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7/10

La Sirga regia di William Vega

Drammatico
recensione di Giulia Bramati

Dopo aver assistito all'uccisione della sua famiglia, la giovane Alicia raggiunge la locanda di suo zio, Don Oscar, sperando di ottenere rifugio e protezione.

L'isolamento a cui sono costrette alcune zone della Colombia – tra cui la Cocha - è un argomento pressoché sconosciuto. William Vega si è posto l'obiettivo di rendere nota questa situazione, realizzando una pellicola poetica e metaforica.

I protagonisti de “La Sirga” sono persone sole, che cercano di ricostruire la propria vita utilizzando quei pochi mezzi che la terra gli concede. Sin dalle prime inquadrature, Alicia mostra la sua fragilità: stanca e indebolita, si ritrova a dover percorrere un lungo cammino alla ricerca dell'unico parente che la può salvare, lo zio Oscar. Senza una famiglia e senza un luogo sicuro in cui stare, Alicia è costretta a ricominciare la sua vita in un altro contesto sociale. D'altra parte, anche don Oscar è una persona abbandonata: il figlio se ne è andato da tempo, e il suo lavoro non ha prospettive. Ritrovandosi a vivere sotto lo stesso tetto, zio e nipote iniziano a prendersi cura l'uno dell'altra, ricreando quel nucleo familiare che entrambi avevano perso.

I due iniziano a sistemare la Sirga – questo è infatti il nome della loro abitazione - per trasformarla in una locanda per turisti: il contributo di Alicia si rivela fondamentale per rendere vivibile e graziosa la casa di legno. Durante la conferenza stampa presso la Quinzenne de Realizateurs a Cannes, William Vega ha spiegato che “il personaggio di Alicia è una metafora della terra, del campo, del podere, del Paese, un Paese condannato a non poter cambiare il suo destino”. Ed infatti le speranze di Alicia di poter vivere nella Sirga crollano alla fine del film, quando si rende conto che tutti gli sforzi compiuti da lei ed Oscar sono stati vani, perché nessun turista raggiungerà mai la locanda.

Il punto forte del film è la meravigliosa fotografia, curata da Sofia Oggioni Hatty: le inquadrature, ben bilanciate e originali, tendono a decentrare i personaggi, al fine di esaltare l'ambiente che li circonda; gli elementi naturali e gli oggetti all'interno della casa assumono un'importanza talvolta maggiore rispetto ai protagonisti, emarginati agli angoli delle inquadrature. Anche le luci meritano una particolare lode: i frequenti contrasti chiaroscurali, creati dalle fiamme delle candele all'interno della buia Sirga, assumono un significato metaforico; il calore della candela rappresenta il calore familiare che i personaggi stanno cercando nel buio della propria vita.

La protagonista del film, interpretata da Joghis Seudin Arias, si dimostra molto brava nel trasporre sullo schermo la pacatezza caratteristica del personaggio. “La Sirga” è il risultato di un progetto durato quattro anni, realizzato grazie alla collaborazione con la Televisione Colombiana.

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