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8/10

Cane Di Paglia regia di Sam Peckinpah

Thriller
recensione di Maurizio Pessione

David è un matematico americano che ha affittato una casa isolata in Inghilterra nel luogo di origine della giovane moglie Amy per meglio concentrarsi in un complesso studio. Il posto sarebbe ideale se Amy, giovane ed esuberante, non si mettesse troppo in evidenza con un gruppo di uomini del posto, in particolare Charlie con il quale aveva avuto una storiella anni addietro. Cresciuti in un piccolo centro di campagna, Charlie ed i suoi compari sono culturalmente sprovveduti, rozzi ed intolleranti verso le persone estranee, soprattutto se di diversa estrazione, abituati a trascendere usando le mani e la forza fisica al posto del buon senso ed il cervello. Spesso, non avendo niente di meglio da fare, si ubriacano seguendo il burbero padre Tom nell’unica locanda. La tentazione di prendere di mira David per loro è troppo forte, nonostante egli li abbia assunti per compiere alcuni lavori sul tetto della rimessa di fianco all’abitazione. Attirati come mosche dalla sensualità di Amy che non condivide l’isolamento e l’atteggiamento arrendevole del marito, Charlie e gli altri invitano David ad una battuta di caccia e, mentre lui è nella brughiera da solo, due di loro tornano indietro e stuprano Amy. Neppure questo atto spregevole però serve a far reagire David, solo in parte giustificato dal fatto che Amy lo ha tenuto all’oscuro dell’episodio. Il giorno dopo, di ritorno a casa da una festa in paese, durante la quale Amy non aveva resistito allo sguardo beffardo dei suoi violentatori, la coppia investe in auto lo scemo del paese, Henry, che sta vagando senza meta nella nebbia, inseguito da Tom ed i suoi figli, reo secondo lui di aver abusato della sua giovane figlia ed averla quindi uccisa. David che ha soccorso Henry e l’ha trasportato a casa sua, nonostante il parere contrario di Amy, viene raggiunto ed invitato a consegnarlo nelle mani di Tom e gli altri, tutti ubriachi fradici. Al suo rifiuto ne segue una battaglia all’ultimo sangue durante la quale David si trasforma da zimbello remissivo in un lucido, coraggioso e spietato paladino della sua dignità ed a difesa della casa che abita.

Nonostante la filmografia di Sam Peckinpah contenga escursioni in parecchi generi anche molto diversi fra loro, egli deve la sua fama soprattutto ad alcuni film western cosiddetti ‘crepuscolari’: da Il Mucchio Selvaggio a Pat Garrett & Billy the Kid, a Sfida nell’Alta Sierra, a Sierra Charriba e La Ballata di Cable Hogue, per citare i più noti. Cane di Paglia è stata quindi un’opera anomala fra quelle che ha realizzato, una puntata nel dramma che volge poi decisamente sul thriller con forti accenni ideologici, nella quale però sono perfettamente distinguibili i tratti peculiari che hanno caratterizzato questo regista nel corso della sua lunga carriera, che è stata ampiamente discussa ed analizzata, esponendolo secondo taluni in alcuni casi ad esplicite accuse di essere stato un autore reazionario.

D’altronde il cinema di Peckinpah è decisamente volto al maschile, all’esaltazione dell’individualismo, della forza fisica, la contrapposizione uomo-uomo e uomo-natura, con la salvaguardia di valori che si fondano sulla difesa della proprietà e che poco o nulla hanno a che spartire con la solidarietà e l’aiuto del prossimo per raggiungere aleatori obiettivi di giustizia e benessere. Cane di Paglia si adatta perfettamente a questa immagine.

Questa è casa mia! È parte di me e non permetterò nessuna violenza contro ciò che è mio!…’.  Si tratta ovviamente di una frase estrapolata da un contesto più complesso, ma anche presa a se stante sintetizza debitamente la trasformazione di un ‘cane di paglia’ come David (Dustin Hoffman), uomo pacifico, di elevato livello culturale ed intellettivo, il quale, posto in una condizione di grande rischio per sè e la sua abitazione, vista come baluardo inviolabile (per principio, se non altro, dato che nello specifico l’ha solamente affittata), diventa improvvisamente un ‘cane rabbioso’ per proteggere e difendere strenuamente entrambe ad ogni costo, ancor più della propria compagna, dall’indebita invasione altrui (non a caso Quentin Tarantino si è ispirato a questo film per comporre, parzialmente, il titolo di Le Iene, in originale Reservoir Dogs).

Un quesito che pone in sostanza il film al riguardo, sulla cui risposta Peckinpah pare non avere alcun dubbio, è se dentro ognuno di noi esista una doppia personalità che può scatenarsi in determinate condizioni di stress, disagio e pericolo anche in chi apparentemente sembra pacato e prevedibile, sino a renderlo violento ed irriconoscibile rispetto ai suoi standard caratteriali abituali. Nella vicenda narrata in Cane Di Paglia David ad un certo punto si pente amaramente di aver ucciso con una gratuita fucilata un’anatra inerme ed innocente durante un’improvvisata battuta di caccia. Successivamente però non esita a far fuori uno per uno gli assalitori della sua casa, con grande coraggio e determinazione, forte del principio di legittima difesa, ma provando insieme anche un sapore nuovo, un misto di soddisfazione ed esaltazione personale, evidenziato dal sorriso malizioso e compiaciuto che mostra nelle ultime immagini quando è al volante e sta accompagnando a casa il demente Henri Niles (David Warner) che ha salvato, per principio, non certo per riguardo alla sua persona, dalla furia bruta di coloro che volevano linciarlo.

Poco prima egli l’aveva investito con la sua auto tornando a casa, mentre vagava confuso fra la nebbia,  braccato dalla famiglia di Janice (Sally Thomset), la ragazza che Henry aveva involontariamente ucciso poco prima, dopo aver acconsentito ad appartarsi con lei ed esserne stato sedotto. Quando il povero idiota aveva udito le voci dei familiari che la cercavano ed aveva avuto paura di essere scoperto in sua compagnia e conseguentemente punito pur non essendogli imputabile alcuna colpa, l’aveva soffocata senza neppure accorgersi di quello che stava facendo. David allora, nonostante il parere contrario di Amy, aveva caricato Henry sull’auto e l’aveva condotto a casa sua per fornirgli un primo soccorso prima di chiamare il medico. Raggiunto però dai familiari di Janice, guidati dal robusto, villano ed iracondo Tom (il bravissimo Peter Vaughan, che conferma ancora una volta il ruolo fondamentale dei caratteristi nel cinema americano), uno che quando accennano alla sua età e tentano di fermarlo allorchè diventa particolarmente aggressivo in preda ai fumi dell’alcol, reagisce gridando ‘…Io sarei vecchio? Vi stritolo come noci!’. David, temendo che essi potessero accanirsi sul malcapitato squilibrato, essendo tutti ubriachi fradici ed esagitati in cerca soltanto di una facile vendetta, si era rifiutato di consegnarglielo, scatenando la loro brutale reazione. Questo è senz’altro un primo piano di lettura degli eventi sino a questo punto, nel corso dei quali David ha tenuto un comportamento adeguato alle circostanze. Volendo però affrontare anche un secondo livello interpretativo, si potrebbe dire che la sua pervicacia e tenace contrapposizione nasce dal rifiuto di accettare, in difesa della sua privacy ed a prescindere dal contendere, una qualsiasi forma d’imposizione in casa sua, considerata dal sin lì mite matematico come l’ultimo e più prezioso baluardo a difesa del suo orgoglio e della sua dignità.

C’è un prequel essenziale infatti in questa storia e riguarda David, Amy ed il gruppo di rozzi teppisti scansafatiche che lei ha conosciuto e frequentato in passato nel piccolo paese dove è cresciuta, prima di sposare lui. Al loro arrivo nel borgo Amy si vanta orgogliosamente delle proprietà intellettive del marito di fronte a Charlie (Del Henney) ed i suoi compari, i quali invece sono degli zoticoni abituati a giudicare gli uomini con il metro della loro forza fisica. Da subito, mingherlino ed impegnato in una materia che è totalmente fuori dal loro orizzonte culturale, ritengono David invece un facile bersaglio per le loro bravate e non perdono occasione per prenderlo in giro, senza però che lui reagisca. Questa sua arrendevolezza indispettisce Amy e contribuisce a rompere l’equilibrio del loro rapporto. Amy infatti è una donna ancora molto giovane, che ha voglia di divertirsi ed è dotata di una esplosiva carica erotica che non esita a mettere in mostra, ad iniziare dal fatto che non indossa il reggiseno sotto la maglietta; deliberatamente si lascia scorgere nuda dalla finestra del bagno oppure mostra apposta le gambe scendendo dall’auto e fingendo di non sentirsi osservata. Una serie di atteggiamenti allusivi e provocatori che nascono anche dalla noia, dopo un po’, di vivere in un posto troppo isolato e con una persona che passa gran parte del suo tempo a studiare formule matematiche anziché assecondare la sua prorompente carica ormonale. ‘Io ti voglio bene, però lasciami lavorare’ dice David ad Amy ad un certo punto, la quale per attirare la sua attenzione non esita a fargli anche dei banali dispetti, come ad esempio scambiargli un segno in una lunga e complessa formula scritta sulla lavagna.

Per sistemare la rimessa all’esterno della casa Amy ha chiesto a David di assumere Charlie ed i suoi amici. Nonostante lo studioso abbia inteso subito che in passato c’era stato qualcosa fra Amy e Charlie (in realtà niente più che qualche bacio ed l’occasione perduta da entrambi, in tempi diversi, per andare oltre), accetta di buon grado di assecondarla, per farla contenta e magari darle modo di distrarsi e sentirsi occupata in qualcosa, lasciandolo in pace con il suo impegnativo lavoro. Non immagina ancora David, ma anche quando se ne rende conto tende comunque a minimizzare gli eventi, che l’atteggiamento polemico nei suoi confronti da parte di Amy, sottolineato anche davanti ai lavoranti, verso i quali lei continua intanto a lanciare segnali e provocazioni, è un pretesto ulteriore perché essi accrescano le occasioni di scherno nei suoi confronti. Neanche il ritrovamento della gatta di casa impiccata dentro l’armadio della loro camera da letto è sufficiente, a detta di Amy, per far comprendere a David che si sta comportando da vigliacco incapace di reagire persino quando viene calpestata la sua intimità.

La sequenza della gatta rappresenta in Cane di Paglia il punto di svolta di quella che è stata sino a quel momento una commedia di costume dai toni tutto sommato leggeri, per virare decisamente verso un thriller dal crescendo inarrestabile. Amy vorrebbe che David fosse più reattivo di fronte a quest’ultimo sopruso e che mostrasse i ‘muscoli’, per così dire, perlomeno verbalmente, mentre lui ribadisce che non è nel suo carattere prendere posizioni assolute. Il peggio comunque arriva quando Charlie e gli altri lavoranti sul tetto della rimessa invitano provocatoriamente David ad una battuta di caccia che nella loro visione rappresenta un momento nel quale affermare la propria mascolinità, il cameratismo e la superiorità sulla natura circostante. Pur non essendo un appassionato di questo sport o rude passatempo che dir si voglia, egli accetta ugualmente l’invito per non mostrarsi pavido davanti a Amy, ma in realtà i suoi accompagnatori hanno ben altre mire. Infatti mentre lui è appostato da solo nella brughiera con il fucile spianato ad attendere il passaggio delle anatre, Charlie torna indietro presentandosi ad Amy e dopo aver cercato di convincerla a fare l’amore con lui, irritato dalla sua resistenza, la violenta. Il suo amico Scott (Ken Hutchinson) l’ha però seguito e reclama anche lui la sua parte, nonostante Charlie tenti inutilmente di dissuaderlo, sodomizzandola a sua volta.

A proposito di questa scena, estremamente brutale e scioccante per l’epoca di realizzazione del film ma ancora oggi decisamente forte, non solo è stata pesantemente censurata, al punto che tuttora è difficile trovarla nelle versioni di quest’opera trasmesse in TV, ma è stata oggetto di infinite polemiche ed interpretazioni per almeno tre ragioni. La prima è dovuta al fatto che è molto esplicita nel rappresentare il doppio stupro; la seconda che il rapporto fra Susan George e Del Henney a tanti è apparso molto di più di una finzione scenica; la terza, quella che ha generato una maggiore contrapposizione etica, è che Amy dopo una iniziale opposizione alle intenzioni di Charlie sembra infine assecondarlo durante l’atto, come se nonostante tutto stesse provando un’intensità di piacere che David non è capace di farle raggiungere, al punto da dubitare che si tratti effettivamente di una violenza, quella che senza alcun dubbio subisce invece nel secondo stupro. Qualcuno infine ha voluto aggiungere che in fondo lei se l’era cercata con il suo insistito comportamento provocatorio. Ma questa è una vecchia diatriba che torna a galla quasi sempre come goffo e meschino tentativo di ricercare un’attenuante in molti casi di violenza carnale.

Questo feroce episodio avviene mentre David finalmente riesce a colpire ed uccidere un’anatra in volo, pentendosi subito dopo essere corso a recuperarla per aver stroncato la vita di un essere innocente. Resosi conto poi che i suoi compagni l’hanno abbandonato, è costretto a tornare a casa a piedi da solo. Amy gli tiene nascosto l’accaduto, ma David anche in questo caso sembra quasi trasparente agli avvenimenti che gli succedono intorno e l’unica decisione che prende, agli occhi della moglie comunque troppo blanda, è quella di licenziare i tre lavoranti. Durante la festa alla quale anch’essi sono stati invitati il giorno seguente dal reverendo del paesello, Amy non resiste davanti allo sguardo beffardo dei suoi violentatori e le tornano continuamente alla memoria i momenti atroci della violenza subita, così chiede a David di riaccompagnarla a casa. Quello che avviene in seguito lunga la strada nella nebbia si riallaccia a quanto raccontato all’inizio.

David è riuscito ad incassare pazientemente molti sberleffi ed offese sin lì, che hanno toccato anche la sua sfera intima, ma non intende tollerare che venga violata anche la sua proprietà e la responsabilità che sente di avere assunto portando a casa sua Henry. Per tali ragioni, nonostante sia solo contro i suoi assalitori, non esita ad ingaggiare una vera e propria battaglia contro di loro sotto gli occhi terrorizzati ed esterrefatti della moglie; un assedio che ricorda da vicino quello dei pellerossa alle case dei coloni bianchi in tanti film western del qual genere, lo stesso Peckinpah, come si diceva in precedenza, è sicuramente un illustre autore. Una lotta cruenta che giunge al punto di non ritorno quando il vecchio Tom, accecato dall’ira, uccide pur senza volerlo deliberatamente, il giudice Scott (T.P. McKenna) che era accorso nel frattempo per sedare la disputa.

Sam Peckinpah non è stato certo uomo da mezze misure ed anche in Cane di Paglia si conferma appieno. Ci sono almeno due dialoghi nei quali egli esprime chiaramente il suo pensiero che è parte del significato di quest’opera ma va anche oltre, in una certa misura. La prima è quando i tre fannulloni interrogano David che hanno appena conosciuto al suo arrivo: ‘Le piacciono queste parti?’… ‘Moltissimo…’ risponde David… ‘Ho sentito che è un brutto momento per l’America. Ha assistito a qualche episodio, scioperi, rivolte, esplosioni, negri che si ribellano? Non si può camminare per le strade a quel che dicono. Ci si è mai trovato in mezzo? Lei per chi parteggia? Ha visto scene di violenza?’… gli chiedono ripetutamente e lui a commentare con una sola battuta: ‘Solo nei film europei!’. Quest’ultima risposta più che dalla bocca di Dustin Hoffman sembra provenire da quella dello stesso regista americano il quale lascia supporre di voler fissare in tal modo la distanza che esisteva allora nel valutare gli eventi e l’evoluzione della società fra USA ed Europa, con quest’ultima che, ribaltando curiosamente la storia, appare gretta ed ignorante a confronto del mite ed istruito matematico americano. Un’ulteriore conferma giunge in seguito nell’ultima sequenza del film quando Henry, in auto con David, esprime per la prima volta un pensiero profondo ed a suo modo assennato: ‘Non conosco la via giusta’, alla quale David aggiunge: ‘Non fa niente, neanch’io…’. Come dire insomma che in un’epoca nella quale non v’è certezza neppure sulla vera natura delle persone ed è la violenza il motore, nel bene e nel male, delle vicende umane, sia fisicamente che psicologicamente, nelle buone come nelle cattive persone, le risposte possono essere tante, ma nessuna è mai del tutto esaustiva.

La seconda affermazione invece è ancora più sorprendente, ma leggendo fra le righe si può cogliere, sempre a proposito di violenza e pragmatismo, una difesa ad oltranza dell’autore verso le scelte, anche quelle più dolorose, che gli americani hanno preso ad esempio riguardo l’atomica. Quando il reverendo del borgo si presenta a casa di David per farne conoscenza ed ottenere pure una generosa offerta per la sua chiesa, il dialogo fra loro scivola, con una sottile ma evidente vena polemica, sui rischi delle radiazioni ed il reverendo sentenzia: ‘Radiazioni, ecco un regaluccio che si poteva evitare. Prima fra tutte l’atomica. Come scienziato lei non può rifiutarne la responsabilità.’ La risposta di David è tagliente: ‘E lei? In nessun altro regno c’è stato tanto spargimento di sangue come in quello di Cristo.’.

Si veda quindi come un film apparentemente semplice nella struttura narrativa, anche rimanendo soltanto al livello più superficiale della storia, è capace di proporre argomenti e punti di vista diversi, comportamentali ed etici, come i personaggi che ne sono protagonisti. In Cane di Paglia la prospettiva ideologica infatti dà adito inevitabilmente a diverse interpretazioni. Ci sarà chi, ad esempio, lo considera una denuncia contro l’intolleranza e la presunzione di uomini tutto d’un pezzo i quali, a causa dei limiti culturali, posti di fronte ad una disputa reagiscono usando solo le parti basse del corpo, la prepotenza ed i muscoli, anzichè il cervello e la ragionevolezza, in contrapposizione a chi invece, tradizionalista e conservatore, ritiene imprescindibili determinati valori, pur brutali ed arretrati che essi siano.

L’atteggiamento di Tom ed i suoi nei riguardi della figlia Janice è chiaramente contradditorio. La sola idea che il povero scemo del villaggio possa aver approfittato della ragazza è insopportabile per loro e difatti la loro risposta, la sua come capofamiglia in primis, è veemente e spietata, toccando da vicino anche il suo orgoglio di padre che non ammette sgarbi, mentre lo stupro di Amy perpetrato da Charlie e Scott viene da loro considerato alla stregua di una bravata della quale andare persino orgogliosi. Analogamente l’intolleranza ed il mancato rispetto verso chi, come David, è meno prestante fisicamente oppure ha diverse origini sociali, alle quali si aggiunge il dispregio della sua proprietà, quando le ragioni altrui lo giustificano può essere diversamente interpretato come un prevenuto arroccamento su arretrate identità ed abitudini, che si rivoltano contro l’ospite americano che sarà anche dotto, ma non è capace però di svolgere alcun lavoro manuale limitandosi solo a scrivere formule incomprensibili alla lavagna. Anche l’incapacità di gestire il necessario autocontrollo sugli istinti sessuali infine, con la conseguente arroganza e viltà che arrivano sino a violentare una donna inerme, nonostante la  sua resistenza, per quanto desiderabile e poco avveduta sia stata nell’esibire il suo corpo in precedenza, può essere visto da opposta visione come la conseguenza meritata di un atteggiamento provocatorio in un ambiente e di fronte a persone facilmente soggette a perdere la testa.

Non è del tutto chiaro da che parte stia Peckinpah rispetto a queste differenti modalità di lettura, ma di certo la sua opera offre numerosi spunti di discussione ed inevitabilmente ha suscitato al tempo, ma può accadere pure ora rivedendola, polemiche a non finire fra le diverse correnti di pensiero ed opinione.

Dustin Hoffman offre in questo caso un’interpretazione memorabile, non solo grazie al ‘fisique du role’ che è perfettamente tagliato sul personaggio di David, ma grazie soprattutto ad una recitazione che sfoggia un largo spettro di note e sfumature. Straordinariamente sensuale è infine Susan George, una meteora che purtroppo in seguito non ha saputo confermare le doti, non solo legate alla fisicità, espresse in questa occasione.

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Sydney 9/10

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Sydney (ha votato 9 questo film) alle 15:12 del 10 ottobre 2011 ha scritto:

Grandissimo enorme film con un Hoffman stratosferico: una delle sue interpretazioni migliori e più memorabili. Finale da INFARTO puro! L'uomo che si ritrova a difendere il proprio ambiente da agenti esterni: uno dei più grandi esempi di violenza fisica e psicologica mai messi su pellicola, a mio avviso.