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R Recensione

7/10

La Fratellanza regia di Ric Roman Waugh

Drammatico
recensione di Claudia

In seguito a incidente Jacob perde tutto i suoi beni, materiali e morali (quindi lavoro e famiglia), finendo in un penitenziario dove la sua vita cambia ma dove riesce a suo modo a ricostruirsi una sua seconda carriera come temutissimo kingpin del traffico armi. Ormai un'altro uomo, anni luce da quello che era soli 6 anni prima, una volta uscito viene a sapere di un grosso carico trovato per un caso da una recluta fuoriuscita dall'Afghanistan.

Bel film, con due grossi problemi: qualche scena fegatello (cioè che allunga il brodo) di troppo e totalmente inutile visto che il film arriva e anche supera le due ore e un evidente problema di budget. Facendo paragoni, in scene e dialoghi (sequenze corte, affastellamenti, costruzione a flashback, battute taglienti, un solo personaggio primario e tantissimi personaggi secondari o meglio bis-primari di cui abbiamo tantissimi dettagli) ricorda molto e per fortuna il bellissimo Michael Clayton, facendo le dovute differenzazioni e trasmutando l'azione dall'avvocatura di new york ai gruppuscoli dei white supremacist della South California (incredibile tempismo visti i fatti di Charlottesville!), quindi la stoffa e il piacere filmico c'è ed è assicurato, anche per chi è poco interessato ad una storia diremo maschia che a volte casca nel gore senza mai però bearsene. La fratellanza, anche se ha al suo centro il dramma e cambiamento di un uomo (avvenuto in realtà in un lasso di tempo un po' corto e in un età in cui di solito i grossi traumi vengono attutiti meglio) fa si che questo dramma non sia mai figlio di buoni o cattivi, ma semplicemente di "casi": lo stesso Jacob dice alla moglie che lui "merita di stare in galera" e non sembra intenzionato a lottare molto per uscire (meno male, visto il suo avvocato) tutto ciò senza nessunissima reprimanda per la polizia che ovviamente sta solo facendo il suo lavoro. Anche i cattivi veri, e ce ne sono di vari e plurimi, non sembrano venir colpevolizzati particolarmente per le loro truci azioni (al massimo è la loro stupidità a guidarli) e le loro interazioni hanno sempre una ragion d'essere o un modo per essere riabilitata, loro stessi quando chiamati a raccontare il loro passato parlano di "20 anni in galera" con massimo stupore come se non sapessero assolutamente come ci fossero finiti e beandosi ora delle loro belle famiglie e del loro lavoro pulito (più o meno). insomma, la fratellanza non si schiera, nonostante il Jacob, che sembra molto più agio e molto più fascinoso ora come gangster temuto che come uomo d'affari, sia un personaggio macchiavellico (ovviamente ci sono libri del famoso principe ovunque nella sua cella, visto anche il macchinoso piano che mette su) di difficile comprensione e di facile innamoramento. Un dubbio sopra tutti: com'è possibile che per un incidente così blando un uomo incensurato finisca in un carcere di massima sicurezza? Molto interessante il racconto della vita "dal di dentro" delle celle e dei penitenziari americani, lo stesso regista per saperne di più ha passato 6 mesi come volontario in una di esse -dice lui- e le stesse viste nel film sono originali.

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