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7/10

Warcraft regia di Duncan Jones

Fantasy
recensione di Alessandro Pascale

Il regno di Azeroth è "invaso" da un esercito di orchi provenienti da un altro pianeta che progettano di trasferire l'intero popolo attraverso l'apertura di un portale magico. A contrastarli i cavalieri di Azeroth. Ben presto si scopriranno tradimenti e spaccature da ambo gli schieramenti... Il film segna l'inizio immaginario della famosa saga fantasy ben nota soprattutto ai fan dei videogame.

Chi scrive non ha mai giocato al famosissimo gioco di ruolo World of Warcraft, onde per cui se ne potrà trarre un giudizio forse più equilibrato di altri ex-players più o meno preparati critici cinematografici. Questa premessa serve ad anticipare il giudizio positivo sul film, ma in maniera critica. Ciò perché Warcraft gode anzitutto di una notevole cura tecnica e scenografica. Così come Il Signore degli Anelli sorprese il mondo nella sua superba fotografia alla stessa maniera Warcraft crea un mondo impeccabile nella sua perfezione scenica e costumistica, incontrando idealmente quel Medioevo immaginario alla “Re Artù” presente nella mentalità collettiva popolare e strizzando anche l'occhio al fenomeno Game of Thrones. Effetti speciali e ricostruzione 3D sono uno dei pezzi forti dell'opera, che garantiscono da questo punto di vista una piena godibilità per grandi e piccini, e per la quale vale la pena consigliare una visione cinematografica piuttosto che casalinga.

Fin qui si può dare atto a Duncan Jones di aver usato bene i 160 milioni di dollari messi a budget dalla produzione. Eppure dal regista di gioielli imprevedibili come Moon e Source Code ci si sarebbe aspettato di più in termini di autorialità e di inventiva narrativa. La trama risulta infatti molto essenziale. Troppo. I personaggi poco curati psicologicamente e tutto sommato statici, quasi stereotipati; il nodo di fondo, il conflitto tra bene e male in termini di magia, fin troppo evidente e capace in maniera troppo repentina di emarginare l'altro conflitto di fondo presente nel film, sul quale si sarebbe potuto lavorare in maniera più proficua, sulla scia di Avatar: il tema dell'invasione dei “migranti alieni”, in fuga da un pianeta distrutto e necessitanti un nuovo pianeta, per il cui obiettivo sono pronti ad usare ogni tipo di metodo e mezzo, compreso il ricorso alla magia più oscura e mortifera.

Jones sceglie di non trattare in modo etico-politico il tema dello scontro tra razze e civiltà diverse, quasi timoroso di lanciarsi su un punto che possa sviare l'opera dalla pura spettacolarità che pare prefiggersi. Preferisce piuttosto lanciare alcuni spunti sull'amore, l'onore, l'eroismo, sul romanzo di formazione (il classico apprendista mago Khadgar) ed in minima parte del rapporto tra uomo e natura, secondo una visione ancora molto medievaleggiante e conciliante. Il film lascia aperta la strada ad un sequel, e forse anche a più di uno. Nel frattempo però al di là del puro divertimento ludico, non è che rimanga poi così tanto su cui riflettere. Il che fa storcere il naso un pochino.

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