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7/10

Operazione Sottoveste regia di Blake Edwards

Commedia
recensione di Antonio Falcone

1941. Il comandante Sherman è in procinto di prendere parte al conflitto in atto con il sommergibile Sea Tiger. Purtroppo ancora in rada subisce un attacco aereo dei Giapponesi che riducono il mezzo male in arnese: per la sua riparazione, pur provvisoria, si rivelerà preziosa la collaborazione del tenente Holden, ma una volta preso il largo gli imprevisti non mancheranno, ad iniziare dal salvataggio di 5 donne ufficiali ausiliarie…

Primo grande successo di Blake Edwards, Operazione sottoveste, noto in Italia anche come Il sottomarino rosa, ne mette già in risalto il talento e i tratti salienti di certa sua futura produzione: la dissacrazione del genere, in tal caso il film di guerra, un’ironia arguta, quell’ aria sorniona, beffarda, sospesa tra farsa e satira, una comicità che guarda al passato, all’essenzialità visiva del cinema muto, con prevalenza dell’oggetto sul soggetto, incrociando gag e dialoghi brillanti.

1959, l’ammiraglio Matt Sherman (Cary Grant), si reca in porto per presenziare alla messa in disarmo del glorioso sottomarino Sea Tiger. Entrato in cabina, sfogliando il diario di bordo, la sua mente va al 1941, quando con il suddetto mezzo, suo primo comando, si apprestava a prendere parte al conflitto in corso. Ancora in rada, subisce un attacco aereo giapponese, dal quale il Sea Tiger viene fuori piuttosto malconcio, ottenendo comunque, una volta riparatolo quel tanto da farlo stare in acqua, il permesso di partire, così da raggiungere la nave appoggio più vicina, per la messa a punto definitiva.

In aiuto di Sherman arriva il tenente Nick Holden (Tony Curtis, scomparso il 30 settembre 2010), più avvezzo alla vita mondana che a quella militare, anche se con metodi piuttosto personali (“nel torbido si pesca meglio”). Una volta in mare sarà un susseguirsi di imprevisti, da uno scalo con salita a bordo di 5 donne ufficiali ausiliarie, al siluramento di un camion, passando per l’ arruolamento di un maiale, trovando il loro culmine nell’essere costretti a verniciare il sottomarino di rosa, combinazione del non bastevole minio con un altro colore.

Il colorito equipaggio riuscirà comunque a giungere a destinazione, salvato da un attacco del fuoco amico grazie al lancio di biancheria intima femminile…

Sulla base della sceneggiatura di Stanley Shapiro e Maurice Richlin, Edwards cavalca agilmente la sottile e graffiante ironia che pervade tutto il film, giocando in primo luogo sulla contrapposizione dei caratteri dei due protagonisti: Sherman/Grant è il classico militare tutto d’un pezzo ligio al dovere, ma dotato di una certa duttilità e di uno humour volto al contrappunto di ogni situazione, mentre Holden/Curtis è un “figlio di buona donna”, pronto a trarre vantaggio e personale tornaconto da ogni situazione, anche la guerra; insuperate a tutt’oggi la capacità del primo di suscitare il riso con un semplice sguardo e di lanciare battute con elegante nonchalance e del secondo di trovarsi a suo agio in un ruolo scanzonato ed irriverente.

In secondo luogo l’entrata in scena delle 5 ausiliarie in un spazio ristretto occupato da soli uomini offre il destro a situazioni e battute dai risvolti sessuali neanche poi tanto reconditi, senza mai però sfiorare il cattivo gusto; non dimentichiamo, tra le righe, la messa in ridicolo, volta al grottesco, degli ambienti militari.

Pur se Edwards dirigerà in seguito sostanziali capolavori (da Colazione da Tiffany a Victor Victoria, passando per la serie de La Pantera Rosa), Operation Petticoat è ancora oggi un raro gioiello di fine comicità, valido esempio di come realizzare una vera commedia.

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