva ovviamente un ritratto impietoso e spesso totalmente gratuito nei suoi attacchi, senonchè Maher accompagna sempre le sue disanime offrendo concreti dati storici a suo sopporto, o semplici ragionamenti illuministi sempre attuali.

La risposta alla Grande Domanda per lui non può essere raggiunta, e l’unico atteggiamento sensato da parte dell’uomo è quello del dubbio, arrendendosi al famoso “non so” scettico. La superiorità della sua figura che emerge dal suo confronto con i mondi spesso caricaturali ed estremistici della religione è quindi in un certo senso negativa. Maher sa perché sa di non sapere. E in questo si mostra apparentemente superiore a tutti colori che credono di sapere perché accettano come punto di partenza l’assoluta veridicità di un libro inteso come parola di Dio.

Da un punto di vista strettamente etico e culturale quello che Maher e Charles dimenticano è di far emergere esplicitamente la distanza che può esserci tra religione storica e senso della spiritualità. Se è facile sparare bordate sulla prima (e giustamente, mi permetto di aggiungere) il rischio che emerge per uno spettatore poco attento è quello che il film sia un manifesto dell’ateismo. Non è così: Maher distrugge in maniera certosina ogni dogma e rito totalmente irrazionale ma non smentisce mai la possibile presenza di Dio o di un mondo sovrasensibile.

Quello che mette in ridicolo è il modo con cui gran parte dell’umanità cerca di relazionarsi con tale mondo. Non mettendo bene a fuoco questa differenza il film rischia però di perdere credibilità presso gran parte del pubblico, che tenderebbe a rifiutarne a priori una visione in quanto opera tendenziosa e miscredente. E questo è un peccato perché un film del genere è fatto talmente bene che meriterebbe di esser fatto vedere nelle scuole.

V Voti

Voto degli utenti: 8/10 in media su 2 voti.
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1

C Commenti

Ci sono 2 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

Marco_Biasio alle 11:24 del 5 settembre 2009 ha scritto:

Non ci vorrebbe molto a capire che fede e religione sono sempre più due cose distinte, ma tant'è, siamo in Italia... bravo a sollevare il tema, comunque. Un film che tratta dello stesso argomento, ma con modalità e tempistiche totalmente differenti, e che sarebbe da vedere, è "Jesus Camp". E' un documentario girato dal vivo in uno di quei classici campi estivi mormoni dell'America, dove vivono intere famiglie bigotte ed ossessionate da Dio a tal punto da non vivere in maniera normale. Il risultato è agghiacciante: si opera una vera e propria manipolazione mentale ed ideologica nei confronti dei piccoli bambini che, anche solo a scambiare due battute con un non credente, si sentono "impuri e sporchi" e scoppiano a piangere per la vergogna... Ed è allucinante anche il caso di un altro bambino, costretto a vivere sotto i pesantissimi diktat della madre che gli proibisce di vedere qualsiasi film, leggere qualsiasi giornale e/o libro ed ascoltare qualsiasi disco - che non sia strettamente religioso - perchè "opera del Demonio"... Se solo fosse distribuito in maniera dignitosa anche nel nostro paese di pizza, mandolini e Berluscoidi cominceremmo già ad indignarci un po' di più.

alejo90 (ha votato 8 questo film) alle 10:18 del 10 agosto 2013 ha scritto:

Bellissimi sia questo film sia il Jesus Camp citato da Marco. Da vedere e far vedere.