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8/10

Il Maratoneta regia di John Schlesinger

Thriller
recensione di Giuliano Frizzo

 

Thomas Babington "Babe" Levy, timido e introverso studente di storia, si allena per la maratona e prepara la sua tesi di laurea sulla "tirannia" negli Stati Uniti, con l'ossessione di riabilitare la memoria del padre, caduto in disgrazia e suicidatosi durante il maccartismo.

Il fratello di Babe, Henry "Doc", sotto le spoglie di affermato uomo d'affari del settore petrolifero, è in realtà un agente che opera nella cosiddetta "Divisione", un'agenzia diretta da Peter Janeway che si colloca nel limbo tra la CIA ed i servizi segreti. Doc svolge l'incarico di corriere per il trasporto dei diamanti di proprietà di Christian Szell, custoditi nella cassetta di sicurezza di una banca di New York di cui, oltre Szell, residente in una località segreta in Uruguay, solo il fratello deceduto nell'incidente stradale aveva la chiave.

Szell arriva segretamente a New York con l'intenzione di ritirare i suoi diamanti, mentre tutti i corrieri vengono uccisi in modo misterioso. Anche Doc scampa a due attentati mentre si trova a Parigi. Poi però avviene l'incontro con Szell...

Che film Il Maratoneta! Bello, intenso e al contempo scarno ed essenziale come solo i grandi classici del cinema sanno essere. Parliamo di anni 70’ e di thriller vecchio stampo, gli archetipi del cinema d’azione attuale. In molti tratti Il Maratoneta può sembrare eccessivamente complicato; una mole d'azione e dialoghi tale che sembra di seguire passo passo le pagine di un libro più che vedere un film. E' importante saperlo, Il Maratoneta è stato  tratto dal libro omonimo di William Goldman e ne ricalca più o meno tutta la sceneggiatura, salvo piccole differenze nel finale. Semplici coincidenze? Non si sa. Va segnalato però il grande lavoro svolto da Schlesinger per snellire una sceneggiatura tanto intricata.

Quanto alle prove attoriali; c’è un grande Dustin Hoffman, l’Hoffman brillante degli anni 70’, quello in stato di grazia che parafrasando Luca Carboni, non ne sbagliava davvero uno. Prove eccellenti anche da parte dei co-protagonisti, in primis il gerarca nazista Szell, interpretato da un bravo Laurence Olivier poi Marthe Keller nella parte della giovane Elsa. Il montaggio è molto buono e fluido nonostante la complessità della trama. Buone anche le riprese, mai noiose.

Le parentesi più lunghe sono ovviamente le scene della tortura ed il verdetto finale, la prima poi, così agghiacciante quanto verosimile, scandita da quell “È sicuro?” ripetuto più volte come un mantra, è un po’ se si vuole l’esaltazione del sadico Szell che qui assurge al ruolo di mito del cinema. Ecco, scene come questa valgono il prezzo del biglietto. Nel complesso un piccolo capolavoro. Nota personale: con un finale differente, più simile a quello del romanzo, gli avrei dato un buon mezzo voto in più, ovviamente - per chi non l'ha ancora visto - non lo posso rivelare per motivi di spoiler

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alexmn 9/10

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