R Recensione

6/10

Southpaw regia di Antoine Fuqua

Drammatico
recensione di Gloria Paparella

Detroit ai giorni nostri. Billy  "The Great" Hope (Jake Gyllenhaal) è un campione di boxe. E' un "southpaw", un pugile mancino, dallo stile aggressivo e brutale. E' all'apice della sua carriera, ha una moglie che adora, Maureen (Rachel McAdams), e una figlia piccola. L'incontro con il suo rivale Miguel "Magic" Canto cambierà la sua vita per sempre. Durante una violenta rissa Maureen viene uccisa e da quel momento l'esistenza di Billy è sconvolta: la sua carriera è finita, la figlia è affidata ai servizi sociali. Billy deve ricominciare dal nulla, con l'aiuto e gli insegnamenti del vecchio pugile Tick (Forrest Withaker). Giorno dopo giorno inizia la dura risalita...

Tutto già visto, tutto già raccontato in decine, centinaia di altri film e narrazioni sulla boxe. Un accumulo vertiginoso e succulento di cliché, a proposito del selvaggio mondo della boxe. Southpaw segue una traccia archetipica e fuori dal tempo, con l’eroe al culmine del suo potere, ma toccato dalla disgrazia, fino al riscatto.

Jake Gyllenhaal interpreta Billy Hope, un orfano cresciuto dal sistema e che è salito al vertice della boxe sino a diventare il campione del mondo dei pesi medio massimi. Ha una moglie (Rachel McAdams) e una figlia dolcissime al suo fianco; ma i fallimenti personali e crisi finanziarie pongono improvvisamente fine al suo stile di vita milionario. Billy cerca quindi l’aiuto del proprietario di una palestra, che di nome fa Tick (Forest Whitaker), che lo aiuta a ricomporsi mentalmente, così da poter affrontare il suo nemico (Miguel Gomez).

Muscoli ipertrofici, lesioni, ulcerazioni, ferite da rissa e da ring. L’estetica è quella sgargiante del ghetto, ma Antoine Fuqua riesce comunque a cavarne fuori un film notturno e violento. Southpaw, però, è un film in cui tutto è esteriore, privo di ogni penetrazione psicologica che impedisce un’esplorazione più incisiva della trama e dei temi della fama nel mondo dello sport, della caduta e della resurrezione di un eroe. Un’eccessiva cura “barocca” dell’estetica del massacro, se vogliamo, a dispetto di una ricchezza e di originalità di contenuti. Con  Gyllenhall, il quale sembra più un martire per tutte le botte che prende, che viene sovrastato da Forest Whitaker, eccezionale nella parte del coach.  

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