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5/10

The Signal regia di William Eubank

Fantascienza
recensione di Davide Di Legge

Jonah, Nic e Haley sono tre amici che partono alla ricerca di un segnale inviato da NOMAD, un hacker di cui non conoscono nulla. Arrivati in California, troveranno questo segnale nei pressi di una piccola casa abbandonata e da quì inizierà la loro epopea in un mondo di confusione e irrealtà.

Negli ultimi anni stiamo assistendo ad una proliferazione di sci-fi low budget, spesso minimalisti nella messa in scena e con una notevole ricerca estetica nell'uso della fotografia più appropriata. In questa sempre più rigogliosa fetta cinematografica troviamo anche The Signal, una pellicola del 2014 diretta da William Eubank, un giovane regista americano che aveva già esplorato il mondo fantascientifico con Love, film interessante e ancora poco conosciuto al grande pubblico. The Signal prosegue su quella falsariga espositiva e sottolinea come Eubank sia per ora un "regista di genere".

Il secondo lungometraggio di Eubank ci mette del tempo ad entrare nel panorama della fantascienza, perchè la prima parte è tutta incentrata sul rapporto tra i tre giovani protagonisti della vicenda. Nic e Haley sono fidanzati e Jonah è un loro amico di lunga data che condivide con Nic la passione per l'informatica. Da questo intreccio che parte da amicizie e affetti, il film diventa pian piano ciò che voleva Eubank (co-autore della sceneggiatura) non prima di aver accennato a qualche ben riuscita sequenza simil-horror (l'arrivo alla misteriosa destinazione). Da quì in poi Eubank si lancia nella fantascienza e lascia i personaggi e anche lo spettatore, in un'indefinito edificio dove appaiono figure ambigue come quella a cui da corpo e voce Laurence Fishburne. Davanti a questa svolta della storia il film fa emergere le difficoltà di sceneggiatura: il plot gioca sulle cose non dette e punta su una sorta di "giallo" fantascentifico che da una parte lascia lo spettatore nell'ambito della fantasia e dall'altra parte non riesce ad ingranare verso dei risvolti veramente credibili. Quando fanno capolino i riferimenti all'area 51 e Eubank cerca di intavolare un retroterra politico, emerge un ensemble di confusione che impedisce al film di decollare.

Se il plot è debole e confusionario, The Signal è molto più preciso e affidabile sul piano estetico: appare chiara la vicinanza visiva ai titoli low budget da Sundance Festival (dove fu presentato nel 2014). Eubank gira con solidità e mette da parte il forsennato dinamismo registico dei blockbuster moderni e punta più sui tempi e gli spazi appoggiandosi ad una fotografia (curata da David Lanzenberg) che si rifà, fatta eccezione per gli ultimi 10 minuti, al minimalismo dei colori visto in un lungometraggio cardine di questa nuova "fantascienza", cioè lo splendido Moon di Duncan Jones. Purtroppo però anche su questo versante Eubank si dimostra incapace di tracciare una linea di demarcazione precisa e il finale del film va ad indugiare su un'improvvisa avvenenza di effetti speciali che seppur gradevoli nel complesso, stonano in maniera profonda con l'estetica compositiva "soft" su cui la pellicola aveva puntato fino a quel momento e che pure aveva ben funzionato.

L'opera seconda di Eubank è un film che si perde nell'indecisione e nella mancanza di una reale linea direttiva a livello di sceneggiatura. La storia fila via senza particolari sussulti e la sterzata finale dei toni e della messa in scena, tradisce una certa debolezza di base. Il finale sposta l'attenzione su una realtà "altra" ma non riesce a ridefinire una vicenda che non ha avuto la forza per tracciare in precedenza le linee guida giuste. Ecco quindi che The Signal risulta un mediocre titolo di "new sci-fi" che quando capisce di mancare di forza punta sulla banalizzazione e sul già visto, cercando, senza riuscirci, di ridefinire il tutto con un finale sensazionalistico che alza i toni finendo per rompere con l'atmosfera emersa fino a quel momento.

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