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6/10

A Dangerous Method regia di David Cronenberg

Thriller
recensione di Giulia Bramati

Il dottor Jung, seguace di Freud, brevetta la tecnica della seduta psicoanalitica su una giovane paziente. Gli incontri, sempre più fitti, e gli interessi comuni nei confronti delle tecniche freudiane, li portano ad una relazione profonda, che sarà causa di numerose sofferenze.

Il capolavoro annunciato di Cronenberg non si è rivelato tale. Troppe aspettative sono state create per questo film, probabilmente a causa delle ultime ottime performance registiche di Cronenberg, che hanno raggiunto livelli molto alti, e la bravura del cast. Effettivamente questi due elementi non possono ottenere critiche negative; la parte debole del film è la sceneggiatura: il tema scelto - tratto dal testo teatrale "The Talking Cure"di Christopher Hampton e ispirato al libro "A Most Dangerous Method" di John Kerrun – è prettamente letterario. Ridurre il rapporto filiale di Freud e Jung a pettegolezzo non avrebbe avuto senso, gli sceneggiatori hanno così deciso di indagare l'amicizia dei due più famosi medici della "psycho-analysis", accennando ad alcuni studi da loro svolti nel corso degli anni, senza però avere la possibilità di approfondirli nel corso degli 89 minuti di pellicola: nelle prime scene, il dottor Jung accenna all'ideazione della "talking cure", la seduta psicologica, ma non vengono spiegate le modalità della scoperta o lo svolgimento della cura dell'unica paziente che guarisce; il regista si limita a mostrare qualche incontro tra i due, per giungere in tutta fretta alla guarigione della ragazza, Sabina Spielrein.

Il film è dunque il risultato di lunghe conversazioni, di cui non vengono forniti dettagli adatti per capire le vicinanze e le differenze tra Freud e Jung, che vengono molto semplificate; probabilmente il regista ha dovuto tener conto della scarsa conoscenza della tematica tra i fruitori del suo film e si è trovato davanti alla scelta biforcata di approfondire un discorso filosofico o di soddisfare il grande pubblico. Insomma, Cronenberg ha proposto un argomento troppo complicato per essere ridotto in un tempo breve e compreso da un pubblico vasto.

Ci sono tuttavia degli aspetti positivi da riconoscere: in primis i costumi e le scenografie di inizio Novecento realizzati in maniera impeccabile, poi la bravura di Keira Knightley nell'interpretare una donna che somatizza i suoi problemi psicologici, infine alcune argute osservazioni del dottor Freud, interpretato da Viggo Mortensen, il quale ha però poco spazio nel film (per esempio, a proposito del ruolo del medico della psicoanalisi, "qualunque cosa facciate, rinunciate all'idea di curarli"). Nelle vesti del protagonista Jung è Michael Fassbender, che non risulta particolarmente brillante. Nel cast è presente anche Vincent Cassel, che già aveva lavorato con Cronenberg e Viggo Mortensen in "Eastern Promises", e interpreta con abilità il ruolo del dottor Gross.

La vicenda raccontata nel film ruota attorno al "natural istinct": è consentito all'uomo soddisfare i propri istinti naturali suggeriti dalla psiche, anche quando essi non sono accettati dalla società? Il dottor Jung, sposato e con figli, cede al fascino della paziente Sabina Spielrein, nonostante sia una scelta condannata. "Freedom is freedom": è necessario dunque porsi dei limiti? È quanto pensa Freud, ma non quanto pensa il dottor Gross, che cede davanti ad ogni singolo istinto e persuade Jung a fare lo stesso. Apprezzabile è la volontà di approcciarsi ad argomenti filosofici, sebbene non si tratti di una novità: il personaggio di Freud compare in oltre sessanta film, più originale la scelta di porre Jung come protagonista. Un film troppo ambizioso.

V Voti

Voto degli utenti: 6,4/10 in media su 10 voti.

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Marco_Biasio (ha votato 6 questo film) alle 13:25 del 7 settembre 2011 ha scritto:

Come già scritto, uno dei film che avrei voluto andare a vedere al Lido. Finora, di tutti i film cronenberghiani che ho visto (un 80% buono), non ne ho trovato uno solo che mi abbia deluso. Penso che il corso recente, meno incentrato sulle mutazioni corporee esplicite e spostato maggiormente sulla psicologia, sia la naturale evoluzione di un regista che ha sempre avuto moltissimo da dire, e lo ha detto in tanti modi diversi (come non riconoscere, nella poesia di "Spider", un po' dell'elemento erotico di "Shivers"?). Da molte parti mi sono giunte voci riguardo la presunta "atipicità" del film in questione rispetto al ruolino registico di Cronenberg, eppure ricordo che non è il primo dramma simil-teatrale che porta in scena, c'è già stata la rivisitazione della Madama Butterfly una quindicina e più d'anni fa. Lo andrò sicuramente a vedere al cinema. Nel frattempo tengo conto dei tuoi preziosi consigli, Giulia.

Marco_Biasio (ha votato 6 questo film) alle 13:27 del 7 settembre 2011 ha scritto:

P.S. La locandina è proprio bruttina, ma Keira Knightley rimane una brava attrice. Se non si fosse persa nei Pirati dei Caraibi sarebbe oggi ancora più apprezzata. Mi dispiace un po' leggere che Fassbender non è stato un granchè. Ottima infine la scelta di un continuum com Viggo Mortensen, IMHO.

Marco_Biasio (ha votato 6 questo film) alle 13:37 del 13 ottobre 2011 ha scritto:

Per l'aria un po' barocca e l'impianto di derivazione certamente teatrale - già sperimentato, fra l'altro, in "M. Butterfly" - mi ha ricordato alla lontana le atmosfere di "The Prestige", di Nolan. Anche lì c'era un amore ambiguo e condiviso, anche lì l'ingresso di una giovane e bellissima donna (Scarlett Johansson) a sparigliare le carte. Qui ci sono almeno quindici minuti, i primi, che meritano l'intera visione: eccezionale Keira e la sua mimica esasperata da psicosomatica in internamento. Splendido scenograficamente e concettualmente, IMHO, anche il botta e risposta che hanno Jung e Freud sul transatlantico che li poterà a New York. Il resto l'ho trovato buono, ma un po' troppo "didascalico" e lontano, se così si può dire, dal tema carnale sempre centrale nella poetica del maestro Cronenberg. Un po' meno dialoghi e un po' più di attenzione estetica all'elemento sessuale (il risvolto sadomaso, l'insaziabilità del dottor Gross - gran Vincent Cassel peraltro -) avrebbero alleggerito la portata del film, che invece si ritrova a condividere uno scenario pomposo e barocco che toglie forza all'intera storia. Ho trovato leggermente sottotono anche Mortensen che, peraltro, nelle vesti di Freud non sembra avere una parte così fondamentale all'interno del plot. Senza dubbio il film più debole di Cronenberg, fino ad adesso... 6,5.

dalvans (ha votato 6 questo film) alle 12:02 del 21 ottobre 2011 ha scritto:

Sufficiente

Nulla di più

Peasyfloyd (ha votato 6 questo film) alle 11:28 del 10 novembre 2011 ha scritto:

molto formalistico ma la sostanza è poca. Insomma sostanzialmente d'accordo con Giulia che ne dà un'ottima analisi.

Aggiungerei che è un film che si fonda di fatto su una variante anomala del triangolo amoroso (lui, lei, l'altro), in cui però alla relazione amorosa se ne affiancano due (jung-freud e freud-donna) che sono l'una di tipo amicale-professionale, l'altra solo professionale.

Inoltre l'opera (ma qui il discorso vale più in generale per la teoria di Freud) risulta utile per identificare il conflitto tra razionalità e istinto tipico della borghesia del periodo. I pazienti di Freud erano tutti borghesi, ed è normale che si riscontrasse quasi sempre qualche nevrosi di tipo sessuale, dal momento che il modo di vivere la relazione sentimentale (esempio la famiglia di Jung) è clamorosamente asettico e freddo. Cronenberg si diverte insomma a sbeffeggiare i valori classici della borghesia puritana, mettendone in rilievo le contraddizioni e i desideri nascosti, presenti perfino nei suoi personaggi più di spicco. (mentre invece non mi sembra un caso che il vero trionfatore simbolico del film sia il libertario dottor Gross)

Paul Ghetti (ha votato 6 questo film) alle 13:54 del 10 aprile 2015 ha scritto:

Appena sufficiente anche per me. Keira Knightley attrice sopravvalutatissima, a mia modestissima opinione. Ottima disamina.