R Recensione

6/10

Ritorno alla vita regia di Wim Wenders

Drammatico
recensione di Giulia Bramati

In una buia notte invernale il giovane scrittore Tomas provoca involontariamente un incidente in cui perde la vita un bambino. Il senso di colpa si insinua rapidamente nella coscienza dell'uomo, che inevitabilmente si chiude in se stesso; la scrittura, tuttavia, gli consente di isolarsi: in pochi anni, egli raggiunge un discreto successo, pubblicando con regolarità fortunati bestseller.

Per quanti anni un tragico episodio può tormentare la coscienza di chi ne è stato causa? Wim Wenders racconta il percorso di espiazione di Tomas, giovane scrittore che in una buia notte invernale provoca involontariamente un incidente in cui perde la vita un bambino. Il senso di colpa si insinua rapidamente nella coscienza dell'uomo, che inevitabilmente si chiude in se stesso; la scrittura, tuttavia, gli consente di isolarsi: in pochi anni, egli raggiunge un discreto successo, pubblicando con regolarità fortunati bestseller. Dopo Pina (2011), Wenders torna a dirigere un lungometraggio in 3D, esplorando così le nuove frontiere delle tecnologie digitali. La tecnica 3D, infatti, permette di compiere un percorso introspettivo, regalando così una maggiore immedesimazione nella vicenda. Non bastano più il buio e il silenzio della sala decantati sin dai primi studi di filmologia dalle Revue Internationale de Filmologie: lo spettatore 2.0 necessita di una condizione di maggiore isolamento per poter essere coinvolto nel racconto. L'empatia si raggiunge proprio grazie alla tridimensionalità dei personaggi e degli ambienti; il lavoro sulla colonna sonora di Alexandre Desplat, inoltre, volutamente invasiva sin dall'inizio del film, porta al raggiungimento di un'atmosfera noir che inquieta lo spettatore. Si tratta dunque di un esperimento tecnico, che sulla carta prospetta un'ottima possibilità di successo, ma che, purtroppo, nel momento della realizzazione non genera forte empatia e non cattura lo spettatore all'interno della dinamica narrativa. I continui salti temporali non permettono alcun approfondimento delle situazioni mostrate: le relazioni di Tomas con le tre donne co-protagoniste sono soltanto accennate e non trovano sufficiente spazio. La tormentata storia d'amore con Sara, in crisi sin dalle prime sequenze del film, pur rappresentando una delle situazioni più importanti della vita dello scrittore, è appena sfiorata; lo stesso accade con la nuova compagna Ann, il cui ruolo resta ambiguo. Sfugge soprattutto il legame instaurato da Tomas con Kate, la malinconica e misteriosa mamma del bambino rimasto ucciso durante l'incidente; i due si parlano, si cercano, si vedono, senza tuttavia mai chiarire le dinamiche della loro amicizia. Questi misteri non presentano alcun appeal: non vi è tensione nè suspense, il 3D non è sufficiente per ricreare da solo un clima di empatia. Ed è questo il maggior problema del film, che risulta così piatto e debole.

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