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7/10

Trishna regia di Michael Winterbottom

Drammatico
recensione di Giulia Bramati

Trishna vive con la famiglia in una piccola cittadina del Rajasthan. Non potendo continuare gli studi per mancanza di denaro, la ragazza lavora come cameriera in un albergo. Una sera durante il suo turno di lavoro incontra Jay, figlio di un ricco inglese, il quale si invaghisce di lei. Ma le diverse provenienze sociali restano impresse nella mente del ragazzo.

L'abolizione delle caste in India fu decretata nel 1950, in seguito al raggiungimento dell'Indipendenza del Paese e alla conseguente introduzione di una nuova Carta Costituzionale; esse però rimangono tutt'oggi radicate e valide nella società indiana. Questo è il motivo per cui Michael Winterbottom ha scelto l'India come location per “Trishna”, adattamento cinematografico del celebre romanzo “Tess dei d'Ubervilles” di Thomas Hardy: il moderno popolo indiano rispecchia per molti aspetti le dinamiche sociali presenti nel mondo pastorale inglese alla fine del XIX secolo.

Trishna, giovane appartenente ad una casta poco elevata, viene convinta dalla famiglia ad accettare un posto come cameriera a Jaipur, città lontana dalla sua, poichè lo stipendio è molto redditizio.

Ad offrire l'opportunità alla ragazza è stato Jay, figlio di un altolocato proprietario alberghiero.

Durante le prime settimane di lavoro, Jay si dimostra molto gentile nei confronti della nuova cameriera; Trishna sembra ricambiare le attenzioni del ricco proprietario, finché una notte i due si ritrovano da soli in una foresta. Winterbottom sceglie di ricalcare le orme di Hardy, non mostrando che cosa succede quella notte, ma limitandosi a narrare gli effetti devastanti per la vita di Trishna. La ragazza fugge dall'albergo, ma una volta giunta a casa si accorge di essere rimasta incinta. La famiglia le permette di abortire, ma la obbliga a lasciare la città per lavorare presso uno zio. Il regista denuncia la terribile situazione di sottomissione che molte donne indiane (e non solo) sono costrette a subire a causa di regole sociali.

Nel film, però, viene mostrata anche la vita di Mumbai, città più vicina alla cultura occidentale, dove le donne frequentano gli stessi locali degli uomini e indossano abiti europei. Trishna, infatti, dopo essere stata allontanata da casa, viene raggiunta da Jay. Con poche parole egli riesce a convincere la ragazza a seguirlo nella città più popolata dell'India, dove possono convivere liberamente. Ma il raggiungimento di una condizione di vita paritaria si rivela di breve durata.

Il film si concentra sull'aspetto psicologico della vicenda: le azioni dei personaggi non sono sempre spiegate esplicitamente, ma devono essere analizzate per poter essere comprese. Ed è questo l'elemento che rende il film incompiuto: le scelte di Trishna presuppongono la conoscenza del romanzo di Hardy e della attuale situazione indiana; per esempio, non è ben chiaro il motivo per cui Trishna fugge da Jay, per poi riconciliarsi tanto facilmente.

Nel finale la reazioni della protagonista sono spiegate meglio: Trishna, diventata ormai una concubina di Jay, si ribella al rapporto di sottomissione.

Il film vanta una buona fotografia, curata dal danese Marcel Zyskind, nonostante sia leggermente stereotipata: spesso sembra essere uno sguardo occidentale sulla realtà indiana; i paesaggi naturali con scimmie sugli alberi, le strade trafficate, le città e i loro particolari palazzi sono inseriti per contestualizzare la storia.

La protagonista Trishna è interpretata dalla bellissima Freida Pinto (“The Millionaire”, “Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni”), mentre per ruolo di Jay, Winterbottom ha scelto Riz Ahmed, con cui aveva già collaborato in “The road to Guantanamo”.

Trishna” è un film che cerca di mostrare la realtà indiana, senza dare giudizi; l'esiguità di informazioni storico-contestuali, però, rende l'opera per certi versi criptica. L'intreccio comunque risulta interessante. Apprezzabile la scelta del regista di trattare una tematica tanto scomoda.

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