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6/10

Fratelli In Erba regia di Tim Blake Nelson

Black Comedy
recensione di Maurizio Pessione

Bill e Brady sono fratelli gemelli, due gocce d’acqua esteriormente quanto diversi, si potrebbe dire opposti, caratterialmente. Bill è un professore universitario di successo mentre Brady è il classico personaggio che ha sempre vissuto alla giornata, spesso al di fuori della legge. Fra loro non corre gran simpatia ma un giorno Bill riceve la notizia che il fratello è morto ammazzato. Tornato precipitosamente a casa, scopre che è tutta una messa in scena ad opera di Brady che è vivo e vegeto ma ha dei conti in sospeso con gente molto pericolosa della quale si vorrebbe però sbarazzare contando proprio sull’alibi che può assicurargli il malcapitato fratello d’identico aspetto che viene difatti immediatamente scambiato per lui. Gli sviluppi sono grotteschi e drammatici allo stesso tempo.

Se un americano vedesse Benvenuti Al Sud, a meno che non si tratti di qualche emigrato, è quasi certo che non riuscirebbe a coglierne la comicità, essendo strettamente legata ad una realtà prettamente nazionale.

Stessa cosa si può dire di Fratelli in Erba ma viceversa, nel senso che certe allusioni e battute contenute nell’opera di Tim Blake Nelson, regista e sceneggiatore, sono totalmente legate all’ambiente e la cultura d’oltreoceano, difficilmente esportabile in questo caso al di fuori degli States.

Cominciamo dal titolo: quello italiano è evocativo perché l’erba citata è chiaramente riferita alla cannabis, che appare pure come sfondo nella locandina. Il titolo originale invece, Leaves of Grass, si riferisce ad una raccolta di poesie scritte da Walt Whitman il quale, per quanto esaltato dal professore interpretato da Robin Williams in L’Attimo Fuggente, è lecito supporre che resti sconosciuto alla gran parte degli spettatori italiani ed europei.

Appare evidente quindi che la visione di questo film, al di là delle vicende più o meno interessanti e divertenti che narra, per essere apprezzato in tutte le sue sfumature perlomeno dal pubblico non americano, dovrebbe essere accompagnata da alcune note esplicative, cosa nella pratica impossibile, a parte i più incalliti ed appassionati fra i cinefili che le informazioni utili se le vanno a cercare comunque per loro conto. Ecco spiegata quindi la ragione per la quale un’opera come Fratelli in Erba è destinata inevitabilmente a scivolare via anonimamente, confusa assieme a molte altre provenienti da oltreoceano, anche più scadenti e che non hanno molto di più da dire di quello che esprimono a livello superficiale.

Ciò che balza immediatamente all’occhio invece, anche senza essere dei grandi esperti di recitazione, è la performance di Edward Norton che interpreta contemporaneamente i due fratelli protagonisti del titolo, per giunta gemelli, con istrionica bravura. C’è chi ha fatto notare a tal proposito che il doppiaggio non permette comunque di apprezzare, come sarebbe necessario invece, la prova dell’interprete dal punto di vista vocale, il quale passa agevolmente da uno all’altro personaggio con differenti timbriche.

Leaves Of Grass ha un inizio spiazzante. Ci si aspetta un film dallo stile un po’ trasgressivo e satirico e ci si ritrova invece a lezione di Bill Kincaid, un professore universitario di filosofia classica, mentre cita i classici greci e latini spronando i suoi incantati allievi ad immedesimarsi in figure come Socrate, Alcibiade, Plauto, Epicuro il cui pensiero a suo dire resta attuale, nei principi fondamentali, anche a distanza di un paio di millenni. Una delle sue allieve, di origine portoricana, è talmente affascinata dall’insegnante che durante un colloquio personale tenta addirittura di sedurlo, nonostante Bill faccia del suo meglio per sottrarsi, ottenendo come risultato però quello di farsi trovare in atteggiamenti equivoci da una sua collaboratrice entrata inopportunamente nello studio. Bill ha un fratello gemello, Brady, che vive in Oklahoma, uno stato noto ai più come bersaglio scelto da parte dei tremendi tornado che ogni anno, per particolari condizioni climatiche e geografiche, affliggono quella regione degli USA. S’aggiunga poi, a peggiorarne l’immagine, l’irrilevanza di quello stato dal punto di vista paesaggistico ed il particolare e risibile accento dei suoi abitanti, a detta di altri americani, sottolineati dall’autore per bocca di uno dei personaggi quando afferma sarcasticamente che per tornarci in Oklahoma, riferendosi a chi è riuscito ad andarsene via, bisogna che ci sia di mezzo un lutto familiare.

Brady e Bill, pur essendo fratelli gemelli, sono molto diversi fra di loro. Tanto è riflessivo, posato, culturalmente preparato ed abile a farsi strada nell’insegnamento universitario  Bill, quanto al contrario è scapestrato, maldestro, abituato a vivere alla giornata e perennemente nei guai Brady. Quest’ultimo è però sempre stato spalleggiato dalla madre (Susan Sarandon), ritenendolo il più debole fra i suoi due figli, la quale, pur essendo ancora relativamente giovane, è ricoverata da tempo dentro un ospizio. Bill se n’è andato via, ad un certo punto, puntando a qualcosa di meglio nella vita che marcire in quel posto ed in quella famiglia senza aspettative ed ambizioni.

Quando riceve la notizia che suo fratello è morto ammazzato non si meraviglia nemmeno più di tanto quindi, conoscendo il personaggio, ma è costretto a tornare a casa, seppure sono passati molti anni e lui nel frattempo è diventato, appunto, un professore di successo, apprezzato anche per le sue umili origini (che però qualcuno non perde occasione sottilmente per rimarcargliele), apparendo persino in bella mostra sulla copertina di una rivista diffusa anche nello stato d’origine.

Appena tornato a casa Bill scopre però che il fratello è vivo e vegeto ma si è cacciato in un serio pasticcio nei confronti di un grosso spacciatore (Richard Dreyfuss), abile a mascherarsi dietro l’immagine pubblica di un onesto e generoso filantropo ed al quale Brady deve parecchi soldi grazie ai quali ha costruito, invero ingegnosamente, con le sue mani e l’aiuto di un amico (interpretato dallo stesso regista), un avveniristico sistema di produzione della cannabis allo scopo di selezionarne una qualità straordinaria.

La sorpresa è tanta da parte di Bill ma lo è ancora di più la somiglianza fra lui ed il fratello, tant’è che sin dal primo istante viene scambiato per Brady e quindi trattato conseguentemente, persino pestato a sangue da chi, e non sembrano pochi, ha dei conti in sospeso con lui. Esattamente quello che voleva ottenere Brady che ha in programma di risolvere una volta per tutte la questione del suo debito e di mettere la testa a posto avendo in programma di sposarsi con la sua compagna che è incinta, contando proprio sull’alibi che il fratello gli può garantire nell’ardita e rischiosa impresa che ha in mente nei confronti di chi non può sapere che essi sono invece due distinte persone. Bill in realtà vorrebbe tornarsene immediatamente indietro, all’università dove ha appena ottenuto un prestigioso incarico, ma una volta invischiato in questa sorta di trappola non riesce più a venirne fuori: vuoi per scrupolo, vuoi per seguire il richiamo del sangue pur assurdo, arcaico ed ingiustificato che sia, ma anche perché una volta infilato in quel pasticciaccio non sa proprio più come uscirne. Gli sviluppi sono tipici della black comedy

Tim Blake Nelson è un autore che mostra di ammirare ed aver studiato attentamente Quentin Tarantino ed i fratelli Coen (egli stesso ha recitato in Fratello, Dove Sei?), cercando di emularli mescolando sacro e profano, come suol dirsi, ovvero alternando disinvoltamente momenti umoristici ad altri decisamente seri e drammatici, per realizzare la magica miscela dolce-amara che quando funziona testimonia il talento dell’autore, altrimenti può scadere facilmente nel ridicolo. Nelson ce la mette tutta, aggiungendoci anche qualche nota ironica sulla comunità ebraica dell’Oklahoma grazie la figura dell’assicuratore che dapprima tormenta Bill in aereo e poi addirittura diventa protagonista di un ricatto nei suoi confronti, oppure assegnando al personaggio di Janet (Keri Russell) una nota romantica e lirica sino a farle declamare qualche struggente verso delle poesie di Whitman, caratterizzate da una metrica che rifugge la classica rima a vantaggio invece di una forma discorsiva.

Purtroppo in questo caso manca una dote fondamentale per opere che puntano a qualcosa di più del semplice intrattenimento, cioè la personalità e Fratelli In Erba risulta essere quindi un’opera senza infamia e senza lode ma troppo profonda per essere compresa dal target di pubblico cui è in definitiva destinata al di fuori degli USA e troppo leggera per colpire chi si aspetta qualcosa di più che qualche accenno culturale e riflessione sulle cose ultime della vita sparse qua e là nel corso della trama.

Lo stesso concetto si può in fondo applicare alla partecipazione di due attori del calibro di Susan Sarandon e Richard Dreyfuss, che sembrano una coppia di figurine di pregio all’interno di un album bisognoso di qualche personaggio di spessore per incrementarne l’immagine ed il valore.

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alexmn 6/10

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